Alle 9 della mattina del 16 marzo 1978 , in via Fani a Roma , mentre uomini travestiti da avieri ,sbucati da una siepe antistante il bar "Olivetti", ed altri fuoriusciti da due veicoli assassinavano 5 componenti della scorta del presidente della Dc Aldo Moro, prelevato con la forza dal veicolo ministeriale , c'era ad assistere , presumibilmente sul marciapiede opposto, un uomo in cappotto , poi rivelatosi essere il colonnello Camillo Guglielmi .
Guglielmi all'epoca era aggregato al servizio
segreto italiano e soprattutto era istruttore di "Gladio" , organizzazione
paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay Behind,
promossa dalla Cia americana gia' nel 1954 e organizzata per contrastare una
possibile invasione in Europa da parte dell' Unione Sovietica .
La
fondamentale scoperta arrivo' solo nel 1990 , 12 anni dopo i tragici
eventi di Via Fani , dalle confidenze di Ravasio , un ex carabiniere anche lui
in forza al Sismi nei giorni del
sequestro Moro , e diede quindi la possibilita' alla procura di
Roma di chiamare il colonnello Guglielmi a rendere dichiarazioni in
tal senso.
Il p.m De Ficchy nel 1991 , quindi , raccolse la testimonianza dell'agente del Sismi , il quale confermo' la sua presenza in Via Fani nei momenti del sequestro dell' onorevole Moro , giustificandola con il fatto che era stato invitato a pranzo da un suo collega , il colonnello D' Ambrosio , che abitava in quella zona , precisamente in Via Stresa 117 .
Tale versione , molto opaca , venne subito definita "inverosimile" dall'allora procuratore generale , considerata l'ora in cui si era
verificato l'eccidio , alle 9 della mattina , nonostante la stessa verra'
successivamente confermata dall’amico in questione , che aggiunse
la presenza della moglie del colonnello nella sua abitazione. (Interrogatorio di Camillo
Guglielmi, del 16/5/1991, in Commissione Moro 2, seduta del
24/03/2015, pag.23)
Come
si puo' pensare ad un caso , quando emerse inequivocabilmente la
presenza , sul luogo del piu' rilevante episodio di sequestro di un
uomo politico in occidente dalla fine della seconda guerra mondiale ,
di un alto esponente di una organizzazione segreta paramilitare ,
finanziata ed organizzata dai servizi di intelligence americani , con
rapporti stretti con l'allora servizio segreto italiano
(Sismi) di cui lo stesso Gugliemi faceva parte ?
Le
brigate rosse sequestrarono Aldo Moro “sotto gli occhi” di un
uomo che , in quel momento, ricopriva il ruolo di istruttore di tecniche
di guerriglia , anche urbana , degli allora membri
dell'organizzazione paramilitare anticomunista Gladio , operante in
suolo italiano , circostanza , questa , che era gia' emersa negli
atti processuali e dalle dichiarazioni dello stesso colonnello nel
corso del processo di secondo grado su quei fatti .
Inoltre
se c e' una cosa per la quale sono tutti d'accordo: magistrati e Br ,
e' la presenza della Honda blu in via Fani in quel tragico 16 marzo
del 1978 , con 2 uomini a bordo che coprirono la fuga del commando ,
attentando anche alla vita di un ignaro passante e che si rivelera' collegata alla presenza del colonnello Guglielmi sui luoghi del sequestro.
Ebbene gli stessi capi brigatisti , partecipanti all'eccidio , hanno sempre ammesso la presenza della moto ma negato che a bordo ci fossero due loro
uomini e da quella moto si spararono , come e' stato accertato ,
gli unici colpi verso un civile presente sulla scena del rapimento,
l'ingegner Alessandro Marini, uno dei testimoni più citati dalla
sentenza del primo processo Moro e che si salvò solo perché cadde
di lato quando una raffica partita da un piccolo mitra fu scaricata
contro di lui ad altezza d'uomo proprio dal passeggero della moto. I
proiettili frantumarono il parabrezza del motorino con il quale
l'ingegnere cercava di passare all'incrocio tra via Fani e via
Stresa.
C'e'
poi un ulteriore "mistero" su questi due uomini che agirono da estrema copertura dei
brigatisti .
"Tutto
è partito da una lettera anonima scritta dall'uomo che era sul
sellino posteriore dell'Honda in via Fani quando fu rapito Moro.
Diede riscontri per arrivare all'altro. Dovevano proteggere le Br da
ogni disturbo. Dipendevano dal colonnello del Sismi che era lì , il
colonnello Guglielmi". Enrico Rossi, ispettore di polizia in
pensione, fara' queste clamorose dichiarazioni nel 2014 all'Ansa , rivelando per la prima volta la sua incredibile
scoperta
La
lettera, raccontera' Rossi, iniziava così: "Quando riceverete
questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte
come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho
fatto e di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi
fatti. Ora è tardi, il cancro mi sta divorando e non voglio che mio
figlio sappia. La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo
alle dipendenze del colonnello Camillo Guglielmi , con me alla guida
della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro
compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi
di qualsiasi genere. Io non credo che voi giornalisti non sappiate
come veramente andarono le cose ma nel caso fosse così, provate a
parlare con chi guidava la moto, è possibile che voglia farlo, da
allora non ci siamo più parlati, anche se ho avuto modo di
incontralo ultimamente...".
L'anonimo fornì anche
concreti elementi per rintracciare il guidatore della Honda. "Tanto
io posso dire, sta a voi decidere se saperne di più".
A Rossi, che ha sempre lavorato nel reparto antiterroristico della polizia di stato, la lettera arriva nel suo ufficio nel febbraio 2011 "in modo casuale: non è protocollata e non sono stati fatti accertamenti, ma ci vuole poco a identificare il presunto guidatore della Honda di via Fani". Sarebbe lui l'uomo che , secondo l'ingegner Marini, assomigliava nella fisionomia del volto ad Eduardo DeFilippo.
"Chiedo di andare avanti
negli accertamenti" , continua Rossi , "chiedo gli elenchi di Gladio,
ufficiali e non, ma la pratica rimane ferma per diverso tempo.
Alla fine opto per un semplice accertamento amministrativo: l'uomo ha
due pistole regolarmente dichiarate. Vado nella casa in cui vive con
la moglie ma si è separato. Non vive più lì. Trovo una delle
due pistole, una beretta, e alla fine, in cantina poggiata o vicino
ad una copia cellofanata della edizione straordinaria de La
Repubblica del 16 marzo con il titolo 'Moro rapito dalle Brigate
Rosse', l'altra arma. E' una Drulov cecoslovacca, una pistola
da specialisti a canna molto lunga che può anche essere scambiata
per una mitragliatrice"
Rossi insiste nelle sue indagini e vuole interrogare
l'uomo che ora vive in Toscana con un'altra donna : "Chiedo di far periziare le due pistole ma ciò non accade".
Ci sono tensioni all'interno del suo comando e alla fine l'ispettore, a 56 anni, va in
pensione, convinto che si sia persa "una grande occasione perchè
c'era un collegamento oggettivo che doveva essere scandagliato".
Poche settimane dopo una "voce amica" gli fara' sapere che
l'uomo della moto era nel frattempo deceduto e che le pistole erano state distrutte.
Rossi attende molti mesi , dall'agosto 2012 , prima di rivelare quello che aveva scoperto, poi
decide di farlo, "per il semplice rispetto che si deve ai morti"
Lo stesso rispetto che si dovrebbe all'intelligenza dei vivi oggi , ormai maturi , dopo 42 anni , per conoscere i chiari collegamenti tra la situazione geopolitica del tempo ed il sequestro piu "anomalo" della storia , in un l'Italia , quella degli anni settanta , ago della bilancia politica del patto Atlantico : Legata a doppio filo agli Usa ma con una forte contraddizione al suo interno e cioe' la presenza "ingombrante" dell' allora partito comunista con piu' consensi in occidente .
Lo stesso partito comunista che “minacciava” il suo ingresso nel governo Andreotti proprio grazie a quell'uomo democristiano , mite ma testardo , che fu assassinato il 9 maggio di 42 anni fa ,dopo 55 drammatici giorni di prigionia .
Cristian Coppotelli per UnfoldingRoma
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