Al Vascello Di Roma Eugenio Barba E Il Suo Addio All’isola Magica Del Teatro

Al Vascello Di Roma Eugenio Barba E Il Suo Addio All’isola Magica Del Teatro

Lo spettacolo, interpretato da Kai Bredholt, Roberta Carreri, Donald Kitt, Iben Nagel Rasmussen, Elena Floris e Julia Varley è un’esperienza di grande impatto visivo e sonoro.

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Chissà quanto è opportuno cominciare la recensione di uno spettacolo teatrale con la confessione di non aver capito praticamente nulla dello stesso spettacolo e dichiarando che, sebbene la testa abbia fatto fatica a seguire le vicende “messe in campo”, il cuore a fine serata è tornato a casa colmo di serenità e leggerezza.

Quanto appena premesso è il resoconto emotivo più o meno dettagliato che fa seguito alla visione, presso il Teatro Vascello di Roma, dello spettacolo, scritto e diretto da Eugenio Barba, “Tebe Al Tempo Della Febbre Gialla” dell’Odin Teatret.

Spettacolo che ha debuttato presso il prestigioso spazio monteverdino lo scorso lunedì 26 settembre e che rimarrà in scena fino a domenica 2 ottobre.

Atto conclusivo di un viaggio umano e professionale che dura da circa 60 anni e che ha visto il regista e drammaturgo partire dalla soleggiata Italia per, infine, insidiarsi stabilmente nella località danese di Holstebro, la messinscena in questione rappresenta a tutti gli effetti il commiato artistico – e , per la sensazione avuta, umano – di chi ha segnato in maniera indelebile la Storia del Teatro Mondiale e molto probabilmente anche le vite delle persone che si sono trovate a condividere un pezzo di strada con quello che una volta fu anche saldatore e marinaio nei Mari del Nord.

E proprio da questo “addio” - peraltro concretamente messo in scena dallo stesso Barba che approda all’interno della rappresentazione sul finire della stessa - si potrebbe partire per tentare un resoconto di quanto visto nella serata di ieri.

A mo’ di coevo Prospero che rinuncia ai propri poteri e abbandona l’isola presso la quale ha dimorato dopo l’esilio forzato al quale è stato costretto, Barba sembra dichiarare pubblicamente con pochi gesti e nessuna parola il suo ritirarsi da uno dei mezzi di espressione più antichi del mondo.

Lo spettacolo, interpretato da Kai Bredholt, Roberta Carreri, Donald Kitt, Iben Nagel Rasmussen, Elena Floris e Julia Varley è un’esperienza di grande impatto visivo e sonoro. Gli occhi e le orecchie sono infatti catturati dai movimenti, dalle note, dai canti e dai riti che nella Tebe ormai liberata dalla guerra tra i figli di Edipo si appresta a rinascere sotto l’influenza di un entusiasmo febbrile, come sempre gravido di un erotismo vivido che eccita per la sua potenza generatrice.

Quest’ultimo spettacolo dell’Odin probabilmente conferma e riesalta l’intera summa filosofica della compagnia fondata nel 1964 e che ha fatto della sacralità non religiosa la propria cifra distintiva.

Recitato in un greco antico intermezzato di tanto in tanto – molto poco, a dir la verità – da frasi in italiano che hanno la funzione di reindirizzare lo spettatore “fedele” nell’arco della narrazione, l’azione scenica si fa forte di corpi come al solito guizzanti e di vocalità ancestrali che sembrano richiamare all’ordine divinità regolatrici del caos appena terminato, con l’augurio che una nuova linfa vita si infonda nella popolazione chiamata alla ricostruzione. Tutto lo spettacolo si erge sulla manualità dei suoi attori, sulla loro forza fisica ed emotiva, declinata in canti e musiche allo stesso tempo propiziatori e celebrativi ed in azioni poetiche che necessitano equilibrio, devozione e sottomissione al significato più profondo delle capacità umane.

Oltre sarebbe difficile dire, se non soffermandosi sulle ottime luci di Fausto Pro il cui disegno luci contribuisce impeccabilmente alla creazione di una commozione diffusa che non cede mai il passo alla rassegnazione quanto piuttosto al desiderio di ripartenza.

L’invito è quello di regalarsi quest’ultima possibilità prima che il ritiro di Barba segni un ulteriore spartiacque nel grande disegno dell’arte teatrale.

Giuseppe Menzo

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