La diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma, inizia in una giornata autunnale, funestata dalla pioggia, con il film drammatico di Francesca Archibugi Il Colibrì, tratto dal romanzo di Sandro Veronesi, edito dalla Nave di Teseo, vincitore del Premio Strega 2020. ll film è prodotto da Fandango con Rai Cinema, la sceneggiatura è firmata da Francesca Archibugi, Laura Paolucci e Francesco Piccolo.
Il film è sostanzialmente il racconto della vita di Marco Carrera il protagonista, interpretato da un Pierfrancesco Favino, che, come d’abitudine, non delude le aspettative.
Un cast di tutto rispetto che vede protagonisti, tra gli altri, oltre a Favino, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante, Sergio Albelli, Benedetta Porcaroli, Massimo Ceccherini, Nanni Moretti e tanti altri ancora.
La trama sono i raccordi dell’uomo dagli anni ’70 in poi in un flashback continuo negli anni.
Sostanzialmente la saga di una famiglia e del protagonista, diviso tra Bolgheri in Toscana, Roma e Parigi. Una storia d’amore lunga 40 anni che plana lieve sul film, regalando una vena di romanticismo in una storia di vita vissuta a tinte forti, estremamente triste, che segna in maniera indelebile la vita di tutti i singoli protagonisti.
Un inizio shock, con la famiglia Carrera che viene funestata dalla morte della figlia Irene a soli 24 anni che, sotto l’effetto di psicofarmaci, si lascia morire nelle acque antistanti l’abitazione di famiglia.
Da li parte il film, commovente, in alcuni punti straziante, che ci racconta una realtà fatta di cose dette e non dette, di abbandoni e di ricongiunzioni, fino all’epilogo finale che non spoileriamo, perché il film va sicuramente visto sul grande schermo.
Pierfrancesco Favino è Marco che giovanissimo conosce una sua coetanea e vicina di casa, Luisa Lattes (Bérénice Bejo) di cui si innamora perdutamente a prima vista. Un amore “non consumato”, che durerà 40 anni. La sua compagna di vita sarà, infatti, un'altra donna, Marina (Kasia Smutniak), con cui dopo il matrimonio andrà a vivere nella Capitale e dalla quale avrà una figlia, Adele (Benedetta Porcaroli).
Essenziale la figura di Daniele Carradori (Nanni Moretti), lo psicoanalista della moglie di Favino, una perfetta l’interpretazione della Smutniak nella parte di Marina, personalità borderline, e di Laura Morante e Sergio Albelli, i genitori del protagonista.
Straordinario Nanni Moretti nella parte di uno psicanalista fuori dall’ordinario, che lascerà tutti stupidi nel suo excursus professionale durante tutto il film.
Un film corale, molto ben costruito e congeniato, un classico di Francesca Archibugi, oserei dire, che apre la diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma e che nel finale è proiettato nel 2030, come la stessa Archibugi ha ammesso, in un momento nel quale tutti, speriamo, ci sentiremo più liberi, ma non posso aggiungere altro!
Stefania Vaghi
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