Presentato alla sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione “Alice nella Città” ed interpretato da Francesco Ferrante (al suo esordio cinematografico), Francesco Di Leva, Denise Capezza, Gigio Morra e Renato Carpentieri, “Un mondo in più” segna il debutto alla regia di un lungometraggio del campano Luigi Pane.
Il film drammatico della durata di 109’ racconta la storia di Diego (Ferrante), adolescente introverso e dalle idee chiare, che vedrà la propria vita stravolgersi in seguito all’arriva della bellissima, misteriosa e indomabile Tea (la Capezza di cui sopra), insediatasi nella casa del ragazzo e del di lui padre (il sempre bravo Francesco Di Leva) per scampare ad un pericolo di morte dopo che il suo fidanzato è stato gravemente ferito in un attentato camorristico.
E qui potremmo concludere il grosso del riassunto della trama di un film che, ad una prima visione, sembra immediatamente mostrare un gran pregio e ossia quello di essere animato da ottime intenzioni che si tramutano in più che buone immagini filmiche.
A partire dall’adolescente solitario appassionato di fotografia che si presenta sin dall’inizio della storia con la maglia rappresentativa del Cinema America Occupato in quel di Roma (città dove la storia è completamente ambientata), fino ai rimandi a quella cronaca che ci ha restituito qualche anno fa un ragazzino di Torre Maura (complicato quartiere della periferia romana) nell’atto di fronteggiare con coraggio ed intelligenza alcuni esponenti di Casa Pound che protestavano per l’arrivo di alcune famiglie rom nel “loro” spazio, il film affronta – senza banalizzare e con una piacevole attenzione che non casca nel cliché – una sequela di argomenti molto attuali e tutti di un’importanza non secondaria.
Prendendo la pandemia da Covid 19 come minimo comune denominatore e inserendo all’interno del tessuto narrativo temi quali la Dad, la difficilissima convivenza tra etnie diverse – convivenza esacerbata anche da propagande che mirano alla creazione del conflitto tra gruppi più che alla loro coabitazione- e il bullismo scolastico con spruzzate di Revenge Porn, Pane firma un’opera ricca ma non dispersiva.
Certo è difficilissimo inserire così tanti spunti di riflessione senza correre il rischio di perdere la strada, ma anche grazie a degli attori che non forzano la mano – positivissima, ad esempio, la prova di un Di Leva che suona corde finora inutilizzate del suo registro recitativo, interpretando un padre ed un amante ( di una donna di colore) affettuoso – il regista dirige molto bene l’ensemble a sua disposizione ricreando una sinfonia delicata che non spinge sull’acceleratore solo per il gusto di farlo. Certo il rischio in casi come questo – casi in cui si ha sovrabbondanza di materiale drammaturgico - è quello di lasciare con l’acquolina in bocca lo spettatore che delle pietanze avverte spesso solo la fragranza senza avere il permesso di poterle mordere come vorrebbe, ma c’è da dire che all’interno di quest’opera tale rischio si riduce al minimo grazie ad una più che sufficiente capacità di equilibrare il tutto.
Il film è piacevole, scorrevole e non annoia. Presenta tratti del romanzo di formazione, affida un‘importante dose di carica erotica ad una bellissima quanto brava Denise Capezza (già vista tra le altre cose in nella serie televisiva “Gomorra”) che ha picchi di qualità veramente notevoli e si tinge anche di dramma sociale affidando al veterano Gigio Morra gli echi drammatici delle organizzazioni criminali che portano con sé tutto un insieme di dolori e disperazioni che il nostro cinema e la nostra televisione hanno tanto abbondantemente trattato.
Lasciano, ad essere onesti, un po' perplessi alcune scelte di montaggio sonoro che sembrano appartenere più ad una dimensione da saggio accademico che non a quelle dell’autorialità, ma nel complesso il film segna la nascita di una promettente voce della nostra cinematografia.
Nella speranza che, come dice il personaggio interpretato dal sempre mastodontico Renato Carpentieri – granitico nella sua bravura quasi aliena -, dalle sconfitte (pochissime in questo caso, ad ogni modo) si traggano importanti occasioni di riscatto e che non si perda mai la voglia di leggere, leggere e leggere. E ossia, studiare, conoscere, crescere.
Che non sarà un caso che il nume tutelare di tutta quanta l’operazione è senza dubbio il Poeta Pier Paolo Pasolini.
Giuseppe Menzo
© Riproduzione riservata