La maison luxury BVLGARI insieme al Museo Maxxi, promuovono e premiano, per la terza edizione, il lavoro di giovani talenti dell'arte contemporanea, selezionati per la loro visione innovativa e sperimentale.
Il premio parte da lontano, da un'accurata selezione di tantissimi candidati, un team esperto, composto da direttori di musei e illustri curatori come Hoor Al Qasimi Presidente e Direttrice Sharjah Art Foundation Emirati Arabi Uniti, Chiara Parisi Direttrice Pompidou-Metz, Dirk Snauwaert Direttore WIELS Contemporary Art Centre di Bruxelles, con Hou Hanru Direttore Artistico MAXXI e Bartolomeo Pietromarchi Direttore MAXXI Arte, individuano due candidati ciascuno, successivamente un pool di giurati, evidenziano tre finalisti e decretano il progetto vincitore. Questo artista avrà la possibilità di produrre l'opera, realizzarla e avere una mostra personale, inoltre il museo acquisterà l'opera entrando a far parte della collezione del Maxxi.
Anche per questa terza edizione la missione dell'iniziativa è stata ricercare, scoprire sostenere e consolidare l'opera di artisti italiani e stranieri, che avessero presentato un progetto di coinvolgimento etico, sociale e politico, sottile, colto e calibrato che lasciasse allo stesso tempo ampio spazio all'interpretazione dello spettatore. I finalisti sono Alessandra Ferrini, Silvia Rosi e Namsal Siedlecki, presentano nella panoramica Galleria 5, al terzo piano del Museo Maxxi, a cura di Giuliana Ferrucci, opere che raccontano porzioni di storia indispensabili per scavare in tematiche complesse e articolate, attente alla sensibilizzazione delle grandi urgenze politiche e sociali, consapevoli dell'importanza della storia, delle radici e del passato. I tre artisti sono nati tra gli anni 80 e 90 e hanno, esposto negli ultimi due anni, nelle istituzioni pubbliche i loro progetti, venendo già favorevolmente notati dalla critica internazionale.
La giuria intervistata dichiara: “Alessandra Ferrini, Silvia Rosi e Namsal Siedlecki sono stati scelti per la capacità di esprimere la diversità estetica, la sperimentazione e la produttività della giovane generazione artistica italiana attraverso un uso innovativo dei mezzi espressivi, dalla scultura alla fotografia e installazioni multimediali. Per l’urgenza manifestata nelle loro pratiche di immaginare il futuro, affrontando la questione ecologica attraverso la trasformazione della materia, ripensando e ridefinendo la questione dell’identità culturale e della realtà geopolitica in relazione alle conseguenze della colonizzazione e delle trasformazioni socioculturali nel contesto globale”.
La mostra ci accoglie nel luogo più bello del Museo, con teche contenenti oggetti che sono serviti all'indagine costruttiva del progetto.
Alessandra Ferrini vive e lavora a Londra, espone in queste vetrine d'ingresso, riviste, ritagli di giornale, documentazione fotografica e cartacea. La sua opera è un'installazione in tre tempi, complessa e nello stesso tempo semplice e puntuale. Scioccante perdersi nella dietrologia degli eventi. Propone un'indagine storiografica, nata da un processo archivistico, frutto di ricerche durate sei anni, incentrate sulla visita del leader libico, tra personaggi politici omaggianti e altri indispettiti. Un episodio accaduto nella capitale: la visita show di Muammar Gheddafi a Roma del 2009. "Gaddafi in Rome: Nates for a film" è un'analisi attenta di una lunga giornata, preceduta e posticipato da fatti di matrice colonialista, che sono purtroppo ancora attuali.
Personalmente ho trovato interessantissimo ripercorrere quella parte di storia, avendo una visione più distaccata ed indagare atteggiamenti dei protagonisti, volutamente dalla stampa dell'epoca, poco considerati ma fondamentali per una lettura geopolitica dell'accaduto. Però fuori luogo per una rassegna artistica, anche se d'avanguardia.
Molto coinvolgente la sezione di Silvia Rosi, italo - togolese. Lei, con la fotografia ripercorre i percorsi migratori che l'hanno portata in Italia, il viaggio della memoria per comprendere come ricordiamo e perché dimentichiamo. La preparazione dell'opera principale, che ci accoglie all'entrata della Galleria, consiste nel pronunciare insieme alla mamma originaria del Togo, in italiano e in lingua Mina, i nomi degli oggetti di uso comune presenti nella teca. Tutto evoca sonorità di terre lontane, sfruttate dai tedeschi, colonizzatori del paese.
Il suo progetto parte da un'immagine lontana, nella memoria d'infanzia, di sua madre, mentre trasporta oggetti sulla testa dal mercato di Lomè. Da qui il desiderio di ripercorrere il solco delle sue radici, dell'identità, della cittadinanza e dell'appartenenza. Silvia Rosi lavora con la fotografia e i video e la sua opera è ispirata ai racconti tramandati oralmente da generazioni, in stile della tradizione africana occidentale. Il suo lavoro mette in evidenza la complessa trama dei ricordi e dei retaggi culturali, le esigenze personali e collettive. Fotografie e immagini in movimento, fondali di stoffe colorate, suoni e parole togolesi. L'opera "Teacher Don't Teach Me Nonsense" indaga il potere del linguaggio come elemento generativo dell'identità di un individuo e di un popolo.
Ultimo, ma non ultimo per importanza e messaggio, il finalista Namsal Siedlecki. Come artigiano digitale propone "Nuovo Vuoto", viaggio metaforico negli spazi vuoti all'interno delle sculture in bronzo fuse a cera persa. Come un moderno alchimista si muove tra effimero e permanente. Diplomato in scultura nel 2010, nasce negli Stati Uniti ma si trasferisce in Italia, dove vive e lavora tuttora. Nella sua sperimentazione artistica, i viaggi nel mondo, contaminano il suo percorso artistico, come le tecniche scultoree apprese a Kathmandu. Namsal Siedlecki pone sempre grande attenzione ai materiali e alle loro potenzialità. In mostra grandi mani, che grazie ai loro pieni e vuoti, incarnano la consapevolezza di un equilibrio primordiale perduto, un continuo dialogo tra passato e presente, tra cultura e spiritualità.
Tutti e tre finalisti presentano una visione del mondo, della sua criticità e della sua bellezza fatta di un passato e un futuro che non possono che intrecciarsi per un accettabile presente. Ancora una volta il Premio si conferma essere un bacino sperimentale di accoglienza e ascolto per progetti artistici contemporanei. A ottobre sarà decretato il vincitore.
Chiara Sticca
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