Dante Gurrieri espone, nella nuova mostra curata da Roberta Cima, la sua visione dei personaggi politici degli ultimi trent’anni, che maggiormente sono stati esposti alla nostra vista, attraverso i mass media.
L’artista ha così ridefinito l’iconografia dei personaggi della nostra quotidianità. Spiccano, tra i tanti, Silvio Berlusconi visto come un erma; Luigi Di Maio ritratto come un giovane Luigi XIV; Nicola Zingaretti nelle vesti del monsignor Cristoforo Segni, maggiordomo del Papa ai tempi e alla maniera di Diego Velàzquez; Vittorio Sgarbi ritratto alla maniera di Otto Dix; Giorgia Meloni nei panni di una dama fiamminga dipinta da Roger van der Weyden e Laura Boldrini nelle vesti di una nuova Frida Kahlo.
Sono personaggi che siamo abituati a vedere nella loro banalità quotidiana. E qui l’intuizione di Dante Gurrieri, che ha deciso di servirsi dei grandi maestri del passato per poter vedere questi personaggi sotto una luce completamente diversa, cogliendo, così, un loro sprazzo di verità. L’iconografia della ritrattistica classica ha funto da mezzo per caratterizzare i personaggi e ridefinirli.
Gli stili cui l’artista si è rivolto sono diversi.
Ogni personaggio è, infatti, collegato per analogia, per paradosso, per similitudine o per contrasto ad un personaggio reale, ritratto nel passato. Questi accostamenti ci inducono a carpire una verità che questo personaggio normalmente cela.
Sì è, infatti, comunemente abituati ad una realtà estremamente frammentaria, caotica e ripetitiva. Gli insegnamenti dei grandi Maestri sono corsi così in aiuto a Gurrieri per fissare magicamente questi personaggi in maniera diversa. In ciascuno l’artista ha cercato di mostrare il carattere e la realtà del personaggio.
La tecnica è consiste nell’utilizzo di photoshop su immagini digitali.
Girano già, in rete, tante opere di fotomontaggio, ma Gurrieri non ama la caricatura, la trova volgare, e preferisce caratterizzare il personaggio ed identificarlo in un’icona del passato, andando a cercare la via con la quale il grande maestro lo avrebbe ritratto.
È un modo per elevare il personaggio dalla sua banalità e rivedere anche l’opera antica nella sua vera potenza. L’opera classica, infatti, persiste nel nostro immaginario. Ad un certo punto questi personaggi ci passano davanti come un carosello da cui, per intuito, l’artista riesce a cogliere l’evocazione di un ritratto del passato.
Le caratterizzazioni che abbiamo avuto modo di apprezzare durante la nostra visita a questa mostra, visitabile a SpazioCima fino al 30 maggio, avviene attraverso un’ironia leggera, mai con un sarcasmo distruttivo nei confronti del personaggio.
Non vi è un’istanza di carattere politico dietro. Il fascino è tutto indirizzato alla fisionomia, ai tratti del viso, attraverso il quale si evince l’amore per la ritrattistica dell’artista.
Gioia G. Di Mattia
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