Antiglobal Odissea

La lettura moderna del quotidiano. La recensione di Unfolding Roma

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Nuove forme di comunicazione che confrontano la depressione della società attuale con il linguaggio del teatro. L’originalità manca di energia, esplosione e urlo. Incitamento silente da comprendere tra le righe.

Il Fringe Festival è uno scenario ampio per capire i diversi linguaggi che offre il teatro di oggi. Molti gli spettacoli all’interno della rassegna, tra cui anche progetti che nascono da laboratori teatrali, come Antiglobal Odissea.

Spettacolo e testo creati durante un work in progress, laboratorio teatrale tenuto da Francesco Piotti con attori al secondo anno di studio. Il progetto ha preso forma per la prima volta durante Trasformatorio, un laboratorio-residenza internazionale a Montalbano Elicona, in Sicilia.
Testo e spettacolo inediti, dal progetto di Francesco Piotti per Lux Peralta.

31 maggio, 3 e 4 giugno, Palco A, nei giardini di Castel Sant’Angelo.
La regia firmata da Francesco Piotti non è perfetta, ma consente al pubblico di essere guidato rivedendosi come in uno specchio.

Francesco Paolelli, Verdiana Perilli, Silvia Chiovini, Marco Chiovini e Alessia Zuccari rappresentano noi stessi. Ci si rivede all’interno di nomi, situazioni attuali, ricordi sogni, legami, famiglia, amore, ecologia, incomprensioni, disillusioni, insoddisfazioni, responsabilità, perdite, lauree, divorzi, morte, condivisione, amicizia, lavoro e tante altre emozioni e sentimenti che nella modernità sembrano più confusi e dispersivi che centrati.

Tutti dentro il sistema imprigionati. Persi tra tessere del supermercato, cellulari, abbonamenti che riempiono la vita con il nulla perdendo il puro sé e la direzione del viaggio, la vita.

Un confronto con l’Odissea molto azzardato. Ulisse, l’eroe che è riuscito a sconfiggere le sirene mentre l’uomo è solo uomo, non un eroe e non supera tutto. Spera e lotta cercando di urlare contro questo universo che affligge, che poche conferme e riconoscimenti asserisce.

Che ne sarà di noi, ci si chiede. Scompigliare l’ordine è un motto, un urlo. Svegliatevi, svegliarsi. Chi ci riesce? C’è chi sta fermo e chi incita al cambiamento.

Una ri-creazione, uno stimolo alla congregazione, un nuovo passato raccontato con slanci di poesia e intermezzi particolari, come stendere su un filo, come panni, fotografie appese alle mollette a rappresentare, ognuno, il mondo personale. In fila, senza perdere momenti vissuti, importanti e felici.

O quando Alessia Zuccari scende dal palco conferendo con il pubblico, sussurrando pensieri e scrivendoli su fogli di carta, poi strappandoli e lanciandoli in aria.

La fine è poesia. Sempre Alessia Zuccari, tra gli spettatori, chiede di scrivere desideri su un foglio, poi, ripiegato su se stesso. Poi, dentro una barchetta di carta legata a tre palloncini colorati, viene fatto volare in cielo. Desideri al cielo, chissà come saranno stati accolti e se si avvereranno.

Altre scene originali hanno scandito la rappresentazione con musiche particolari comunicando il desiderio del volo, del viaggio, della libertà sopra tutto. Condividere l’azione è abbandonare la paura di non farcela.

Un’energia mancata che sarebbe stata più stimolante, coinvolgente e ispiratrice se messa in mano ad attori più preparati e professionali. Sottolineare quell’urlo sottointeso, sinonimo di manifestazione, piazza e clamore, per rendere lo spettacolo vivo, al quale conferire ampio respiro.

Una visione autentica dell’attualità sotto tante metafore, ma senza spessore recitativo la lettura è stata debole e poco convincente.

Annalisa Civitelli



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