War Of Freedom Dell'artista Pop STASI

War Of Freedom Dell'artista Pop STASI

Fino al 20 marzo la personale War of Freedom del poliedrico artista romano STASI a Via del Pozzetto

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Allo SpazioArte SU Gallery di Via del Pozzetto 118 a Roma, fino al 20 marzo prossimo,  WAR OF FREEDOM,  la prima personale di questo 2021 del poliedrico artista romano STASI, artista pop, concettuale per autodefinizione.

L’amore per il restauro, per la pittura, per il cinema e la scenografia hanno dato vita ad una poliedrica ispirazione, un mix insolito di tecniche e know-how di mondi paralleli e nello stesso tempo integrati, che Stasi collega in maniera innovativa e segnata da una continua ricerca creando una miscela artistica particolare e potente. Con questi input nasce la nuova mostra War of Freedom di Stasi, un grido nel silenzio di questo momento per una libera visione della new pop art.

Entrando nella galleria vengo rapita dall’immagine di Kurt Russel indimenticabile in “1997 Fuga da New York” e poi un susseguirsi di simboli e di personaggi iconici del nostro tempo, dalla statua della libertà a Marilyn Monroe, da Chaplin a Nelson Mandela, passando per dollari, coca cola e Donald Trump.

Ho voluto fare qualche domanda a Stasi, sulle sue opere, sul suo stile, indubbiamente di grande impatto visivo.

Stasi, ci parli del suo personalissimo stile

Cerco in qualche maniera di dare una visione chiara e una definizione alle mie opere, che realizzo toccando argomenti di attualità, di politica e di capitalismo, senza risparmiarmi. Io consiglio in maniera molto ludica e divertente agli altri artisti del circuito romano, di “osare” e di essere più trasparenti possibili con la loro arte. Bisogna avere una grande apertura mentale, che, ahimè, spesso non paga, perché la sincerità non è un luogo comune, ma rappresenta uno spaccato della nostra società.

Quali sono le tecniche che utilizza?

Questa mostra è limitata a soli quindici opere, nel rispetto dei DPCM in vigore, per non creare assembramenti di nessun genere: la tecnica utilizzata è quella del cretto, che ha reso grande il nostro maestro Alberto Burri. Cretto o craquelè, fenditure, spaccatura della materia. C’è questo studio approfondito della materia, quasi un “corpo a corpo” con la materia, dovuto a tanti fattori. Anche il luogo dove lavoro, che tutti pensano essere in “pittoresco disordine” è un luogo molto rigoroso, quasi come se fosse una sala operatoria, perché ho un profondo rispetto del pubblico.

Io lavoro per il pubblico, senza pubblico non si lavora, io darei la mia vita per il pubblico, ci si sposa una volta sola nella vita, ed io ho deciso di sposare l’arte!

In tutta la sua produzione artistica, quanto hanno influito le tue pregresse esperienze: dal restauro, al cinema, alla scenografia?

Ho iniziato a 6 anni a guardare i lavori che realizzava mio padre, perché l’arte del restauro, è un’arte nobile, si lavora con dei legni particolari, per esempio lucidare la “piuma di mogano” a mano, non consente nessun tipo di errore, ero obbligato ad essere fermo, immobile, in piedi, e osservavo. In un certo senso non conosco l’infanzia, e questo per me è un valore aggiunto, perché mi rimarrà sempre quell’animo da bambino, un animo fatto di estro e di creatività, che ho imparato ad interpretare nel corso degli anni e che sto utilizzando per questo mio percorso artistico.

Poi le cose sono venute da sole, gli incontri, per pura casualità, perché le cose belle non devono essere mai forzate, devono nascere così, come la musica. L’arte ha una stretta correlazione con la musica, strettissima, e di questo sono convintissimo. Certamente la precisione nel dettaglio è derivata da tanti fattori, da quello che ho imparato lavorando con le vecchie maestranze del cinema, quelle di Sergio Leone. Ho avuto il piacere di lavorare con il grande Pasquale Squitieri che aveva una precisione maniacale sul set, vedeva un pezzetto di carta anche a 300 metri dal set e si doveva togliere, assolutamente! Una precisione per il dettaglio estrema, essenziale quando si lavora per il pubblico.

Stasi artista come ha vissuto questo periodo di lockdown?

E’ un anno che siamo fermi, non vorrei essere frainteso, per carità, per me uno dei momenti più belli della mia vita creativa, è stata questa pandemia. Perché da solo è una vera e propria “ressa” è pieno di gente… perché senti tutto, senti i tuoi te stesso, questa clausura, questa autentica clausura, è servita a creare un mix insolito di tecniche pittoriche, del quale oggi posso dire di essere soddisfatto.

Artista romano, classe 1976, Stasi all’età di 20 anni apre il suo primo laboratorio di restauro nel quartiere storico di San Lorenzo, a Roma, che rimarrà in essere fino al 2013.

Nel 2002, per una serie di circostanze fortuite entra in contatto con il mondo del cinema, e conoscerà l’attore greco Greco Yorgo Voyagis e l’attrice Diana Curtis.

Realizzerà poi le scenografie della prima unità nel film Gangs Of New York diretto da Martin Scorsese, assieme a scenografi provenienti dalla scuola di Eugenio Bava e del film Ocean’s Twelve diretto da Steven Soderberg.

Nel 2010 realizza da solo la scenografia teatrale di “10 partite” di Giuseppe Manfridi, noto drammaturgo italiano.

Negli ultimi anni Stasi ha iniziato a creare le sue opere usando tutta la conoscenza della materia e dei pigmenti ma nel contempo sperimentando in continuazione e lasciando che le esperienze dei vari mondi vissuti intensamente, possano liberamente confluire e fondersi sui suoi telai.

La mostra sarà visitabile, ad ingresso contingentato, nel pieno rispetto del Dpcm in vigore, dal martedì al sabato, dalle ore 14.00 alle 18.00 o su appuntamento.

Articolo di Stefania Vaghi

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