Onirici Scatti Surreali Per Ritrovare Sé Stessi

Onirici Scatti Surreali Per Ritrovare Sé Stessi

Alla galleria Triphè la personale di Fiorella Vair

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Puro surrealismo per le foto in mostra dal titolo Onirica, frammenti di sogni, in cui l'autrice ritrova sé stessa. Si autoritrae costruendo, nel vero senso della parola, la sua foto. Si parte dallo studio di un concetto, una progettualità che a tavolino si materializza usando stratificazioni di immagini. Oggetti di scena, ambientazioni naturali, ombre per ritrovare la luce, realtà cupe e senza speranza ma pregne di romanticismo coinvolgente, che avvolgono fino a farci entrare nell'immagine, nella scena, nel tormento.

Fiorella Vair giovane fotografa della Val di Susa porta nei suoi scatti l'amore della sua magica terra, della natura, delle notti stellate e dei cieli nuvolosi. Racconta la sua origine e i suoi demoni come l'abbandono e la ricerca alla propria identità, utilizza la fotografia per esternare il suo dolore fatto di conscio e inconscio. A dare vita a questo progetto è il sogno, luogo in cui si è liberi di essere, di vivere senza filtri, di sentirsi sé stessi, luogo in cui non vi è dolore, perdita o morte. Sono spazi in cui la visione onirica rasenta la follia, talvolta per la vita, talvolta per l'amore. Da ogni scatto vi è l'elevazione al cielo, a una salvifica arresa alla sofferenza. La postura inclinata adottata dalla fotografa, modella delle sue opere, richiama la condizione di bisogno, che accumuna ogni uomo e crea empatia con l'osservatore. Questa postura caratterizza l'essere umano in ogni fase della sua vita, dalla nascita alla vecchiaia.

In queste fotografie, il connubio con la natura è forte, simbiotica e potente madre e padrona. Cieli tormentati e infuocati che illuminano il soggetto, come in un quadro di Caravaggio.Indossa per i suoi studiati set, vesti leggere, morbide stoffe svolazzanti che contrastano con la cupezza della terra, ma che lasciano presagire il carattere gioviale e sereno della fotografa. Un dualismo interessante: solare come persona, cupa come personaggio. Un'ambiguità in un mondo senza tempo.

Nel piano interrato della galleria Triphè a pochi passi dal Vaticano, Maria Laura Perilli che ha curato la mostra, ha allestito la seconda parte della personale di Fiorella Vair, fotografie del progetto "In Utero".Scendendo i gradini della galleria si entra già in una realtà ovattata, si è pronti ad ammirate fotografie che sembrano scatti di placente insanguinate. Qui vi è l'origine dell'uomo, il momento più drammatico ma più affascinante, un passaggio da una realtà ad una altra.

Si è vivi ma non si vive ancora, per farlo dovremmo squarciare quel velo che ci ha protetto e uscire nell'ignoto.Anche per questi scatti l'ambientazione, gli oggetti, le posizioni, sono studiate da un'attenta regia che con l'utilizzo di macchine foto, obiettivi, e computer ricrea soluzioni emotivamente potenti.

Fiorella Vair scatta per sé stessa, parlando attraverso le sue fotografie di sensazioni, liberando l'inconscio per affrontare il quotidiano e lo riesce a fare così bene che l'osservatore viene catturato, trasportato, trascinato da queste realtà oniriche, perdendo la lucidità del dove, del quando e del chi.

Chiara Sticca

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