Visti Per Voi Alla Festa Del Cinema Di Roma 2022

Visti Per Voi Alla Festa Del Cinema Di Roma 2022

I film visti dalla redazione durante la diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma 2022

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La diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma si è svolta dal 13 al 23 ottobre scorso, un’edizione che non mi ha entusiasmato in maniera particolare e dove, a mio parere, alcuni dei contenuti migliori sono stati proposti da “Alice nella Città", con il suo cinema giovane ed indipendente.

Ho iniziato con “Il Colibrì” il nuovo film di Francesca Archibugi, di cui abbiamo già parlato diffusamente in un articolo dedicato (vedi articolo

Sono passata poi al docu-film di James Ivory “A cooler climate”, con delle immagini di repertorio di Kabul, direttamente dal 1960. Un film che per ammissione dello stesso regista era rimasto in stand-by per una vita. Il regista americano, classe sconfinata, alla reverenda età di 94 anni ci stupisce ancora con un film-documentario che è una narrazione anche delle pagine dell’autobiografia di Babur, il discendente di Tamerlano che nel 500 fondò la dinastia Moghul e dominò India e Afghanistan. E poi, a New York, nel 1961, ecco Ismail Merchant, compagno, produttore e socio di una vita, che gli fa leggere The Householder di Ruth Prawer Jhabvala, che diventerà il primo film della Merchant/Ivory.

Abbiamo seguito anche la masterclass dello straordinario Ivory, premio oscar nel 2018 per la sceneggiatura non originale del film “Chiamami con il tuo nome”, dell’italianissimo Luca Guadagnino.

Il secondo giorno inizia con la visione delle prime due puntate di Romulus II, secondo capitolo della serie Sky Original firmata da Matteo Rovere, che non delude le aspettative, in linea con quello che è stato il successo della prima serie. Nuove città, nuovi popoli, nuovi re, con ancora più azione, più stunt, più sorprese: prima del mito, oltre la leggenda, la nascita di Roma come non è mai stata raccontata in otto nuovi episodi.

Proseguo con la visione de “La cura”, film che non mi entusiasma in maniera particolare, forse e, soprattutto, perché ci ripropone uno dei periodi più bui della storia mondiale del 2020, l’inizio della pandemia e il relativo lockdown nella città di Napoli, ma ci aspettavamo qualcosa di più, nella rilettura contemporanea di Francesco Patierno di La peste di Albert Camus!

Il terzo giorno una botta di romanità verace con “Il Principe di Roma” di Edoardo Falcone, con un Marco Giallini sempre assolutamente “sul pezzo” che ci riporta nel 1829, Edoardo Falcone ha dichiarato di amare molto il cinema di Luigi Magni, ma il vero, impensabile punto di partenza del film che ha scritto con Mario Martani e Paolo Costella, è il Canto di Natale di Charles Dickens.

Ma il fiore all’occhiello della terza giornata è sicuramente la masterclass con Russell Crowe, e l’anteprima mondiale del suo film “Poker Face” di cui abbiamo parlato in un articolo dedicato (vedi articolo)

La quarta giornata inizia a tutto western con le prime due puntate della serie televisiva Sky Original “Django” di Francesca Comencini, che convince e ci entusiasma e che non vediamo l’ora di vedere completa. Lo storytelling è presto detto: New Babylon, la città costruita su un cratere e aperta a tutti gli emarginati, i reietti, i dannati della società, in Texas, verso il 1870. È qui che arriva Django, in cerca degli uomini che hanno sterminato la sua famiglia; e proprio qui scopre che sua figlia, ormai adulta, è ancora viva. Da vedere per gli amanti del genere western.

Il mio quinto giorno inizia con “War – La guerra desiderata” un film che gioca sui paradossi e che è stato girato nel 2019, quasi a voler presagire la guerra in atto. A causa di una rissa tra ragazzi sfociata in violenza, l’Italia è in guerra contro Spagna e Francia. A Roma, le vite dell’allevatore di vongole Edoardo Leo, della psicologa Miriam Leone, di suo fratello aviatore che ogni anno a Natale rivede Top Gun, del pacato barista Giuseppe Battiston, e di Stefano Fresi, Carlotta Natoli e gli altri, dagli affanni, i disagi e le gioie normali scivolano a poco a poco nella paranoia bellica. Grande attenzione ai personaggi di Gianni Zanasi, ma il film non ci ha particolarmente entusiasmati, nonostante il cast.

Continuo poi con “Il ritorno” ad Alice nella Città, la prima prova da attrice protagonista della cantante Emma Marrone, alla quale abbiamo dedicato un articolo ad hoc (vedi articolo).

Il mio sesto giorno di Festa, inizia con una delle pellicole più attese “L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido, con Riccardo Scamarcio, lo stesso Placido, Louis Garrel, Isabelle Huppert, Micaela Ramazzotti, Tedua, Vinicio Marchioni.

Placido ci presenta un Caravaggio libertino, sboccato, irriverente, una via di mezzo tra una rockstar e un genio maledetto, assolutamente convincente. Un Caravaggio che cita i versi sacri a memoria, che nasconde una grande umanità. Grande Garrell nella parte dell’Ombra che spia il pittore per conto di Paolo V. Applauso alle ricostruzioni scenografiche, alla luce nella fotografia e ai costumi.

Passo poi ad uno dei film più attesi l’anteprima mondiale del film di Steven Spielberg per Alice nella Città “The Fabelmans”.

Il film racconta la storia del sedicenne Sammy Fabelman che, cresciuto nell'Arizona del secondo dopoguerra, scopre la magia e il potere salvifico del cinema.

Il ruolo del giovane aspirante regista Sammy Fabelman è interpretato da Gabriel LaBelle (The Predator, American Gigolo la serie); la madre Mitzi è Michelle Williams (4 volte candidata all’Oscar), il padre Burt è Paul Dano e Seth Rogen interpreta Bennie Loewy, migliore amico di Burt e “zio onorario” dei figli, mentre il candidato all'Oscar Judd Hirsch è Boris, zio della madre. Assolutamente da vedere!

Amsterdam è il film che apre la mia ottava giornata di Festa del Cinema, film molto atteso che, a mio avviso, non ha tradito le aspettative. Un film da vedere, lungo oltre due ore, con un cast stellare Christian Bale, Margot Robbie, Robert De Niro, John David Washington, Andrea Riseborough, Anya TaylorJoy, Chris Rock, Matthias Schoenaerts, Michael Shannon, Mike Myers, Taylor Swift, Zoe Saldana, Rami Malek. Ambientato nel 1933, Tre amici, un medico, un’infermiera e un avvocato, sono testimoni di una morte, che da accidentale si rivela un omicidio. E i tre, da testimoni, si trasformano in sospettati. Christian Bale, Margot Robbie e John David Washington s’immergono nell’atmosfera noir degli anni '30 costruita dall’eclettico direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (collaboratore di Alfonso Cuarón, Terrence Malick, Tim Burton) e dalla regia (e sceneggiatura) di David O. Russell, gran tessitore di trame che s’intrecciano e si ribaltano e di apparenze che ingannano. Sullo sfondo, un vergognoso complotto della storia. Sullo schermo, un cast angloamericano eccezionale.

Continuo poi con il docu-film di Alex Infascelli “Kill Me If You Can”. E’ la storia vera di Raffaelle Minichiello, emigrato bambino dall’Irpinia dopo il terremoto del 1962, cittadino americano, un marine diciannovenne pluridecorato in Vietnam che il 31 ottobre del 1969, dirotta un jet della TWA in partenza da Los Angeles per San Francisco. Vuole andare al Cairo, in Egitto. Si accontenta di Roma, Italia. Infascelli racconta la storia della sua vita tra Stati Uniti e Roma, che mette in luce un personaggio sereno, sorridente, quasi surreale, inquadrato dall’autore anche attraverso le testimonianze di membri dell’equipaggio e di passeggeri del volo e materiali di repertorio.

Sabato inizio con la commedia Era Ora di Alessandro Aronadio con Edoardo Leo e Barbara Ronchi, che è un vero e proprio focus sul tempo, quello del protagonista che si trova catapultato in avanti nel tempo senza saperne il motivo. Un po' alla Ricomincio da capo, Dante, il protagonista, ha troppi impegni, è sempre in ritardo, ha l’impressione che la vita gli sfugga dalle mani.

Ma è solo il protagonista a sapere cosa è successo nel frattempo con delle situazioni tra il paradossale e il comico che fanno molto riflettere e che pongono l’accento proprio sulla gestione del tempo, con un fondo anche di malinconia, che quasi strappa la lacrima, da vedere.

Continuo poi con BROS, di Nicholas Stoller, un inno all’inclusività e alla comunità LGBT+, una romantic gay comedy prodotta da Universal. Bobby Leiber, conduttore di un podcast gay, è stato incaricato di aprire il primo museo newyorkese sulla storia LGBTQ+. È omosessuale, occhialuto, single, non crede alle lunghe relazioni, finché non si innamora di Aaron, un aitante giovanotto incontrato in un club. Satira, battute irriverenti, per un film che convince e strappa risate a scena aperta e uno scrosciante ed interminabile applauso finale.

Il finale della mia Festa del Cinema, è il caso di dirlo è a tutto gas, con Lamborghini The man behind the Legend sempre per Alice nella Città, di cui abbiamo parlato nell’articolo dedicato (vedi articolo)

Stefania Vaghi

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