Tutte le stelle sono destinate a morire e quelle più massive vanno incontro a una fine spettacolare e tra le più catastrofiche dell’universo. D’altronde, ogni ombra è legata alla sua luce. Un’implosione, e tutto il fuori è dentro. Un’esplosione e tutto il dentro è fuori. Implosione: un tilt che fagocita, che trattiene, che sopporta e nasconde nell’ombra. Un movimento bulimico di un corpo, di una mente, di una massa esageratamente grande, che finisce col restituire violentemente quell’ombra, in tutta la sua luminosa potenza.
Buchi neri e vuoti di memoria è un progetto nato dalla sinergia che si è venuta a creare tra i disegni a matita di Vittorio Pavoncello e le opere su tela di Serena Maffia. Questo progetto è diventato una mostra personale a due, che mette in connessione arte e verso poetico: un maschile e un femminile che si attraggono e si respingono. Dalla mostra ospitata dall’Art G.A.P. Gallery è nato un libro, edito da Progetto Cultura Edizioni, un carosello di poesie che Vittorio Pavoncello ha selezionato con cura insieme a Luciana Raggi. Fra questi poeti, Claudio Fiorentini ha rappresentato il trait de union tra la Galleria Art GAP di Roma e il suo spazio espositivo Captaloona di Madrid. Ed è proprio tra Roma e Madrid che la sincronia spazio temporale de I buchi neri e vuoti di memoria troverà la sua massima rivelazione e diffusione grazie all’utilizzo delle dirette social, che permetteranno di creare un continuum di mostre, letture e performance tra le due città.
Nelle opere di Serena Maffia sono rappresentati corpi nudi di donne, simbolo del loro essere indifese, che prendono forma dai buchi neri esistenziali in cui sono state fagocitate. Silenti buchi neri si ingigantiscono generando pistilli attorno ai quali si sviluppano corpi violati e annientati con veemenza per mano maschile. Linguaggio sintetico, diretto e graffiante. Pittura potente di grande impatto. Larghe pennellate di un rosso acceso, denso e sfumato per amplificare e svelare le anime delle donne violate da uomini feroci, crudeli e spietati, di un algido blu. Spatolate e pennellate di tempera calda e opaca che si assottiglia, mediante maestria grafica, in un tratto finissimo, incisivo e minuzioso quasi calligrafico, su vuoti di memora o di libertà che confonde.
I disegni di Vittorio Pavoncello nascono dal punto primordiale, che non è solo punto nello spazio, non è solo falla nella memoria, ma è un punto che racchiude in sé tutto lo sviluppo possibile. Nelle sue opere tutto ciò che si avvicina al punto / buco nero è sottoposto a cancellature, come se queste volessero inglobare in sé tutto il visibile. L’opera d’arte diventa quindi il punto di non ritorno, dopo il quale ogni cosa diventa buco nero, dimenticanza, oblio. L’orizzonte degli eventi non è altro che un vortice che attrae, risucchia, in quanto ogni cosa che cade oltre questo confine viene inghiottito e non potrà mai più essere visto, nemmeno la luce. Nomi, forme e oggetti: tutto cade all’interno di quel nero cosmico che prima era una stella, un ricordo, una memoria.
D’altronde, ogni ombra rincorre la sua luce. Buchi neri di mente, di corpi, di ricordi, di finestre su di un mondo che forse non c’è più. Falle immense nel corpo sottile. Buchi di una memoria che non vuole essere dimenticata, buchi che rifiutano di essere sé stessi. Il corpo e la mente sono sempre alla ricerca della propria finestra, una finestra che permetta loro di farsi attraversare dalla luce, senza violenza, senza scoppi, senza spasmi. Il corpo e la mente all’epoca delle terre inesplorate, della leggendaria isola di Atlantide situata oltre le Colonne d’Ercole menzionata da Platone nei dialoghi Timeo e Crizia nel IV sec., del cifrario Beale considerato uno degli enigmatici misteri crittografici irrisolti, del satellite fantasma Black Knight o delle luci di Hessedalen, ha saputo vedere una breccia, un barlume, tra gli anfratti dell’ignoto, del vuoto, dell’ombra. Buchi neri non solo come oblio ma anche come barlume, che sia di luce o di speranza poco importa. Luce e ombra, memoria e oblio. Ed è così che, come in un qualsiasi altro viaggio interstellare, anche in questo caso non è dato sapere il punto di arrivo e cosa potrà ancora divenire il progetto Buchi neri e vuoti di memoria nel futuro.
Testo critico di Federica Fabrizi
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