Buona parte dei nostri lettori ha un profilo Facebook e, all’interno di questo, ci sono molteplici comunità di cui si può fare parte. Stiamo parlando dei gruppi, quelle community che il social ci propone oppure quelle in cui qualcuno ci invita. Queste comunità ospitano sotto lo stesso tetto tutte quegli utenti accomunati dalla stessa passione, permettendo loro di confrontarsi sui temi preferiti. I gruppi social sono anche spazi dove le persone possono essere d’aiuto le une alle altre. Basti pensare che oggi, ogni città italiana ha la sua piazza virtuale, dove i cittadini posso cercare e offrire merci o servizi, oppure dove un turista può avere tutte le informazioni che gli servono per muoversi in città, grazie ai consigli che riceve. Non solo svago, dunque, ma anche utilità sociale.
Comunità cristiane, massoneria, società segrete, l’origine delle prime reti sociali si perde nella memoria del tempo. Uno dei modelli storicamente più vicino, è senza dubbio rappresentato dai gruppi di lettura, un fenomeno iniziato nel 1800 a Londra e New York, sbarcato poi anche in Italia. Nati nei salotti delle signore, i gruppi di lettura sono arrivati successivamente alle biblioteche fino ad approdare sui social, che hanno visto questo fenomeno di costume espandersi e aprire le porte non solo ai lettori, ma anche agli scrittori.
Come in ogni società, però, servono regole, pena il rischio di caos e anarchia. Laddove mancano i codici di comportamento e chi ne garantisce il rispetto, è facile incappare in situazioni che troppo spesso degenerano, dando vita a vere e proprie guerre combattute con le armi dell’offesa e dell’insulto. In questo contesto, trovano un habitat ideale i cosiddetti “trolls”, aizzatori del web, utenti che si dilettano ad accendere discussioni con insulti e provocazioni, rovinando, di fatto, l’esperienza degli altri appartenenti alla comunità. Sono gli stessi che attaccano senza un motivo, per partito preso, con l’unico scopo di creare vere e proprie spaccature all’interno del gruppo. Solitamente, entrano nelle community fingendosi interessati ai temi trattati e, puntualmente, decidono di deriderne a priori i contenuti condivisi. Come accorgersi della presenza di un “troll”, che striscia, a volte, anche col benestare degli amministratori, giusto per creare movimento, che contatta i membri in privato per scopi personali oppure, per il principio di psicologia inversa, che tenta di elemosinare qualche lettore dei suoi deliri? È molto facile, basta controllare le sue le attività nel gruppo e il suo profilo personale. Il “troll”, infatti, quelle rare volte in cui interagisce, non lo fa mai in modo costruttivo e il suo profilo è spesso scarno, farlocco oppure autocelebrativo.
Quindi, perché un gruppo possa essere vivibile e sostenibile, ha necessariamente bisogno di regole e di figure che le facciano rispettare, come in qualsiasi società civile.
Restando in tema letterario, siamo andati a visitare “Scrittori e Scrittrici emergenti”, gruppo a cui si accede, salvo approvazione, e che raccoglie scrittori, lettori e professionisti del mondo dell’editoria. Una grande famiglia virtuale dove l’esperienza viene condivisa tramite attività e contest a cui, puntualmente, i membri partecipano. Fondato nel 2009, oggi, con più di diciottomila iscritti, è uno dei gruppi più popolati del settore. Ma come si vive in questa piccola società virtuale? Per regolamentare tutte le attività, il fondatore Claudio Loy, si avvale di tre amministratori, Lucia Codato, Marcella Garau e Libby Ryan, che svolgono anche attività di moderazione. Responsabile esecutiva e moderatrice è Silvia Negro, mentre l’avvocato Fabio Testa è il supervisore legale che interviene ogni qualvolta sia necessario come, per esempio, quando vengono citati testi, brani, dichiarazioni. Il controllo all’ingresso è quello comune a molti gruppi chiusi; una volta verificato che Il profilo del richiedente sia reale, nel momento in cui viene accettato il regolamento interno, l’utente viene inserito nel gruppo.
L ’attività di monitoraggio e moderazione è sempre molto attiva e presente; le espulsioni ci sono ma, solitamente, vengono vagliate e ponderate da tutto lo staff, in base al caso specifico.
Una macchina che funziona, dunque; un luogo dove, per convivere, è sufficiente rispettare quelle norme di buon comportamento dettate dal buon senso e dell'educazione, replicabili in qualsiasi gruppo o comunità perché siano funzionali e la convivenza possa essere civile.
Benedetta Zibordi
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