Una bi-personale che parla di Giappone, del paese del Sol Levante, quella che vede protagoniste Yuriko Damiani e Giusy Lauriola, allo spazio di Piazza degli Zingari a Monti, dal titolo fortemente evocativo "AMABIE アマビエ| La magica profezia dello Yokai", a cura di Manuela De Leonardis.
Entrambe artiste consolidate del panorama romano e nazionale, con due stili diametralmente opposti, dalla lavorazione lieve ed eterea su porcellana della Damiani alla tecnica pittorica materica, stratificata di resine e bitume della Lauriola, il percorso espositivo racconta la storia di un’antica leggenda giapponese, che narra dell’avvistamento da parte di un ufficiale di Amabie, uno spirito Yokai, a metà maggio 1846.
Per quasi tutte le notti fu avvistato in mare un oggetto luccicante. L’ufficiale della città chiamato ad investigare confermò di aver visto quella strana creatura, affidandone la testimonianza ad un disegno: Amabie ha lunghi capelli, la bocca come un becco di un uccello e un corpo da sirena con tre code coperto di scaglie dal collo in giù.
Amabie fece una premonizione: sei anni di raccolto abbondante seguito da un periodo di pandemia, aggiungendo che chiunque avesse visto il suo ritratto si sarebbe salvato.
Le due artiste con il loro personalissimo stile hanno voluto rendere omaggio a questa leggenda, che sembra di assoluto buon auspicio in questo momento di ripartenza.
Le creazioni in porcellana di Yuriko Damiani, in prevalenza i suoi celebri vasi, ma anche un favoloso piatto, che rappresenta il termine del percorso espositivo, dialogano in maniera assoluta con le opere pittoriche di grande formato e nei più piccoli multipli esposti da Giusy Lauriola, che ha voluto riprodurre le mille sfaccettature del mare, da quello impreziosito da bagliori dorati dell’apparizione di Amabie a quelli che sfumano in tonalità più cupe ed intense, al momento della sua sparizione.
Un gioco di bianco, nero, oro e immancabile rosso nelle creazioni di Yuriko Damiani che riflettono gli azzurri, i celesti, i blu, i sabbiati e l’oro delle resine e bitume di Giusy Lauriola, in un allestimento estremamente pulito e lineare che regala una visione totale di tutte le opere, in totale immersione.
Abbiamo voluto chiedere alle due artiste, alcune informazioni aggiuntive, di questa loro prima bi-personale.
Inizio con Giusy Lauriola, come nasce l’idea di questa mostra?
Io e Yuriko Damiani ci conoscevamo già, avevamo già esposto in una nota Galleria del quartiere Coppedè e poi anche ad Arte Padova, ed è li che si è consolidata la nostra amicizia. Ci siamo trovate insieme, seppur diverse nello stile, abbiamo trovato qualcosa che ci accomuna, non spiegabile razionalmente, qualcosa di emotivo, è una vera e propria affinità elettiva. Lei rappresenta con la sua arte sulla porcellana, io rappresento con i miei materiali l’emozione, siamo diverse, ma simili, nell’esporre nella nostra arte il fattore emozionale.
Ci siamo immerse in questo mondo magico, creato dall’uomo, e lo abbiamo visto come un buon auspicio, questa splendida favola di Amabie.
Io ho voluto lavorare sul mare, dal bagliore creato dall’apparizione di Amabie, ho voluto ricreare con le mie stratificazioni la sensazione magica del prima e dopo l’apparizione. Perché il mare nasconde e offre, nello stesso momento.
Che sensazione ti provoca il mare?
Di profonda calma, come un abbraccio, non ho mai avuto paura del mare.
La tua creatività ha risentito del periodo di lockdown?
Non si è mai fermata, mai…
Passiamo ora a Yuriko Damiani, come dialogano le tue opere con quelle di Giusy Lauriola?
Dialogano in modo apparentemente strano, perché siamo completamente differenti, una differenza che ci ha attratto da subito, da quando ci siamo conosciute. Sono sorprendentemente perfette le une accanto alle altre, forse è proprio questa diversità che crea una grande armonia.
La mostra ha un vero e proprio percorso, vuole essere di buon auspicio per la ripartenza dell’arte e della cultura?
Sicuramente si, anche se io non mi sono mai fermata. Credo nell’arte e nel suo valore terapeutico, ed è l’unica cosa che ci ha dato un momento di respiro e di grande evasione durante la pandemia. Una positività in questa situazione è stata che l’arte ha avuto dei grandi spazi anche sul web, un’occasione di visibilità e di diffusione differente, rispetto ai canali tradizionali.
La tua opera più iconica in questa mostra?
E’ il piatto che conclude la mostra. Un pezzo che ha avuto una lavorazione lunga, che ho “messo da parte” per settimane intere, prima di terminarlo. Rappresenta la fine della leggenda, il momento in cui Amabie sparisce risucchiata nel vortice degli abissi marini, ecco perché la predominanza dei colori nero e oro, senza dimenticare un tocco di rosso.
In cosa si differenziano le tue opere dalle precedenti produzioni?
Non saprei, ognuna è un percorso, che io seguo spontaneamente. Mi sono resa conto che non sono alla ricerca di qualcosa, quello che io conosco, vedo e scopro man mano che passano i giorni lo faccio mio, lo metabolizzo e lo trasformo nella mia arte. Vengo guidata dalla passione, dal sentimento, questa volta dal fascino della leggenda, che ho scelto io (ride!).
Ho visto che avete dei Patrocini eccellenti
Abbiamo il Patrocinio dell’Istituto Giapponese di Cultura di Roma e la collaborazione con la Fondazione Italia Giappone, che mi sostengono da sempre.
All’opening erano presenti l’Ambasciatore Giapponese in Italia Hiroshi Oe e la signora Midori, e l’Ambasciatore Masuo Nishibayashi, Direttore dell’Istituto Giapponese di Cultura in Roma.
La mostra sarà visitabile, con ingresso contingentato, fino al prossimo 26 maggio.
Articolo di Stefania Vaghi
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