ANDREA BERTAGLIO

“In difesa della carne” non è solo il titolo del libro di Andrea Bertaglio, ma una netta presa di posizione nei confronti di un settore troppo emarginato e screditato negli ultimi anni. Intervista di Michela Di Mattia

stampa articolo Scarica pdf

“Scrivo e mi occupo di ambiente da oltre una dozzina

d’anni, e in questo periodo ne ho viste un po’ di tutti i colori.

Dal mondo dell’associazionismo a quello attivista, da quello

editoriale a quello aziendale, i modi per difendere l’ambiente

e con esso i propri interessi sono molto variegati, e con il

tempo ho capito che non ne esistono di giusti o di sbagliati a

priori. Pur essendo la natura più che in grado di difendersi

da sola e di sopravvivere all’essere umano, quando si ha a

che fare con l’ecologia è impossibile non esserne coinvolti

fino a fare della difesa dell’ambiente una ragione di vita”.

Ciao Andrea, questa è una piccola presentazione di te nonché la premessa de “In difesa della carne”. Ci vuoi parlare di come è nata l’idea del libro?

Il libro è uscito a fine Ottobre 2018, poi ristampato in Gennaio. E’ stato scritto, principalmente, per motivi di lavoro. Mi è stato, infatti chiesto, qualche anno fa, di collaborare per un rapporto che adesso è diventato a sua volta un libro, dal titolo “La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia”. Quest’occasione lavorativa mi ha portato in contatto con molte associazioni di categoria e produttori e il progetto, che si chiama “carni sostenibili”, racchiude un po’ tutte queste realtà. E’ un progetto di comunicazione che vuole rispondere a tutti gli attacchi che avvengono, da diversi anni, contro il settore delle carni. Quindi, da una parte, ho avuto accesso ad un sacco di fonti e dati usati soprattutto per questo rapporto, ma anche sulla produzione zootecnica italiana, in particolare sugli impatti ambientali, sulle infinite leggi relative al benessere animale. Dall’altra ho avuto modo di verificare il tutto sul posto, all’interno di molti e grandi allevamenti italiani. Lì ho avuto la prima sorpresa che, come spesso racconto, a livello personale, mi ha portato a rivedere molte convinzioni, a partire da quella che piccolo è sempre bello e ho avuto la conferma che non è così. Ci sono i grandi produttori o allevatori che sono molto ossessionati dai controlli, perché in Italia il maltrattamento degli animali è un reato da codice penale. Questi allevatori stanno molto attenti e ho visto, al di là delle imposizioni della normativa europea, una forte presa di coscienza da parte loro, soprattutto da quelli più giovani, che poi sono tutti laureati. Sono ragazzi che seguono l’innovazione, quella sana e buona come per esempio per la somministrazione dei mangimi. Sono attenti a quelle che possono essere definite le tecnologie della decrescita, quelle stesse usate bene per far star bene gli animali e usare meno risorse. Con tutte queste nozioni, ho smesso di scrivere, su queste tematiche, come giornalista e dopo un po’ di tempo ho deciso di metterci la faccia con un libro, con il mio nome, prendendo una ben precisa posizione. Esistono certe fasce di persone che magari seguono la dieta vegana o animalisti che però non conoscono a fondo il settore zootecnico che attaccano, anche in maniera molto forte ed aggressiva, un settore che nella maggior parte dei casi non merita di essere attaccato. Non trovo giusto polemiche così accese da gente che, nella maggior parte dei casi, non ha mai visto un allevamento da vicino. Dall’altra, la causa scatenante è stata anche quando ho intervistato una pediatra, che mi ha raccontato che a quaranta anni di esperienza, ricomincia a vedere bambini affetti da rachitismo, con shock anemici o con ritardi neuro cognitivi a volte anche permanenti perché i genitori improvvisano diete prive di proteine animali. E questa cosa, da papà di due bambini piccoli, mi ha toccato molto. Scritto il libro, poi è stato difficile pubblicarlo perché l’editoria, fino allo scorso anno, evitava di prendere in considerazione titoli che non fossero pro-veg.

Hai detto che il tema su questo argomento si è risvegliato nell’ultimo mese. Come mai? A causa dei vegani?

E’ un discorso mio, ma fino ad un certo punto. Io guardo queste cose da un punto di vista sociologico, che è il mio settore di studio e di specializzazione. L’approccio vegano racchiude tutte le cose che funzionano di più e che hanno più presa: l’amore per gli animali, l’umanizzazione degli animali, l’ossessione per la salute e per l’alimentazione, quindi tutti questi argomenti hanno avuto molto interesse, perché in questo momento storico è molto facile far passare queste cose. Far vedere le immagini in certe trasmissioni che fanno indignare chi le guarda, anche se non sei vegano o animalista determina una presa di coscienza, seppur distorta, dei consumatori. L’errore è la scorrettezza nel far passare queste immagini come la norma e non è così e lo dico con assoluta certezza. Perché un allevatore dedica letteralmente la sua vita agli animali e trattar male gli animali vuol dire far prodotti scadenti, quindi non conviene neanche a lui. Poi cerco di sfatare diversi miti sugli ormoni e sugli antibiotici, tutte informazioni che girano che non sono vere.

I vegani parlano anche di forte impatto ambientale negli allevamenti e che per far crescere un animale si spende molta più acqua di quanto non sia necessaria per coltivare vegetali. Qual è la tua posizione a questo proposito?

E’ vero che l’allevamento impatta, però poi se parliamo di valori nutritivi bisogna fare due calcoli. Per avere la stessa quantità di ferro di una bistecca di manzo, bisogna mangiare 25 kg di spinaci, che per essere prodotti hanno bisogno di tantissima acqua. Non è che dobbiamo mangiare tanta carne o mangiarla tutti i giorni. Bisogna seguire una dieta equilibrata, in Italia seguiamo ancora la famosa dieta mediterranea. Se di carne ne mangiamo la quantità giusta, l’impatto ambientale è irrisorio. Non è vero neanche che la filiera degli allevamenti sia sprecona. E’ una delle poche filiere dove non si butta via niente. Gli scarti di macellazione, soprattutto nelle aziende più grandi, vengono recuperati tutti. Da un bovino ricavi fino ad oltre 3000 prodotti, usi la carne, poi usi le pelli, poi fai i concimi con le corna, con le valvole cardiache, con il pericardio e così via.

A proposito delle emissioni di CO2 e dell’uso di acqua?

Le emissioni all’interno degli allevamenti sono al 7%, emettono di più i trasporti o il settore energetico. Le emissioni di CO2 per i consumi medi di carni e salumi di un italiano, nell’arco di un anno, sono pari a quelle di un volo andata/ritorno Roma-Bruxelles.

A livello di spreco di acqua, invece, il dato dei famosi 15.000 lt per un kg non è veritiero. In realtà per un kg di manzo si consumano circa 900 lt di acqua, non di più.

E la correlazione tra consumo di carne e cancro?

Per una serie di studi, fatti però tutti nel contesto anglosassone (in cui mangiano il doppio di quanto mangiamo noi italiani la carne, la cucinano in modo diverso, con modalità che possono scatenare sostanze cancerogene, con uso di additivi per i salumi, che in Italia non vengono utilizzati), si è fatto un caso per una cosa che non esiste. Dire che la carne rossa e i salumi sono come il tabacco è assurdo.

Mi è capitato di leggere sui social critiche sui tuoi dati e sulle tue informazioni che hai diffuso a proposito di questo argomento.

Sinceramente, io sto cercando solamente di dare voce a chi finora non l‘ha avuta e provare ad informare la gente su dati errati e devianti che girano, soprattutto in rete. Poi, ognuno è libero di decidere di mangiare carne o hamburger vegetale, ma è importante che ognuno venga informato nel modo corretto e non distorto.

La commissione “Eat- Lancet”, un insieme di miliardari norvegesi, vegani vogliono o meglio vorrebbero imporre al mondo questa dieta e hanno avuto risposta anche molto forti, anche da personalità autorevoli, come il ministro dell’agricoltura etiope che ha consigliato a questa commissione di andare a dimezzare la carne a chi ne ha e ne consuma troppa, perché loro grazie alla zootecnia si sono salvati dalla fame e denutrizione. Quindi non si può imporre nulla a nessuno.

I “Million dollar vegan”, invece, hanno proposto al Papa che daranno un milione di dollari, in beneficienza, se farà una Quaresima vegana. Una campagna finanziata da un’azienda americana che produce alimenti vegetali.

Se proponessimo un mondo vegano vediamo cosa succederebbe? Gli allevamenti sono necessari perché preservano il territorio, perché dove non ci sono più allevatori e pastori viene a mancare anche la biodiversità dovuta anche alle feci degli stessi animali e a livello mondiale ci sono intere regioni che non hanno altro, come ha fatto notare il ministro dell’agricoltura etiope, quindi un mondo tutto vegano sarebbe insostenibile. Tutti questi prodotti, che tra le altre cose costano tre volte, sono spesso fatti con quinoa che sta devastando le Ande, altri sono pieni di additivi, conservanti e addensanti, quindi anche da un punto di vista ambientale sono prodotti artificiali. Fare passare il messaggio che non è naturale uccidere un altro essere non è reale. Purtroppo, ogni organismo si nutre di un altro organismo e quindi tutti i discorsi non hanno senso. Il calo del consumo di carne è più legato alla crisi economica che a scelte etiche.

I bambini non andrebbero un pochino rieducati? sia a livello alimentare sia per favorire il non-spreco del cibo?

Lo spreco è indecente. E’ importante rieducare i bambini perché non sanno da dove arrivi la fettina o la verdura o qualsiasi altra cosa. Mangiano schifezze di ogni genere, patatine, coca, merendine e poi aumenta l’obesità infantile. Questo non vuole dire che bisogna mangiare carne tutti i giorni. A livello di spreco in casa, perché la fase di consumo in cui si spreca di più è quella domestica, è però ridotta perché la carne costa di più, per cui la si congela e si conserva. Gli alimenti più sprecati sono i vegetali che arrivano a cifre veramente grandi. Dietro tutto ciò bisogna considerare che c’è il sacrificio di un animale, che è stato ucciso per sfamare e dare da mangiare. Bisogna apprezzare tutto ciò che abbiamo da mangiare nelle nostre tavole.

Non è solo l’animale che viene sacrificato per nutrirci, ma anche il pane, il latte, il formaggio che sono prodotti del sacrificio delle persone e del loro lavoro. Come anche per i prodotti ortofrutticoli.

“La verità sta nel mezzo, la virtù nell’equilibrio.

Tutto il resto è moda, è retorica, è sterile ricerca di un

senso nella vita che purtroppo, verrebbe da dire, non si trova

più nella politica, nella religione e neppure nelle relazioni

con gli altri. Sì, perché chi ama più gli animali delle persone

è libero di farlo, ma non può negare di avere un problema

con sé stesso, innanzitutto, ma anche con il mondo, con la

propria famiglia, con il proprio passato, con le proprie mancanze

e frustrazioni e chissà cos’altro. Ma se è comprensibile

la ricerca di un senso per la propria vita nell’umanizzazione

e nella presunta difesa degli animali, non lo è quello di diffondere

disinformazione solo per un proprio credo, o peggio

per il proprio egocentrismo.”

https://www.lindau.it/Libri/In-difesa-della-carne

Michela Di Mattia

© Riproduzione riservata