UN PONTE PER ANNA FRANK. LA STORIA CHE UNISCE L'UMANITÀ.
A Livorno, con esattezza a Rosignano Solvay, da 5 anni, come il più bel germoglio di speranza in un periodo ancora arido, nasce l'associazione "Un ponte per Anna Frank" dall'entusiasmo di Federica Pannocchia. L'associazione-Partner italiano de La casa di Anna Frank- utilizza la storia di Anna Frank e la sua positività per incoraggiare le persone a lottare per un mondo migliore analizzando le conseguenze causate dalla discriminazione, dai pregiudizi e dall'indifferenza, atteggiamenti che riscontriamo, ancora oggi, in numerosi casi.
Federica Pannocchia, con gentilezza ed entusiasmo, si è prestata a rispondere ad alcune domande.
Anne Frank rappresenta tutti quei bambini che, ancora oggi, sono. vittime della persecuzione e delle ingiustizie.
Come nasce quest’associazione?
Avevo dodici o tredici anni quando presi per la prima volta in mano “Il diario di Anna Frank”, una delle prime testimonianze della storia che ho letto. Adoro scrivere e lo faccio da quando avevo sette anni. Con la protagonista del diario ho sempre condiviso questa passione e per questo motivo mi sono sentita molto vicina a lei, molto legata. Pur, poi, avendo portato avanti altre esperienze nella crescita, come l’essermi trasferita a Londra e aver fondato una scuola di danza, non mi sono mai dimenticata dei valori acquisiti dalla lettura e comprensione di quel libro che continuamente mi porta alla riflessione di come ancora oggi perseverino ingiustizie simili. Nel 2014 ho scritto un romanzo dal titolo "Quando dal cielo cadevano le stelle" che racconta la storia di Lia, ragazzina romana deportata in campo di concentramento attraverso il rastrellamento umano del 16 ottobre1943. La documentazione per questo libro mi ha portato in contatto con la signora Cara Wilson Granat (scrittrice e autrice statunitense che per otto anni ha corrisposto con il padre di Anna Frank). Cara mi ha fatto un grande dono raccontandomi il suo rapporto con la famiglia Frank e, a sua volta, mi ha messo in contatto con Buddy Elias, cugino di Anna Frank, deceduto nel 2015. Questi ultimi mi ha raccontato moltissimo di se stesso, delle sue passioni, della sua infanzia con Anna e, parlando e confrontandoci, ci siamo resi conto che in Italia era inesistente un centro un’associazione che, con onore, avrebbe portato il nome di Anna Frank, a differenza di quanto già esiste nei paesi esteri. Ecco che ho avvertito il bisogno di fondare quest’associazione senza voler mettere la sua figura su un piedistallo.
Quindi Anna Frank è un mezzo, un termine di paragone ed emblema e simbolo del mondo degli emarginati.
Esattamente. Anche perché Anna ha creduto fino all’ultimo nell’intima bontà dell’uomo, nonostante tutte le brutture in cui viveva. La sua speranza, nel periodo storico che stiamo vivendo, è ancora più sentita e ne abbiamo ancora più bisogno.
Vedendo il sito, comunque, molti sono eventi e non soltanto, che si aggirano intorno alla figura di Anna Frank, o tematica della Shoah, come: organizzazione del viaggio ad Auschwitz ogni Febbraio, programmi educativi nelle scuole anche con i sopravvissuti, o il progetto di cortometraggio dal titolo Il nostro nome è Anna Da un'idea di Federica Pannocchia, Presidente dell'Associazione di volontariato Un ponte per Anne Frank (regia: Mattia Mura Prodotto da: Studio Emme di Sergio Martinelli e Sara Martinelli e da Helix Pictures, Sceneggiatura definitiva: Cristiana Bertolotti con protagonista Ludovica Nasti). Per cui Anna Frank è molto presente.
La nostra associazione è i partner italiano della casa di Anna Frank di Amsterdam quindi lavoriamo moltissimo con la figura della giovane scrittrice perché è una figura in cui rifletterci, come “scusa” per parlare della memoria, su ciò che è successo e non deve riaccadere. Lavoriamo moltissimo anche con gli studenti nelle scuole. Abbiamo, infatti, laboratori che portiamo nelle primarie e secondarie proprio perché io, personalmente, adoro parlare e confrontarmi. Dalla storia narrata in quel diario ci evolviamo in un INSIEME e analizziamo il nazionalsocialismo fino ad arrivare a oggi, alle problematiche della società. Nasce così un meraviglioso scambio di crescita costante e perpetua.
Che range di età ricoprono gli studenti?
Partiamo dai bambini di sette anni a quelli della quinta superiore.
I più piccoli come reagiscono di fronte a questi racconti?
Con loro ci approcciamo in maniera più delicata. I nostri laboratori, ovviamente, variano in base all’età dei partecipanti. Raccontiamo loro una storia partendo dal presupposto che Anna è una ragazzina che è vissuta veramente e ci concentriamo sulla sua infanzia felice rubatagli, poi solo perché ebrea. Di conseguenza nascono varie tematiche tra cui: il valore della famiglia, della libertà, su cosa significava essere ebrei parlando loro anche della deportazione, naturalmente con i piedi di piombo onde evitare di dare loro dei traumi. Loro sono molto partecipativi con molte altre domande perché cercano di capire come sia possibile, appunto, dare un senso razionale alle barbàrie. Mi faccio, poi, raccontare se hanno vissuto qualcosa che li ha particolarmente colpiti e cosa avremmo o potremmo fare oggi per risanare delle falle.
E i più grandi?
Con loro ci soffermiamo a toccare argomenti più mirati come la complessità della storia e della vita umana, la differenza tra vittima e carnefice. Ne segue, poi, un laboratorio di scambio di idee non soltanto con insegnanti ma anche tra coetanei, imparando a conoscere chi abbiamo accanto. Sempre con loro partiamo per Auschwitz in collaborazione con l’associazione DEINA di cui siamo referenti toscani
Per cui per voi fare rete è importante
È uno dei nostri scopi principali. Noi lottiamo per i nostri scopi di tolleranza e pace. Collaboriamo con comuni e biblioteche, associazioni e fondazioni sia italiane che estere.
Tra gli incontri che organizzate quale è stato quello più importante, quello che ha lasciato il segno?
Due sono gli incontri a me più cari: il primo è quando ho conosciuto Liliana Segre. Non era ancora senatrice a vita, sono entrata in contato con lei via mail e dopo sono andata a Milano a incontrarla di persona, a casa sua. Grande l’emozione, ancora oggi, al ricordo della sua accoglienza a braccia aperte, dimostrandosi una Donna eccezionale, dal cuore buono. Mi ha raccontato un po’ della sua storia informandosi, poi, della mia associazione. Tutt’oggi siamo in stretto contatto e mantengo vivi i rapporti proprio perché la senatrice ha a cuore i programmi del progetto.
incontro è quello con Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz-Birkenau, che ha dato una sua testimonianza a Ostia ad alcuni ragazzi della mia associazione. Attraverso i suoi occhi ho potuto vedere la sofferenza, il dolore comportato anche dal lutto della sorella, una distruzione che si è tramutata in costruzione attraverso testimonianze.
Chi si avvicina alla vostra associazione?
Range di età?
È aperta a tutti. Riceviamo principalmente mail da scuole che prendono parte ai nostri progetti educativi e da privati, da famiglie, che decidono di avvicinarsi alla nostra associazione, di avvicinarsi ai programmi e seguire quello che facciamo anche soltanto virtualmente. Abbiamo una pagina facebook molto attiva che conta più sei 12.000 sostenitori. È bello poter pensare questo recipiente come una grande famiglia per Un ponte per Anna Frank
Tra l’altro abbiamo tanti giovani motivati che si avvicinano a tal punto da proporsi come volontari.
Ci saranno futuri progetti nell’evoluzione dell’associazione?
Nel 2020 ci concentreremo soprattutto nella promozione e divulgazione de “Il nostro nome è Anna”. Un anno e mezzo fa ho scritto il soggetto e la prima versione della sceneggiatura con l’intenzione di puntare l’occhio di bue sugli ideali di Anna Frank oggi attraverso una storia contemporanea, basandomi su una mia esperienza personale avuta con i ragazzi durante i miei laboratori, ossia raccogliendo le voci di questi esperienze di bullismo o di emarginazione altra.
Ludovica Nasti interpreta in maniera magistrale la piccola grande donna che ha fatto la nostra storia. Al suo fianco Adelmo Togliani, Serena Bilancieri, Licia Amendola e Claudio Mazzenga. Mi reputo una donna molto molto fortunata perché ho trovato persone che hanno capito e condiviso subito il mio ideale.
Per il resto posso dire che dal 2016 a oggi è cambiato il nostro approccio: focalizziamoci sul fatto che il periodo storico è cambiato! Ci sono molti atteggiamenti antisemitici e di odio. Nostro scopo è di raccoglierci in un cerchio quanta più gente possibile per educarci insieme a un confronto costruttivo per trovare insieme una soluzione. Alla fine ognuno di noi, indipendentemente dalla propria religione, dal proprio paese di provenienza, dal colore della nostra pelle, è un essere umano, deve godere degli stessi diritti, come anche quello di libertà di parola e movimento. Non soltanto: chiunque deve prendere una propria posizione a partire dall’adolescenza.
Come vivi la situazione della cultura in Italia?
A me piace lavorare anche con giovani che non hanno una cultura proprio molto ricca però riusciamo, attraverso le nostre esperienze, a farli uscire anche dalla loro confort zone. Perché per me la cultura permette di sapere, di poter prendere delle scelte e questo deve andare di pari passo con l’educazione. Soltanto in quel modo possiamo essere individui attivi e prendere decisioni per creare riflessioni atte alla crescita e consapevolezza nei propri valori.
Hai un messaggio da lasciare?
Il mio motto parte da una frase del Diario di Anna Frank e recita:
Che bello il fatto che nessuno debba aspettare un momento particolare per iniziare a migliorare il mondo
Con quest’associazione da cinque anni mi si è aperto un mondo e una possibilità di avere una seconda famiglia che ogni giorno si allarga, divento il tutto nel segno della gratitudine, entusiasmo e umiltà.
Sito : http://www.unponteperannefrank.org
Pagina facebook: facebook.com/unponteperannefrank
Maria Francesca Stancapiano
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