Al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, fino al prossimo 21 maggio sarà visitabile la mostra “The Sweet Sixties: Narrazioni di Moda”, una full immersion nella moda non omologata e trasgressiva degli anni ’60 a cura di Stefano Dominella e Guillermo Mariotto.
50 abiti circa in mostra, suddivisi in 5 aree tematiche, impreziositi da scarpe ed accessori, per rievocare stili e stilisti che hanno contraddistinto la beat generation in Italia e non solo.
Dalle atmosfere di Carnaby Street allo sbarco sulla luna, passando per pezzi unici ed iconici che hanno contraddistinto la moda di allora e che tutt’ora sono ancora in auge e che rappresentano vere e proprie lezioni di stile e di couture.
Un allestimento ad hoc nel quale tutto ci riporta agli anni ’60, dalla immancabile musica di sottofondo, alla scenografia, con foto, cover di dischi, rigorosamente in vinile, e tutto quello che ha reso celebri i favolosi anni ’60, così come l’imponente opera muraria di Virginia Vianello, che ci accoglie all’inizio del percorso espositivo.
Ma andiamo con ordine!
Si entra subito nei favolosi sixties nella prima sala, omaggio alla Londra di Carnaby Street, dove pezzi dell’epoca di Biba, Biffi Milano e Ken Scott, si mescolano con l’upcycling e il vintage ritrovato, rivisitato e corretto. Al centro troneggiano due stilose creazioni di Guillermo Mariotto, una in bianco, l’altra in rosso, che poco lasciano coperto e all’immaginario collettivo, così come la immancabile minigonna jeans corredata da bomberino in stile bandiera UK.
Si passa poi alla seconda sala dove in contrapposizione alle stampe floreali che hanno reso celebre Ken Scott, tra infiniti boa di piume multicolor, di grande contemporaneità, troviamo il re incontrastato del denim pop Elio Fiorucci, con i suoi iconici angioletti.
La terza sala è un allunaggio nel vero senso della parola, in un atmosfera spaziale, rarefatta, nei toni del bluette troneggiano gli abiti scultura metallici del geniale Paco Rabanne, di Thierry Mugler e dell’istrionico Guillermo Mariotto, in uno scintillio accecante di maglie metalliche silver, paillettes e cristalli iridescenti.
Si prosegue in una sala couture, dove linee pulite e decise, colori pastello e tinte decise ed accese si fondono con ricami multicolor, con cappe preziose e coprispalla strutturati, da Pino Lancetti a Gattinoni, da Mila Schon a Carosa e a Jole Veneziani.
Si finisce con un classico intramontabile una sala optical spettacolare, dove il bianco è padrone assoluto, impreziosito da motivi geometrici black negli abiti portabilissimi e senza tempo di Valentino Garavani, Pierre Cardin e André Courreges ed una pregevole e geniale creazione di Guillermo Mariotto “Tributo a Giuseppe Capogrossi” su disegno di Fernanda Gattinoni del 1961.
Nella sala optical troneggia un’opera monumentale a collage di Olympia Dotti New Pop “HAPPY GIRLS ARE THE PRETTIEST GIRLS”, con 9 donne, eroine iconiche: Cleopatra, Giovanna d'Arco, Elisabetta 1° d'Inghilterra, L'Imperatrice Cixi, Sissi Imperatrice d'Austria, Anita Garibaldi, Fridha Khalo, Evita Peron ed Audrey Hepburn, di cui la Dotti è la nipote.
Come ha dichiarato Mariastella Margozzi, direttrice del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo “Non è la prima volta che il famoso Monumento romano apre le sue porte per presentare una delle più interessanti manifestazioni della nostra creatività, la Moda, con la sua capacità di attraversare e interpretare le epoche storiche e rievocarne le atmosfere e le suggestioni. Nel caso di questa mostra, la rappresentazione degli anni Sessanta attraverso gli stili degli abiti e dei loro creatori, ci consente di rivivere uno dei periodi più densi di innovazione e trasgressione della nostra storia più recente, di coglierne l’entusiastica identificazione dei giovani con un modo di vestire che racconta l’esigenza di allargare i propri orizzonti culturali e geografici.”
Replica il Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Lucia Borgonzoni “Una mostra-performance che restituisce potentissima una delle innate capacità della moda: fare cultura. Il lavoro di selezione dei look e il percorso dei cinque filoni narrativi riescono perfettamente nell’obiettivo di rappresentare tutta la carica creativa di un decennio che ha segnato la storia e la cui voce è in grado di risuonare ancora oggi. Sa infatti mescolarsi alle voci della contemporaneità e agganciare tendenze che interpretano nuove consapevolezze, come ad esempio quelle legate agli acquisti “vintage” e al rispetto per l’ambiente, ambito nel quale la moda italiana sta già lavorando da tempo con risultati d'eccellenza a livello internazionale.
Al Ministero stiamo lavorando perché la moda sia sempre più valorizzata proprio in quanto cultura e affinché abbia gli strumenti per vincere le sfide del futuro. Per favorire la sostenibilità delle imprese culturali e creative – tra cui appunto le imprese della moda – e incoraggiare l’approccio verde lungo tutta la filiera, nonché un comportamento più responsabile nei confronti dell’ambiente e del clima, abbiamo deciso di destinare i fondi del Pnrr (pubblicheremo bandi per un importo complessivo pari a 30 milioni di euro) per accompagnare la transizione green del settore”.
In molti auspichiamo ad una prossima apertura di un Museo della Moda proprio nella Capitale, chissà…
Nell’attesa, anche per i non fashion addicted, non perdetevi The Sweet Sixties, perché tutto torna, anche e, soprattutto, nella moda!
Stefania Vaghi
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