Ha un gusto internazionale e britpop/rock la musica dei Sunday’s, band romana nata dall’incontro di quattro giovani e di esperienze musicali diverse. Da queste i musicisti cercano di creare qualcosa di diverso e “reale”. È proprio questo il centro della loro ricerca: un allontanamento dallo spettacolo virtuale verso un incontro diretto con il pubblico. Nasce così il nuovo singolo Wake Up all’interno dell’EP Live at Baladin, registrato dal vivo e sorto dalla collaborazione con l’etichetta Stick &Carrot.
In uscita a Settembre, il gruppo lo sta presentando in vari appuntamenti: ieri sera a Contestaccio e a metà mese li troveremo a Bologna al Bravo Caffè. Nell’attesa conosciamoli meglio.
Ciao ragazzi, benvenuti su Unfolding Roma e grazie per aver accettato l’intervista.
Allora per prima cosa chi siete?
Ciao, grazie a voi. Siamo una band romana insieme da alcuni mesi che fa musica originale di un genere non facilmente catalogabile che unisce Britpop anni Novanta, post Punk inglese anni Settanta, Wave… e molte altre influenze. Siamo in quattro: Marco (voce), Sandro (chitarra), Simone (basso) e Sebastiano (batteria).
Come sono nati i Sunday’s?
Veniamo da progetti musicali diversi. Dopo un percorso precedente insieme di tre di noi (Marco, Sandro e Sebastiano) abbiamo deciso di rivoluzionare il sound con l’ingresso di Simone nell’intento di creare un prodotto di buona qualità che ci sta già dando buone soddisfazioni. Quando poi è nata la Stick&Carrot, la nostra casa di produzione, abbiamo pensato che loro potessero aiutarci molto e noi abbiamo voluto far parte del progetto in un rapporto biunivoco che ci porterà lontano.
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È stato difficile unire queste diversità sonore?
In realtà no, perché è vero che veniamo da suoni differenti, ma comunque simili, con una radice comune e siamo tutti molto curiosi di sentire, realizzare, provare quindi abbiamo uno scopo comune di creare qualcosa di nuovo, non di fare cover altrui.
Da dove viene il vostro nome? C’è un richiamo ai Sundays, band britannica attiva fino al 1997?
Non c’è stata una volontà di collegarci a loro, anche se la loro musica new wave e post punk potrebbe essere ricondotta a noi, ma si tratta di un richiamo casuale. Ci piaceva l’immagine della domenica e di quei giorni spensierati di sole. Volevamo offrire un’immagine positiva, solare della band che, però, stridesse con il contenuto ironico dei nostri testi che spesso si fanno beffe di questa positività portata agli eccessi e che sono talvolta velenosi. Ci piaceva il contrasto tra il logo felice e il testo pungente.
Avete presentato l’EP Live at Baladin, album che riunisce tre band e che state presentando al pubblico. Quali sono le sue caratteristiche?
Si tratta di EP live che abbiamo preferito ad una produzione in studio. Abbiamo deciso di mostrare la nostra vera dimensione in un evento, perché solo durante il live riusciamo a trasmettere il sudore, la fatica, il fomento, l’energia autentica. È quello che siamo. Dal vivo certamente suoniamo meglio che in studio. Allora abbiamo deciso di fare una serata da trasformare in un vero e proprio studio di registrazione durante la quale i brani e i video sarebbero stati incisi. Tutto in presa diretta, dal vivo, con al massimo degli accorgimenti per rendere fruibile il suono. Ci è sembrato che in un mondo di plastica fare una cosa grezza, vera, dove i piccoli errori potessero restare e fare parte del gioco fosse migliore e facesse sentire l’ascoltatore partecipe. La nostra casa discografica, la Stick&Carrot ha riunito altre due band che hanno abbracciato questa filosofia e abbiamo realizzato l’evento. Ci è voluto un certo coraggio e preparazione perché comunque nel live quello che registri rimarrà nel cd. Sembra, però, che ai partecipanti sia piaciuto. A noi moltissimo sia farlo che presentarlo. Speriamo quindi che sarà apprezzato anche dal pubblico.
Ora sta uscendo in edizione limitata. Come ha partecipato il pubblico presente? Quando lo troveremo?
Il pubblico presente è stato parte della registrazione. Lo abbiamo realizzato in un pub e chi ha presenziato riceverà un codice per scaricare l’EP. Si è voluto in questo modo premiare chi ha partecipato a qualcosa che rimarrà incisa. Per adesso si tratta di un’edizione limitata ed autografata disponibile durante gli showcase live, a proposito ne abbiamo fatto uno ieri sera. Da settembre in poi inizierà una distribuzione capillare.
In generale come è stato realizzare questo progetto originale?
È stato davvero bello. Per fortuna nella band c’è molta armonia, le discussioni sono meramente artistiche, siamo tutti orientati a creare qualcosa di bello e ci divertiamo molto a farlo. Ieri sera abbiamo suonato a Contestaccio a Roma, un locale importante nell’underground romano, dove abbiamo deciso di presentare l’EP.
Parlatemi di ieri sera. Come ha reagito il pubblico romano?
È stato bellissimo, una vera svolta per noi. Contestaccio scoppiava di gente e lo show è stato divertente. Non ci aspettavamo una reazione così positiva. Il nostro divertirci è stato contagioso. Da un punto di vista di sonorità, presenza scenica, arrangiamento dei brani è stato un successo. Il pubblico era coinvolto, rispondeva, non solo era lì, ma aveva piacere ad esserci: questo significa che forse abbiamo centrato la strada giusta, lontana dal circuito di finzione dei talent. Nel nostro piccolo stiamo creando un pubblico fatto di gente vera, non assuefatta dalla televisione. La ricerca del reale, del tangibile, visibile è quello che vogliamo. Se scendiamo dal palco incontriamo persone autentiche che sono lì perché apprezzano quello che stiamo facendo e questo contatto è impagabile.
Wake up è il singolo che avete appena presentato. Ci raccontate i retroscena della sua ideazione? Come nasce questa canzone?
Wake up è la storia della vita di tanti. Racconta il momento in cui si decide di smettere di stare sdraiati ad aspettare, senza vivere appieno; il momento in cui ci si sveglia, quell’epifania che ti porta ad agire. La canzone stessa vive di momenti di assoluta calma e di altri in cui rende il senso del risveglio. Improvvisamente si rianima e strappa con il momento precedente. Non si tratta di una catarsi, ma, come dicevo, di una vera e propria epifania.
A noi è successo e crediamo che sia qualcosa che vivono in molti. I nostri testi raccontano situazioni in cui le persone si possono riconoscere e identificare. Sono un invito a non abbattersi, a non adagiarsi, a non vivere le briciole, ma a combattere anche se questo può voler dire rimanere sconfitti; quella sconfitta, però, è stata davvero guadagnata, una sconfitta vera.
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Parliamo della vostra musica. Quali sono le sue caratteristiche sonore?
Abbiamo deciso di utilizzare meno strumenti possibili: abbiamo solo chitarra, basso, batteria più tre voci a cui aggiungiamo una quantità di suoni che campioniamo. Abbiamo fuso nelle influenze rock reali con influenze più elettroniche, cercando una commistione hinditronica. In questo momento usare un muro di suono di questo genere ci sta dando soddisfazioni. Pensiamo di continuare su questa strada che unisce il rock, l’hindi e delle linee melodiche a volte pop, a volte punk. Vogliamo unire suoni che sembrano inconciliabili e invece insieme funzionano. Tutto questo senza la presunzione di inventare chissà cosa di nuovo perché siamo sempre “nani sulle spalle di giganti”.
Partecipate al Bowienext. Di cosa si tratta? Perché avete aderito?
È un progetto internazionale realizzato da appassionati di David Bowie per convogliare tutto quello che un artista così poliedrico abbia significato per me persone. È un grande evento composto da tanti piccoli eventi che culminerà in un film tributo dei fan a David Bowie che sarà presentato a gennaio. Siamo veramente onorati di farne parte perché non si può negare che un artista come lui abbia influenzato ogni musicista in realtà per la sua poliedricità e per aver realizzato così tanta musica diversa. Per l’occasione reinterpretiamo a modo nostro Rebel Rebel. Lo abbiamo annunciato ieri sera la partecipazione del progetto e abbiamo cantato la cover per omaggiarlo.
Cosa ha lasciato David Bowie, secondo voi, alla musica contemporanea?
Per prima cosa si è evoluto e reinventato per tantissimi anni, ma soprattutto è sempre incredibilmente stato all’avanguardia. Ha interpretato e anticipato in maniera magistrale il gusto del pubblico fino al punto da non riuscire a capire se fosse lui stesso a crearlo. Tutto questo senza mai essere banale o ripetitivo. Ha dedicato la sua vita all’arte e ci mancheranno sempre di più artisti come lui che hanno fatto dell’arte stessa la loro esistenza.
Quali altri artisti hanno fatto questo e vi influenzano?
In senso lato chiunque abbia reso qualcosa di semplice, arte e grazie a questo sia riuscito a trasformare e reinventare l’arte stessa. Pensiamo a Andy Warhol e David Bowie in particolare. Temiamo di vivere in un epoca di banalità dove si trasforma non la semplicità in arte (come Warhol), ma l’arte in banalità creando così opere prive di significato. Ed è proprio contro questo nulla che noi ci stiamo scagliando, contro la tendenza a sopravvivere piuttosto che a creare.
Dato il vostro legame con i suoni britpop non posso non chiedervi cosa pensate di Brexit.
Per noi è stata una vera delusione. Credevamo che gli inglesi avrebbero fatto una scelta più assennata. Senza voler entrare in discorsi troppo politici, perché non è questa la sede, riteniamo che avrebbero fatto meglio a cogliere l’occasione per pensare alla comunità che si sta cercando faticosamente di realizzare, anche con molti errori, piuttosto che a loro stessi. È sempre meglio provare piuttosto che sganciarsi quando sembra che le cose non stiano andando molto bene. Pensiamo che su lungo periodo questo non li aiuterà. Ti annuncio che vogliamo scrivere un pezzo ironico sulla faccenda. Posso anticiparti che si intitolerà Mind the gap.
Dove arriveranno i Sunday’s? Tra dieci anni per esempio?
Tra dieci anni non sapremmo dirti, ora. Al di là di dove arriveremo vogliamo poter guardare indietro ed essere soddisfatti di quello che avremo realizzato. Per ora i presupposti giusti ci sono.
Quali sono i prossimi appuntamenti dove potremo vedervi?
Ci stiamo concentrando sulla promozione dell’EP live. Saremo a Bologna il 16 luglio dove suoneremo in acustico al Bravo Caffè per un aperitivo organizzato dal Bowienext per farci conoscere in giro e per accompagnare questo progetto che ci ha appassionato. Poi ci sarà una promozione più massiccia di cui non svelo troppo; preannuncio solo che stiamo preparando qualcosa di grande.
Michele Cella
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