La notizia appartiene ormai alla quotidianità, una tragica costante al tempo del Covid19. I bollettini della protezione civile hanno annunciato per molti giorni i numeri della morte ma, in realtà come è evidente e logico, non tutti i decessi registrati sono avvenuti a causa del Coronavirus. Oltre alle morti per malattie o incidenti, ciò che fa maggiormente riflettere e spaventa è il numero dei suicidi cresciuti in modo esponenziale negli ultimi mesi, una vera e propria impennata sulla quale è necessario e doveroso soffermarsi a riflettere.
La cronaca è un autentico, ulteriore bollettino di guerra: a fine marzo un giovane di 29 anni a Torino si è impiccato sulla tromba delle scale del condominio in cui viveva con la sua famiglia. Il giovane aveva perso il lavoro a causa del Covid19. Il corpo è stato trovato dal padre. Il 9 aprile due sorelle si sono gettate dal battello che fa la tratta Punta Sabbioni-Lido di Venezia. A Rho, nel Milanese, un uomo di 38 anni ha sparato alla moglie e poi si è ucciso, nello stesso periodo a Lissone (Monza), un uomo di 55 anni si è gettato dal terzo piano di un condominio. Il 21 aprile a Vigevano (Pavia), un uomo si è ucciso con un colpo di pistola, il 1° maggio a Portomaggiore, nel bolognese, un uomo di 56 anni si è impiccato vicino a casa sua sotto gli occhi della sua compagna. Pochi giorni fa, la tragedia è invece avvenuta a Roma, dove una donna di 45 anni si è buttata dal quinto piano di una palazzina, è del 4 maggio, infine, la notizia di un uomo di 40 anni che si è ucciso gettandosi dal settimo piano a Milano.
In realtà l’elenco dei suicidi e dei tentati suicidi degli ultimi mesi è impressionante e racconta di un profondo disagio psichico legato per lo più al fattore economico, un fenomeno da non sottovalutare. Numeri in crescita che richiamano alla mente i fatti del 2012, quando l’Italia, sotto la morsa di Equitalia, particolarmente inasprita dalle decisioni governative dell’epoca, vide impennarsi la crisi economica e, conseguentemente, il numero degli imprenditori che decisero di “farla finita”. Ma cosa si cela dietro una scelta così estrema? Soprattutto, da dove nasce l’ineluttabile, angosciante, agghiacciante desiderio di porre termine alla propria vita in modo autonomo?
Partendo dal presupposto che la connessione tra lockdown e suicidi è decisamente manifesta, si può parlare di “effetti collaterali” del Coronavirus. La devastante crisi economica che ne è scaturita infatti, ha acuito ed ampliato notevolmente il malessere già imperante prima dell’emergenza. Come dire, se esistevano già campanelli d’allarme prima, il Coronavirus ha, appunto, amplificato il mal di vivere, soprattutto in quei soggetti appartenenti a fasce psicologiche più deboli e mentalmente già provati da fenomeni di depressione. Il disagio psichico unitamente all’obbligo di rimanere chiusi in casa ha fatto il resto, ha dato un vero e proprio colpo di grazia senza preavviso. Un interessante commento arriva dalla psicologa Sonia Cortopassi, che, analizzando la situazione, ha lanciato un grido di allarme: “I suicidi sono la punta dell'iceberg – afferma la Cortopassi - il gesto estremo arriva per chi sta pagando già dei costi psicologici che, con l'emergenza coronavirus, possono diventare insopportabili. Siamo tutti sotto stress e dobbiamo essere pronti a rinascere. In tanti, però, decidono di morire perché non trovano la forza per affrontare una vita nuova. Oppure perché si ritrovano senza lavoro e senza più affetti, spazzati via dall' epidemia.” La paura di non farcela, di non riuscire ad andare avanti vince anche l’istinto di sopravvivenza e si individua nel gesto estremo, unico vero atto liberatorio.
Sono davvero innumerevoli le motivazioni che possono spingere una persona al suicidio: purtroppo infatti non si tratta di un fenomeno che colpisce solo i soggetti depressi, ma soprattutto negli ultimi tempi, l’idea suicida accomuna moltissime persone di differenti età, estrazioni sociali, culturali ed economiche. Lo psicologo Stefano de Carlo afferma che “il suicidio non è quasi mai una decisione improvvisa, ma il punto di arrivo di lunghi e tortuosi ragionamenti.” Secondo lo studioso infatti, il suicidio passa attraverso tre fasi: “c’è una prima fase in cui la morte è percepita positiva perché fa finire una sofferenza pesante. Non esiste una vera e propria intenzionalità, ma esso è visto come possibile soluzione a situazioni insopportabili. Il suicidio viene visto come un sollievo, come una fantasia romantica in cui la persona prepara tutto con nuovi vestiti, quantità di barbiturici, saluti finali. Nella seconda fase l’aspirante suicida si trova contrastato da varie ambivalenze fra vivere e morire, fra disperazione e speranza. Nella terza fase si è già maturata l’idea di sopprimersi. Per fortuna non sempre riesce e l’istinto a vivere ha il sopravvento.”
Tuttavia, se le motivazioni che inducono al suicidio sono molteplici, in tempo di Covid19 il focus è quasi sempre lo stesso: la profonda crisi economica, la perdita del lavoro, il denaro che non c’è, i debiti che si accumulano, l’impossibilità di progettare il domani e, in definitiva, l’impossibilità di andare avanti. “Noi siamo programmati per prevedere – spiega lo psicoterapeuta Mario Camillo Pigazzini - il senso di responsabilità non è altro che questo: io faccio una scelta e ne prevedo le conseguenze. È fondamentale per noi umani. Il nostro cervello è fatto per prevedere e nel momento in cui non riesco più a farlo, dinnanzi a me compare il vuoto, il buio.”
Maurizio Montanari, psicoanalista e responsabile del centro di psicoanalisi applicata Liberaparola, ha lanciato l’allarme durante un’intervista per le Iene.it: “Con quarantena e coronavirus rischiamo anche un incremento di suicidi legati alla perdita del lavoro e di problematiche psicologiche per i medici e parte della popolazione. Bisogna intervenire appena finita la pandemia con l’implementazione dei servizi di sostegno psicologico, pensando anche a progetti ad hoc, che garantiscano l’anonimato e la gratuità, dobbiamo investire anche su questo”. Gli fa eco Armando Piccinni, psichiatra e presidente della Fondazione BRF – Istituto per la Ricerca in Neuroscienze e Psichiatria che dichiara “Era prevedibile, dopo la drammatica emergenza sanitaria per l’epidemia da Covid-19, che potesse scoppiare anche un’emergenza di ordine psichiatrico. Al di là dei singoli casi – prosegue Piccinni – gli studi scientifici dimostrano che ogni qual volta siamo vittime di epidemie, crisi economiche, emergenze internazionali e cataclismi, assistiamo anche ad un incremento dei disturbi di natura mentale che possono portare, nei casi più estremi, a idee di auto-soppressione”.
Insomma, il parere degli studiosi è unanime: era da prevedere. C’è da chiedersi dunque: tra le tante e spesso non necessarie, “task force” messe in campo, forse sarebbe il caso di lavorare maggiormente sulla prevenzione al suicidio con un adeguato supporto psicologico verso le fasce più deboli e, soprattutto, prevedere reali sostegni economici agli imprenditori, alle aziende, ai liberi professionisti ed a tutti i lavoratori che, nel perdere tutto, decidono che preferiscono perdere anche la vita.
Di Erika Gottardi
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