Roberto Pavoni nasce a Roma il 3 Giugno 1977. Dopo aver frequentato all’istituto d’arte professionale regionale Ars Labor un corso di restauro di dipinti su tela e tavola, si laurea con lode nel 2003 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma nella sezione di Decorazione con il maestro Gino Marotta con la tesi “Giorgio De Chirico e la serie dei Bagni Misteriosi”, per specializzarsi poi nel 2006 presso la stessa Accademia nei corsi biennali abilitanti all’insegnamento dell’arte con una tesi su Tiziano e la pittura veneziana del XVI secolo.
A dispetto della sua giovane età, Roberto vanta già un curriculum espositivo eccezionalmente denso che ha inizio dodici anni fa nel 2001, ancora prima di laurearsi, con la sua prima mostra personale presso la Galleria d'arte La Pigna, al Palazzo del Vicariato di Roma ed arriva senza soluzione di continuità alla scorsa settimana in cui ha esposto insieme ad altri artisti in “Nel Nome della Madre”, mostra-evento tenutasi dal 2 al 9 Novembre presso il Mitreo di Arte Contemporanea di via Marino Mazzacurati in Roma.
Nel mezzo, in questi dodici lunghi anni, Roberto ha poi dato vita ad una lunga serie di esposizioni realizzate, varcando i confini comunali, a Pavia, Milano, Fondi, Bologna, Frontone (PU), passando addirittura per la Cina dove è stato invitato nel 2004 in veste di ritrattista alla manifestazione “Roman Holiday” organizzata da Roma Concerti Entertainment e Pudong Cultural development Company Ltd a Shanghai. Tra una mostra e l’altra Roberto insegna oggi Storia dell’Arte in due noti Licei della capitale e trova anche il tempo per impartire lezioni di karate e pancrazio (un misto di lotta e pugilato praticato nell’antica Grecia) in una palestra da lui stesso gestita. Come avrete capito, un vulcano di idee.
Ciao Roberto, prima di tutto svelaci se ti senti più artista, insegnante di karate o professore di storia dell’arte e come fai a barcamenarti tra tanti impegni.
Organizzo bene il mio tempo, anche se in effetti le ore di sonno non sono molte. Le arti marziali le pratico da quando avevo 6 anni, forse sono state la mia prima vera "vena artistica" prima ancora di quella pittorica. Fare il prof invece è un po come rinfrescare continuamente le mie riflessioni sull'arte, un buon esercizio insomma. Possono sembrare completamente separate, ma le tre attività sono parte di un'unica cosa; spesso non riesco nemmeno a distinguerle tanto sono identiche nel loro scopo globale.
Come, dove e quando Roberto scopre la passione per l’arte e la pittura in particolare?
In realtà la mia passione per l'arte nasce in un modo molto banale. Volevo imparare a disegnare perche trovavo affascinante l'idea di poter creare mondi, volti e paesaggi dal niente. Qualcosa che desse una forma alla mia memoria e ai miei pensieri insomma. Lo ritenevo un esercizio di apprendimento impossibile da imparare. Poi, una volta entrato all'Istituto darte, mi resi conto che dopotutto, per quanto difficile fosse, era comunque alla mia portata. Da allora non ho mai smesso di esercitarmi.
La tua tesi di laurea su De Chirico e quella di specializzazione su Tiziano svelano quelli che sono i tuoi artisti preferiti, dai quali ti senti o ti sei sentito ispirato, oppure le tue preferenze artistiche convergono su qualche altro grande della pittura?
Ho in effetti subito per molto tempo il fascino di De Chirico e della metafisica in generale come ogni artista che ambisce alla conquista del "classico" dopotutto. Le tesi però sono state solo un pretesto per approfondire dei discorsi che mi incuriosivano e che non conoscevo. Di De Chirico ho infatti trattato una piccola serie poco nota, "I Bagni Misteriosi". Mentre il lavoro su Tiziano comprendeva un discorso più ampio sul disegno veneto del '500, argomento "scottante" e in generale poco trattato alla luce della grande "educazione vasariana". Per il resto non credo ci sia un artista che più di altri mi abbia ispirato, piuttosto credo che il tutto nasca da una somma di cose che competono ambiti diversi. Dalla pittura alla musica, dal teatro alla letteratura tutto filtrato dall'esperienza e dal gusto personale.
Se ti chiedessi di definire il tuo stile in poche parole?
Confuso, disordinato, spesso grossolano... se vogliamo farlo passere come qualcosa di colto: eclettico direi.
Quando dipingi, il tuo scopo è quello di trasmettere e confrontare le tue emozioni e le tue idee, quello di portare il tuo stile più vicino possibile al tuo bello ideale o semplicemente quello di spingere la tua cifra stilistica a nuove sperimentazioni? Esternare, perfezionare o sperimentare?
Dipingere è un po come respirare, lo si fa con un motivo preciso certo, ma anche involontariamente. Quello che mi porta a farlo è la mia natura, i ragionamenti che metto in atto sono intimamente legati alla pittura. Non so bene come spiegarlo. Diciamo che il motivo per il quale ogni giorno continuo a farlo nonostante i molti impegni è ampiamente descritto nelle parole che hai usato tu per farmi la domanda. Prendi quelle parole, mettile in un frullatore (o nel mio cervello) e quello che ne esce, forse, svela il segreto che cerchi di scoprire con questa domanda.
Vedi la pittura più come puro esercizio stilistico o pensi che essa possa avere una funzione sociale?
La pittura, come tutta l'arte in generale, può essere entrambe le cose, è proprio questo che fa dell'arte un elemento infinito e in continua evoluzione.
Qual è, se ce n’è una, la tua opera preferita? Ce la puoi recensire brevemente?
Non ho un'opera preferita, ma se proprio dovessi citarne una che mi viene in mente, direi la piccola "Natura Morta" di Giorgio Morandi che si trova conservata presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna a Roma. In quel piccolo dipinto di 25-30 cm c'è tutto quello che serve per fare di una tela un'opera d'arte e di Morandi un grande artista. Sintesi, stile, ricerca, spirito del tempo, e tanta ma proprio tanta passione che nasce da una sconfinata voglia di guardare al mondo (anche quello delle piccole cose) con occhi diversi. Vivere una vita anche solo per realizzare quell'opera, non sarebbe una vita sprecata. Vorrei averla dipinta io.
E tra le tue, di opere?
Non ho tra le opere realizzate una mia preferita, credo che ognuna sia stata il frutto di un ragionamento nato in un dato periodo della mia produzione. Ci sono però tre serie che credo siano riuscite meglio di altre, la prima è la serie "Alberi" che conta diversi disegni su carta realizzati con la penna biro. In queste opere ho cercato di raggiungere e perfezionare il mio livello grafico più alto. C'è poi la serie "Italian Graffiti", composta da diversi dipinti ad olio su carta i cui soggetti sono tratti da paesaggi urbani. Roma vista con gli occhi di un americano un po anni 70-80... Un'immagine diversa dell'Italia, di Roma per l'esattezza che spesso nelle sue zone di periferia si presenta molto più simile a New York rinnegando un po la sua storia. L'atra serie che trovo più azzeccata è l'ultima in termini di produzione, si intitola "Omaggio ai miei Orrori". Nata da una conversazione stimolante fatta con amici e addetti ai lavori in quest'ultimo periodo della mia vita che forse è stato il più difficile che abbia mai vissuto.Mi sono riscoperto più espressionista di quanto avessi potuto immaginare ed ho iniziato una produzione a collage e tecnica mista su carta che ha spinto le mie riflessioni verso un pessimismo-pragmatico che non credevo di avere. Ne sono nate una quarantina di opere in meno di un mese. Una produzione compulsiva che, lo dico con orgoglio, ha portato molte collaborazioni nuove e diversi piccoli successi personali. Forse "Omaggio ai miei Orrori" rispecchia la vera sintesi di una ricerca che avevo iniziato molti anni fa e che, col tempo e gli impegni, avevo dimenticato di nutrire. Le passioni vanno coltivate, non bisogna mai perdere il contatto con le idee stimolanti perchè si rischia di accantonarle. Stavolta l'ho imparato e spero di non commettere due volte lo stesso errore.
A me è piaciuto molto il ritratto che campeggia sull’homepage del tuo sito, “Il Principe del Catria”. Ce ne puoi parlare?
Fa parte di una serie intitolata "Glokal". Un progetto che ha
fatto nascere una mostra nel 2008 a Frontone un piccolo paese nelle
Marche. Insieme a Francesca Aristei, abbiamo relizzato 30 ritratti degli
abitanti più caratteristici di questo paese, giocando sulla dicotomia
globale-locale. Un po come dire "tutto il mondo è paese..." insomma.
Il dipinto nasce dallo scatto fatto a questo anziano signore
(vorrei precisare che per ogni persona occorrevano in media 200 scatti a
lui è stato possibile farne solo 3). Persona scostante ma dallo sguardo
arguto e intelligente, che per tutta la vita ha solcato le verdi terre
del Monte Catria. Tutto quello che so di lui è in quel ritratto.
Racconta la stessa storia che ho immaginato quando l'ho visto. Una vita
condensata in un'immagine e completamente inventata dalla mia
immaginazione sulla base delle storie che mi sono state raccontate sul
suo conto. Una curiosità. Il fondo dell'opera è tratto da un dipinto di
Ghirlandaio che ritrae un uomo con protuberanze nasali molto simili a
quelle del mio personanaggio.
Da dove ti proviene l’ispirazione per dipingere un quadro?
L'ispirazione non esiste! Sono un pragmatico, anche se non ho dimenticato come si sogna, come si pratica l'esercizio della fantasia. Un quadro nasce da un'esigenza e questa, a sua volta scaturisce da tutte le esperienze che abbiamo accumulato. Ho imparato a dipingere più dagli scrittori e dai poeti che dai pittori. Con questo però non voglio vantare un'erudizione che non possiedo anche se per rispondere ho dovuto segretamente citare Ernest Hemingway. Questa domanda in realtà richiede un esame di coscienza molto più approfondito, una domanda che pur nella sua semplicità non è affatto scontata.
Che consiglio daresti ad un giovane artista deciso a “vivere d’arte” in momenti così difficili come questi che la nostra società sta vivendo?
Il mio consiglio sarebbe quello di smettere immediatamente! Ma
tanto non ascolterebbe. Un vero artista non si preoccupa se il tempo nel
quale vive è propizio o meno, realizza, compone, esegue, dipinge e
basta. Certamente gli direi di non essere troppo prudente. Per citare
uno dei maestri dal quale ho avuto il privilegio di formarmi, Gino
Marotta gli direi di: spiare sotto la "gonnella" della sociatà e poi di
spingersi oltre. Far rendere conto al mondo che l'arte misura le sue
riflessioni sulla base di discorsi senza regole o su regole senza
discorsi.
Dovrà cercare la sua "formula" e lavorarci su per tutta la vita.
Un consiglio difficile da dare... dopotutto io sto ancora cercando la
mia di formula!
Grazie per la collaborazione, Roberto e non smettere mai di coltivare le tue passioni ed i tuoi sogni.
Simone Pisani
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