Fino al prossimo 21 luglio il Museo dell’Arte Classica de La Sapienza Università di Roma ospita l’esposizione di Gianni Dessì. TuttoPieno, a cura di Claudia Carlucci e Gaetano Lettieri.
La mostra è l’atto finale di un progetto più ampio che ha visto prima Dessì nel 2020-2021 nominato artist in residence presso il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo, SARAS, diretto da Gaetano Lettieri, poi protagonista nella conferenza “L’arte della crisi” che si è tenuta all’interno del ciclo "Discorsi della Crisi. incontri in stato d'eccezione" e poi con l’incontro-convegno di presentazione dell'opera “Controluce” (2020-2022) donata e installata lo scorso anno nell'aula Chabod, al terzo piano della Facoltà di Lettere.
19 opere esposte tra sculture e dipinti che dialogano perfettamente con l’ambiente circostante, creando un colloquio artistico tra antico e contemporaneo con i 1200 calchi di gesso bianco di statue originali. Bianco, blu, rosso, ma, soprattutto nero e giallo, i colori utilizzati da Dessì che quasi si mimetizzano nel bianco assoluto della moltitudine di gessi.
Come lo stesso Dessì ha dichiarato: “Tutta la mostra è costruita facendo dei percorsi e delle segnalazioni di luoghi, c’è il passaggio, le due scale, ci sono delle opere al pianoterra: i piedi, in alto, invece, c’è una mano e la testa, ho voluto rappresentare i nostri confini.
Sono esposti i lavori che sono succeduti alle camerae pictae, quei lavori dove un colore entrava nello spazio e ridisegnava il luogo, poi c’è stata questa fase più immaginaria dove entravano i corpi o frammenti di corpi, spesso, a riempire gli spazi.
Ho già utilizzato molte di queste opere ad una mostra a Verona, ma qui hanno trovato la loro giusta collocazione. Ho disegnato la mostra sul luogo, tutto qui diventa una grande camera picta, un luogo dove si può parlare di arte, come la immaginiamo o come io la immagino: il corpo, il peso, l’energia, l’immagine. Le opere sono in rete da pollaio ritorta tenuta in piedi con la resina e la fibra di agave, un po' come fanno gli africani con il fango, un livello zero di come produrre forma.
Poi la ricerca della forma incrocia significati, sensi, simboli, molti sono ritratti, ritratti di persone, di amici che hanno formato il mio spazio ideale. Poi ci sono i quadri, con un aspetto quasi sacro, che si stagliano sulle pareti candide.
Se lei ci dovesse dare una definizione della sua esposizione TuttoPieno, come la definirebbe?
TuttoPieno è perché ha a che fare con la materia, pienezza della materia è anche pienezza del senso, il significato stesso, nessuna cosa ci si presenta senza porci un interrogativo. Tutto ci parla, bisogna soltanto imparare ad interpretare e ad avere una conversazione, altrimenti tutto risulta piatto, sciocco, superficiale.
La scelta dei colori, il giallo perché?
E’ la gamma più alta del colore, il visibile per eccellenza, è il contrario poi del nero che rappresenta il non vedere, l’accecamento. Sono veramente i due opposti. E’ anche vero che il nero è il massimo dell’evidenza quando incontra il bianco della tela. Anche quando parliamo pretendiamo di mettere nero su bianco, l’evidenza assoluta di quello che si dice. E’ come se facessi una dichiarazione, dare valore ed estrema evidenza perché lo metti nel contesto di maggior contrasto.”
La mostra si snoda nella Facoltà di Lettere dove troviamo appeso al soffitto il ritratto/autoritratto/campana di Dessì, “Nome e cognome” (2015), poi la mano, sempre appesa “Confini l” (2007), poi “Quadro Ovale” (2023), riedizione di un’opera presentata a Parigi nel 1994, all’Istituto Italiano di Cultura, poi i due enormi piedi “Confini lll” (2009), posizionati a pianterreno.
Tre grandi figure bianche striate di nero si
stagliano nel corridoio “Uno,
due e tre” (2004/2005), dal lato opposto “Intreccio” (2007), poi la
monumentale opera pittorica ad olio “Conversation
pieces XIX” (2021).
Poi le opere dorate a parete, i ritratti, confusi in maniera scientifica tra i gessi.
Una mostra assolutamente da non perdere fino al 21 luglio ad ingresso gratuito, per toccare con mano l’arte creativa e la genialità artistica e scultorea di Gianni Dessì.
Stefania Vaghi
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