Un vero e proprio ciclone mediatico si è abbattuto sull’imprenditrice Elisabetta Franchi dopo il suo intervento al convegno milanese organizzato da PwC Italia e Il Foglio "Donne e moda: il barometro 2022".
La stilista, nonché titolare dell’omonimo ultracelebre fashion brand, era stata chiamata a partecipare alla seconda edizione dell’Osservatorio donne e moda per portare la sua testimonianza e per rispondere ad alcuni semplici quesiti: Quante donne lavorano nella moda in Italia? In che ruoli? E come è distribuita la presenza femminile lungo tutta la filiera? Il tutto grazie allo studio dei dati delle principali associazioni di settore: Camera nazionale della moda italiana (Cnmi), Confindustria moda, e in particolare di Sistema moda Italia (Smi) e dell’Unione nazionale industria conciaria (Unic) e Cna Federmoda.
Peccato che l’imprenditrice bolognese, a capo di un vero e proprio impero del fashion abbia avuto un’uscita assolutamente “poco felice” nei confronti delle lavoratrici donne, di cui cito testualmente uno spezzone: "Io oggi le donne le ho messe perché sono 'anta', questo va detto: comunque ancora ragazze, ma cresciute. Se dovevano sposarsi lo hanno già fatto, se dovevano avere figli, li hanno già fatti, se dovevano separarsi, hanno fatto anche quello… per cui io le prendo che hanno fatto tutti e quattro i giri di boa. Sono lì belle tranquille che lavorano con me affianco h24, questo è importante. Cosa che invece gli uomini non hanno. Io sono una donna emiliana ed emancipata ma credo che noi donne abbiamo un dovere, che è quello nel nostro dna, che non dobbiamo neanche rinnegarlo: i figli li facciamo noi, incinto ancora… no, e comunque il camino in casa lo accendiamo noi. È una grande responsabilità".
Una dichiarazione dalle tinte forti, classista, sessista, condita da una serie di stereotipi banali e inutili, che annienta anni di lotte per l’emancipazione femminile, per la parità sociale e salariale nel lavoro, per l’abbattimento delle disuguaglianze che ci pone davanti ad in inquietante interrogativo: cara Elisabetta Franchi, lei che è del 1968 come me, da che parte sta? Lei che è moglie e madre ed imprenditrice è ancora per il patriarcato? Perché così ci è sembrato…
Una dichiarazione infelice – chissà se farina del suo sacco o pilotata dai responsabili della sua comunicazione – che ha scatenato, da una parte, le ire di molti (l’Associazione Imprenditrici Donne e Dirigenti d’Azienda e Alessandro Gassman primi fra tutti) ma, dall’altra, anche il plauso di molte (Sonia Brugarelli, Daniela Santanchè solo per citarne alcune).
Il nostro paese purtroppo è ancora molto indietro, ancorato ai pregiudizi, e non sono certo queste esternazioni mediatiche che danno una mano a quelle giovani ma anche a quelle donne “anta” che magari non hanno ancora fatto “nessun giro di boa” (come se le scelte di vita di una donna siano alla stregua delle tappe dell’America’s Cup) che sono costrette a scegliere sempre tristemente tra famiglia e lavoro.
Chi è che in Italia, e non solo, assume una donna incinta? Ci risponda lei Elisabetta Franchi. Quante sono le donne che vengono licenziate perché rimaste incinte o alle quali non viene rinnovato un contratto perché considerate poco produttive e problematiche?
Quanti colloqui di lavoro avete fatto dove la prima cosa che ci viene chiesta è: sposata, figli? Come se le nostre competenze professionali siano un nulla rispetto alla nostra condizione di donne in età da marito e da figli.
Elisabetta Franchi ha parlato poi di strumentalizzazione delle sue parole, tentando di metterci la cosiddetta “pezza a colori”, postando ovunque una sua lettera completa di grafici che rappresentano la composizione della sua azienda: "L’80% della mia azienda sono quote rosa di cui: il 75% giovani donne impiegate, il 5% dirigenti e manager donne. Il restante 20% sono uomini di cui il 5% manager. C’è stato un grande fraintendimento per quello che sta girando sul web, strumentalizzando le parole dette. La mia azienda oggi è una realtà quasi completamente al femminile.”
Siamo tutti e tutte contente per lei cara Elisabetta Franchi, forse sarebbe bastato un piccolo e semplice passo indietro, rispetto alla dichiarazione incriminata. Bastava ammettere di aver sbagliato, di aver fatto un errore di comunicazione grossolano, quasi imbarazzante, a cui si poteva porre rimedio a stretto giro.
Cara Elisabetta Franchi lei ci ha dato una testimonianza e una fotografia della nostra Bella Italia, non solo imprenditoriale, retrograda e sessista che ha ancora una strada infinita da fare prima di poter parlare di uguaglianza, anche e, soprattutto, quando il timone è nelle mani di una donna!
Articolo di Stefania Vaghi
© Riproduzione riservata