La Redazione di UnfoldingRoma ha incontrato la talentuosa fotografa emergente Gloria Pozzato che ha saputo far luce sull’affascinate mondo della fotografia.
Quale è stato il primo approccio con il mondo della fotografia?
Il mio primissimo approccio alla fotografia l’ho avuto sin da piccola, quando i miei genitori mi diedero la mia prima macchina fotografica a pellicola. Avendo la fortuna di abitare in campagna, mi divertivo a fotografare fiori, animali, piante, stando bene attenta a non dimenticare le dita davanti all’obiettivo. Durante la scuola superiore di grafica pubblicitaria ebbi la fortuna di avere tra le materie proprio fotografia, così a 16 anni, mio padre decise di regalarmi una reflex. Da lì è iniziato tutto.
Cosa vuole trasmettere attraverso le sue foto?
Il mio grande obiettivo è quello di trasmettere qualcosa. Di emozionare. Vorrei tanto che chi guardasse una mia foto fosse spinto ad immaginare ad una storia, a viaggiare con la mente, a farsi delle domande: Perché il soggetto è in quella posizione? Perché è vestito così? Cosa starà facendo? Cosa lo ha portato ad essere in quel luogo? Dove andrà dopo?
Cosa la deve colpire in un soggetto per spingerla a fotografarlo?
A livello di foto di ritratto e di puro piacere, mi piace fotografare le persone che ritengo un po’ introverse a livello caratteriale, a livello estetico mi piace cogliere qualcosa che nessuno mai ha colto in quella persona. È troppo facile fotografare una persona che oggettivamente è attraente ma che soprattutto sa, e pensa, di esserlo; un soggetto del genere assumerebbe già delle pose preimpostate, lo stesso modo di sorridere, di tenere le labbra o la testa che usa in tutte le foto dei social. Invece una persona che ha poche foto di sé, che solitamente non posa, è una grande sfida. E una delle cose che mi piace di più è mostrare lo scatto al soggetto e dire: Guarda come sei uscito qui, non sei bellissimo/a?
La reazione dell’altro è
insuperabile, molte volte non dicono nulla con la bocca, ma il loro sguardo, è
fiero, stranito per aver scoperto un se stesso nuovo. Sfatiamo il mito: ah io
in foto vengo male, e tramutiamolo in: non
ho ancora trovato un fotografo che sappia cogliere qualche barlume del mio
animo.
A livello di foto di moda e commerciali, la questione è un po’ diversa, nel senso
che è il cliente o l’agenzia ad elencare le caratteristiche che deve avere la
modella/o.
Se è un mio progetto di fashion, cerco di inserire l’emotività anche in questa scelt; quando guardo il portfolio del modello, deve colpirmi qualcosa a livello empatico, che sia uno sguardo o una movenza…
Come nasce un progetto fotografico?
Nasce dall’esigenza di raccontare. Di comunicare. A prescindere che sia un progetto di ritratto o un progetto di fashion. Non si sa bene quando nasca, nel mio caso può rimanere latente per diverso tempo, per settimane o mesi. Poi esce magicamente di colpo, come un fulmine a ciel sereno, e capisci che tale progetto lo devi fare, punto, non c’è alternativa. È qualcosa che arriva da dentro, c’è d’un tratto tutta la consapevolezza che per stare bene tu questa cosa la devi fare. Ricordo il progetto Presenza/Assenza ovvero fotografie delle persone mie più care nei luoghi importanti o dove le avevo conosciute: un primo scatto con la persona e il secondo scatto solo il paesaggio, tenendo la stessa inquadratura. Oppure il progetto Asimmetrie per la sensibilizzazione verso il disturbo bipolare.
Quali sono i soggetti che ama maggiormente immortalare?
I generi che prediligo sono sicuramente il ritratto, sia documentario che di moda.
Mi affascinano le persone, gli occhi, le mani, mi piace osservare le piccole cose: la postura, il sorriso, la bocca, le piccole fossette che si formano sul volto. Gli esseri umani sono molto affascinanti e la fotografia mi permette di immortalare i barlumi che riesco a cogliere con lo sguardo. È come entrare in intimità e fare amicizia ma senza farlo realmente, non è che ogni persona che fotografo diventi mia amica, anzi, spesso non so quasi nulla di chi fotografo. È come se fossi qualcuno che ti scruta l’anima, ma da lontano, senza dar fastidio, senza urtare la sensibilità di nessuno.
Pensa che l’avvento della fotografia digitale abbia migliorato le modalità di fare foto?
Non sto qui a disquisire su aspetti tecnici o sulle solite ovvie; dico che sicuramente il digitale ha cambiato il mondo della fotografia. In meglio o in peggio dipende dai punti di vista. Una volta essere un fotografo era un mestiere a tutti gli effetti. Volevi farti fare un ritratto da spedire ai parenti lontani? Si andava da un fotografo, con uno studio, che scattava in pellicola e che sviluppava e stampava in camera oscura. Il fotografo era un vero artista/artigiano che dava un prodotto finito e concreto. Era lui che aveva l’attrezzatura, la padronanza tecnica, i mezzi e il gusto per creare una composizione e cogliere il momento giusto. Il digitale è stata una grande rivoluzione ed evoluzione della tecnica: altissima definizione, immagine immediata, sensibilità iso elevatissima, rapidità di scatto, attrezzatura leggera, possibilità di ritocco al computer…ma soprattutto accessibilità del mezzo da parte dell’utente medio. Qualsiasi persona può permettersi una reflex. Qualsiasi persona, potenzialmente, può scattare delle foto professionali. Tutti vogliono fare foto, ma soprattutto tutti si reputano in grado di farle. E così il mercato della fotografia è diventato una vera e propria giungla, dove ci sono i professionisti di altissimo livello, che hanno il budget per grandi progetti; i professionisti, che tentano di sopravvivere tra tasse e clienti che pagano poco o che non pagano affatto; e tutto il sottobosco di fotoamatori che si spacciano per fotografi.
Quanto influisce l’elaborazione di un’immagine sul suo successo?
Non c’è una regola fissa, di solito un fotografo pre-visualizza l’immagine ancora prima di scattare. Questo è quello che dice la regola. Io credo che la postproduzione sia parte integrante del processo creativo, scattare la foto è solo una tappa del percorso.
Sicuramente Photoshop non deve essere usato per ovviare a degli errori che potevano essere risolti in ripresa, ma un mezzo che ci permetta di perorare la nostra idea, di giocare con il colore, di regolarne finemente i contrasti. Tralasciando alcuni lavori commerciali, dove bisogna scontornare, rifinire il prodotto, togliere i piccoli difetti del materiale, credo che la postproduzione non sia mai oggettiva. Magari quello che avrei creato un giorno, sarebbe stato diverso se lo avessi fatto il giorno dopo.
Qual è il suo fotografo di riferimento?
Cambia ogni giorno. Ogni giorno mi innamoro di una foto diversa, e il web ci intasa la mente di foto su foto su foto, tantissime, un vero e proprio bombardamento. Dicono che i primi nomi che ci vengono in mente siano quelli giusti, quindi citerò un Giovanni Gastel che ha fatto la storia delle foto di moda, ma cito anche un Erik Johansson, giovane fotografo svedese mago della postproduzione, che crea delle opere fotografiche surrealiste incredibili. Su Youtube ci sono diversi video di tutti i passaggi.
Mi è venuto in mente anche Nadir Naldi, in particolare un suo lavoro in bianco e nero, con degli scatti che sono di moda ma vanno oltre, un mix tra un reportage, un ritratto documentario o qualcosa di fashion. Mi hanno stregato, hanno fatto sorgere in me delle domande. È questo il lavoro che mi ispira ogni giorno.
Quanto è dura la vita di un fotografo?
La vita di un fotografo è veramente difficile. Purtroppo solo di fotografia, in Italia, non si riesce a campare. Personalmente mi invento ogni giorno: postproduco le immagini di altri fotografi su commissione, faccio l’assistente di studio a Milano per una fotografa fashion, mi capita di fare qualche reportage agli eventi, faccio delle riprese video e montaggio, gestisco la pagina Facebook di un negozio, ma faccio anche la promoter. Bisogna vivere alla giornata, sorridere sempre e ringraziare per quello che abbiamo. Non è il tempo di lamentarsi, non in questa epoca.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Adesso come adesso il mondo del video mi sta affascinando particolarmente. Ho iniziato a fare dei video di backstage sui set di moda, mi sono divertita parecchio e i risultati ci sono stati. Così ho iniziato a creare un portfolio di video e da maggio in poi, se tutto va bene, inizierò a fare la videomaker a fianco di un fotografo di matrimoni. Spero di riuscire al meglio, sarà una sfida…e la cosa mi intriga un sacco!
Ilenia Maria Melis
Gloria Pozzato
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