Bellezza austera e magnetica, capelli ribelli da "medusa", elegante, colta e controcorrente, Palma Bucarelli operò, con grande apertura culturale, nel mondo artistico. Anche se il suo nome non è così noto, a lei si devono i cambiamenti radicali per una concezione museale moderna e all'avanguardia, concepì il luogo, come punto d'incontro e formazione per critici, letterati, artisti e pubblico. La prima a comprendere che un museo di arte contemporanea potesse essere veicolo di cultura verso orizzonti artistici internazionali e non solo ambiente dedicato alla conservazione di opere. Per la prima volta nella Galleria Nazionale vi furono manifestazioni, conferenze, mostre temporanee e didattiche.
Dispotica, generosa, bellissima, con i suoi occhi verdi incantò e infastidì. Definita "la signora dell'arte contemporanea" e "regina dei quadri", fu la prima donna direttrice di un museo in Italia, lavorò in un mondo di uomini e fu per tutta la sua lunga vita amata e odiata senza mezze misure. Il suo nome è indissolubilmente legato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ne fu storica e sovraintendente dal 1942 al 1975. Addirittura, fu la sua casa, e come sempre avvenne nella sua vita, labile fu il confine tra lavoro e vita.
Nacque a Roma il 1910 e la sua carriera iniziò a 23 anni assegnata alla direzione della Galleria Borghese, seguì un breve periodo a Napoli e il ritorno a Roma, grazie alle intercessioni del marito, il giornalista Paolo Monelli, sposato solo dopo moltissimi anni di convivenza. Compagna di università di Carlo Argan mantenne questa preziosa amicizia fin alla morte.
Il suo grande merito fu di rinnovare coraggiosamente l'esposizione e il criterio dell'acquisto delle opere, aprendo anche a donazioni private, competendo così, con i grandi musei internazionali. Attenta alle nuove correnti artistiche come astrattismo, all'arte povera, al Nouveau Realisme, al costruttivismo, al cubismo e all'informale, portò il nuovo, in un Italia ancora legata a vecchi linguaggi e fu la prima direttrice che espose in Europa, l'artista Jackson Pollock, si racconta "scippandolo" a Peggy Guggenheim.
Espose nella Galleria Nazionale opere di Modigliani, Rothko, Kandinsky, Picasso, Le Corbusier, solo per citarne qualcuno. Si dedicò ad acquisizioni di artisti italiani come Perilli, Dorazio, Turcato, Scialoja, Pistoletto e Capogrossi e molti altri. Nel 1959 organizzò la mostra di Alberto Burri che provocò un'interrogazione parlamentare, forti furono le critiche al suo operato, per il dubbio uso dei soldi pubblici. Ma solo a colpi di intelligenti strategie si aggiudicò, a prezzi competitivi, questi capolavori e mai sperperò incautamente i finanziamenti avuti. Fu accusata di settarismo filo astratto e per questo litigò a lungo con Guttuso e De Chirico e con tutta la sinistra politica legata a un più tranquillo figurativo.
Definita donna scandalosa, indomita e superba, non si piegò a nessun tipo di critica o di ostacolo e senza incertezze né ripensamenti, portò in mostra Pietro Manzoni con la celeberrima "merda d'artista". A testa alta sostenne sempre le sue scelte, spesso impopolari. Grazie alla sua tenacia e il suo coraggio, durante la guerra mise in salvo più di 600 capolavori della Galleria organizzando pericolosi trasporti a Palazzo Farnese a Caprarola e successivamente riportandoli in sicurezza a Castel S. Angelo. Il suo veloce e salvifico intervento permise di poter riallestire in breve il museo, favorendone l'apertura al pubblico dopo la Liberazione.
Morì all'età di 88 anni a Roma insignita di importanti riconoscimenti come Commendatore, Legion d'Honour, Grand Ufficiale della Repubblica. Il comune di Roma le ha dedicato una via in prossimità del suo museo. Può riposare in pace sapendo che il suo operato, la sua amata Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea e la sua eredità artistica è ora nelle sapienti mani di un'altra grande direttrice come Cristiana Collu. Con "Time is Out of Joint" progetto di sua paternità, promuove un tempo non lineare in cui l'arte si muove libera. Una profonda e innovativa lettura di un museo vivo, internazionale, indipendente e sovrano come Palma Bucarelli sicuramente avrebbe voluto.
Chiara Sticca
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