Fino al prossimo 5 marzo lo spazio espositivo non convenzionale “Casa Vuota” al Quadraro, ospita la prima personale romana dell’artista Pasquale Gadaleta “Il Sogno del Cinghiale”, curata da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo.
I dipinti e le sculture dell’artista si inseriscono nello spazio espositivo domestico componendo una grande installazione, che si impernia sulla ricostruzione di una camera da letto, in cui è sistemato il cinghiale, come se fosse una figura umana. La stanza è arricchita da oggetti vari, raccolti dall’artista: un letto, una seggiola, un mobilio sbilenco, piccole statuine che riproducono scene di gusto boccaccesco vissute dall’ungulato.
Un amore quello per i cinghiali che inizia nel 2018 quello di Gadaleta che a Casa Vuota porta dipinti e sculture dove i cinghiali dormono o scorrazzano nella luce crepuscolare oppure avanzano fieri, da soli e in gruppo in scenari di una natura ancestrale che evoca alla mente certe pitture di un mondo preromano.
Abbiamo voluto fare qualche domanda proprio a Pasquale Gadaleta per meglio capire ed interpretare questa sua personale.
Cinghiali che mai come in questo momento, soprattutto nella Capitale vanno per la maggiore. Come nasce l’idea di questa mostra?
Nasce perché in realtà cinque anni fa ho cominciato a lavorare su questa figura ancestrale del cinghiale. In primis perché mi sono innamorato esteticamente di questa forma che è una macchina da guerra, che ha un muso a forma di incudine, queste zampette snelle. Lo vedevo saltare anche nelle Murge un metro e mezzo, per cui non parliamo del maiale che sta li fermo e non si muove, per non parlare della magnifica cresta! Poi ho cominciato a scoprire che è sempre stato raffigurato nelle pitture rupestri, Ercole e il cinghiale, nei vasi della Magra Grecia, una zona da cui io provengo d’origine.
Forse il cinghiale è proprio una figura mitologica quindi ho detto iniziamo a lavorarci su, l’ho visto più di una volta, da li è nato un amore vero, visto da molti come “la brutta bestia”.
Vederli in città, come succede a Roma, mi farebbe stare male, nel loro habitat sono bellissimi, hanno paura degli essere umani.
Nasci come scultore e pittore, ma soprattutto scultore che ha già vinto qualche premio interessante, giusto?
Ho studiato scultura all’Accademia di Brera, è il mio amore, la forma del cinghiale mi ha attratto e ho cominciato così, con il cartone, come fanno i cinghiali andando a cercare materiali di riuso nei bidoni, incollando. Qui vedi una serie di lavori che spaziano dalla pittura alla scultura, accompagnati da altri animali, volpi, topi e polpi.
In questa ultima stanza di Casa Vuota troneggiano gli insetti più disparati, proprio come quando una stanza o un’abitazione non viene vissuta da tanto tempo, perché?
Mi piace pensare che questa stanza non sia stata aperta per tanto tempo, che, essendo una casa vuota dagli anni ’60, queste falene, queste cicale, s’impossessano di queste pareti. Dalla zanzara, alla mosca, al grillo, alla cavalletta. Sono realizzati tutti con materiale di risulta dal cartone a fili di ferro, pezzetti di vetro, plexiglass, assemblati con la colla a caldo.
La tua mostra ha un focus sugli animali, questa passione come nasce?
Anzitutto li vedi questi animali, vedendo la cicala che ti entra in studio, la zummi è pensi che è una macchina perfetto. Dobbiamo imparare ad osservare tutti questi insetti, ingrandirli e capire la loro meccanica impressionante, come la libellula, che sembra un elicottero, i loro suoni, ho solo realizzando, amplificando le loro forme, un po' come faceva Pascal, come hanno fatto sempre gli artisti. E’ molto semplice, non c’è un vero pensiero concettuale.
Il tutto è stato pensato in maniera site-specific per Casa Vuota?
Questa stanza con gli insetti assolutamente si, con questa carta da parati usata, gli insetti rappresentano i nuovi padroni di questa Casa Vuota.
Prossimi progetti nel 2023?
Mi piacerebbe zumare i sottoboschi, tutto quello che nasce nei sottoboschi, negli acquitrini, nella paludi. Per cui rimaniamo tra funghi, insetti e tutto quel micromondo che mi affascina.
Sempre in un’ottica green, perchè io non posso stare con le “persone”, preferisco di più stare a contatto con la natura. Dopo 10 anni, vivendo in città ho fatto una scelta forse restrittiva, ho la campagna a due passi e posso evadere velocemente, per disintossicarmi.
Una mostra che vi consiglio di vedere!
Stefania Vaghi
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