Dreaming The End Di Sin Wai Kin Alla Fondazione Memmo

Dreaming The End Di Sin Wai Kin Alla Fondazione Memmo

Dove finisce l’autenticità e comincia la performance? Chi decide cosa sia fantasia o realtà?

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Dreaming the End (Sognando la fine) è la prima mostra personale in Italia di Sin Wai Kin, dal 3 maggio al 29 ottobre presso la Fondazione Memmo, curata da Alessio Antoniolli.  La mostra rappresenta un nuovo capitolo della ricerca di Sin Wai Kin incentrata sulla riflessione dell’oggettivazione del corpo e la cultura che lo regola attraverso la pratica dello storytelling, mettendo così in discussione i processi normativi che regolano le categorie identitarie ed una coscienza del sé fondata sul binarismo.  Il punto cardine del progetto è la nuova opera video dalla quale prende il nome la mostra.  Dreaming the end è una storia che attraversa il registro narrativo e quello reale, costruita giocando con gli spazi, i tempi, i luoghi ed i riferimenti, in modo tale che tutto venga reso familiare ed allo stesso tempo sconosciuto.  Un video interamente girato a Roma. Un affascinante viaggio onirico costantemente in bilico tra sogno e realtà.  L’’esposizione poetica di Sin Wai Kin è un manifesto che ricorre per la sua interpretazione a categorie e mezzi espressivi: video, performance, installazioni, linguaggi che danno vita alle opere che uniscono i riferimenti pop alle esperienze personali  lasciando emergere un sentimento indefinibile, altalenante tra tenerezza e malinconia, ironia e dramma, familiarità ed alienazione.  Ossessioni e contraddizioni sono al centro del film, un viaggio che alterna il sogno a visioni opprimenti svolte da figure enigmatiche che si incontrano nei diversi scenari immaginati da Sin Wai Kin.  Un insieme di diversi generi cinematografici (thriller, fantasy, noir ..) con incursioni della moda e altri settori della cultura popolare, concorre allo spaesamento dello spettatore, uno spettacolo che cambia continuamente i punti di riferimento, punti che vengono messi in discussione e capovolti.  Per Sin Wai Kin la possibilità di cambiamento è fondamentale, è un'opera che invita a adottare una coscienza non binaria per uscire dagli schemi e lasciare che le nostre esperienze ci facciano evolvere.  La forte personalità dei personaggi è incrementata anche dai luoghi che completano l’opera. Il film può vantare da ambientazioni di grande fascino: gli interni di Palazzo Ruspoli, i giardini di Villa Medici e gli spazi della Civiltà Italiana. Luoghi iconici che aumentano il senso di meraviglia dell’opera dell’artista riuscendo così a creare un ponte tra la millenaria storia di Roma e la capacità dell’artista sul potere di narrare.  Il corpo di Sin Wai Kin è in continua evoluzione, come quello delle città, in grado di unire storie del passato a ipotetici futuri, attraversando fasi e stati differenti.  Diversi i riferimenti estetici dell’artista che vanno da Jessica Rabbit a Marilyn Monroe, entrambe emblema della cultura queer, i cui richiami sono evidenti nei protagonisti di Dreaming the End e in altri lavori passati. Quattro busti con altrettante parrucche in dialogo tra loro, occupano gli spazi della Fondazione Memmo, facendo vedere ai visitatori i trucchi utilizzati da Sin Wai Kin per interpretare i diversi personaggi che compaiono nel film, le salviette struccanti esposte con le tracce del make- up dei diversi soggetti come “sindoni” che si trasformano in dipinti contenenti paesaggi e cosmologie di un’identità che cambia e che lascia segni di un processo in continua evoluzione.  Un’esposizione da non perdere.  Stefania Petrelli 

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