Barbara Frascà

Barbara Frascà

L'occhio che osserva, scruta, capta, sente, è per me già il primo scatto fotografico. Uno scatto fotografico interiore.

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Da lunedì 27 a mercoledì 29 Giugno al Varco - Pigneto di Roma, si terrà Una giornata in Wolf House, reportage fotografico dell’artista Barbara Frascà.

La Wolf House è un punto di ritrovo per tanti amanti del surf, del mare e della natura. Casa mobile che dalle Canarie si è spostata in Spagna, nei pressi di Loredo. La Wolf House è gestita da Camilla ed Alessandro, che hanno fatto del surf un vero e proprio stile di vita. Questa giovane coppia ha aperto le porte della loro surf house all'obiettivo di Barbara Frascà, rendendo immortale il loro quotidiano.

Abbiamo il piacere di ospitare Barbara Frascà, artista poliedrica, che ha realizzato un progetto artistico molto particolare: immagini e parole. In sottofondo, il suono dell’oceano.

Come nasce l’incontro con Camilla e Alessandro?

Li ho conosciuti grazie a Filippo e Gioia, i miei due insegnanti di sup, i quali hanno organizzato alla Wolf House di Loredo, il loro primo surf-camp della Banzai Sup School.

Perché la scelta di immortalare la loro Wolf House ed il quotidiano di Camilla?

Ho trovato sin da subito interessante la loro storia. Sono riusciti a realizzare i loro sogni. Giovanissimi, hanno rivoluzionato il loro quotidiano e con coraggio hanno affrontato l'ignoto. Li trovo fantastici, pieni di luce e gioia di vivere ogni attimo della loro vita. In un mondo che incenerisce sogni e desideri, che coltiva automi, facendoli camminare su percorsi prestabiliti, che impoverisce la nostra natura, il nostro contatto con noi stessi e con ciò che ci circonda, penso che la scelta di dar voce a Camilla ed immortalare il loro quotidiano sia stimolante per tutti coloro che andranno a vedere la mostra.

La mostra è un insieme di immagini e parole, al centro della sala, impresse su delle tavole da surf, ci sono domande e risposte che hai ricolto a Camilla. Perché l’esigenza di raccontare anche attraverso le parole?

Le mini tavole su cui è stampata l'intervista a Camilla, sono allestite a terra, al centro della sala, in modo da formare un vortice marino ad indicare il centro verso cui deve dirigersi l'attenzione finale della mostra. Le parole sono la parte conclusiva di un percorso che io definisco onirico. Il visitatore nel leggere l'intervista si avvicina ancor di più all'essenza del significato della mostra.

“Come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro?”, è una celebre frase di Luigi Pirandello. Credo sia rapportabile anche alla fotografia: ognuno di noi può avere una percezione diversa dell’immagine che ha dinanzi. Ti chiedo quindi quali parametri influenzano la scelta delle foto da esporre?

Credo sia rapportabile in generale a tutto, maggiormente all'arte. La scelta si verifica seguendo un percorso sia ragionato che sentito. E' importante tenere sempre a mente il progetto, ciò per cui si è arrivati fino a quel punto. Mi sono quindi mossa in base a ciò che desideravo comunicare, a ciò che desideravo far conoscere. Mentre seleziono le fotografie, il sentire e il riflettere sono un tutt'uno. Sono concentrata su ciò che desidero raccontare e lo faccio cercando di scegliere le immagini che possano trasmettere in modo più efficace rispetto ad altre, quel che io intendo comunicare. Il risultato finale è davanti agli occhi di chi lo vede e da qui l'interpretazione dell'altro. Molto interessante il pluralismo delle opinioni, delle interpretazioni.

Ci racconti come ti sei avvicinata al mondo della fotografia?

La passione per la fotografia esiste da sempre. L'occhio che osserva, scruta, capta, sente, è per me già il primo scatto fotografico. Uno scatto fotografico interiore. La macchina fotografica è lo strumento, il mezzo che permette di esternare il moto interiore. Il mio sguardo fotografa da sempre. La fotografia è un modo di vivere.

Immagino ti sia capitato di vedere la foto che ritrae Martin, un volontario tedesco, che culla un neonato morto. Come fotografo ritieni sia giusto immortale queste immagini?

Anche qui, è l'interpretazione delle immagini che avvicina o allontana da ciò che il fotografo intende comunicare. La mia interpretazione di questa fotografia mi avvicina alla conoscenza, alla tragedia dei nostri tempi, all'umanità dei volontari, alla sofferenza, alle ingiustizie e pertanto non posso che ritenere giusto immortalare scene di così grande verità.

Lo scatto perfetto: è una questione puramente tecnica o conta di più il soggetto?

Mi spaventa parlare di perfezione. Forse non esiste lo scatto perfetto. Se esistesse, sarebbe pieno di freddezza, distanza, sarebbe un'immagine incorniciata mentre a me interessa la fluidità delle emozioni che scivolano solo attraverso le sporcature. Scattare con tecnica ovviamente aiuta e facilita il lavoro ma possedere solo questa, potrebbe non comunicare molto. Anche il soggetto che si scatta è importante ma credo che in alcuni casi, se ci fosse solo questo, il risultato potrebbe essere scarso. L'importante secondo me è esserci. Sentire. Solo allora, puoi scattare una fotografia capace di far vibrare anche se scattata con poca tecnica e anche se il soggetto è apparentemente privo di bellezza o interesse.

Essere fotografi professionisti oggi: è una professione “tutelata” o risente delle tecnologie sempre più sofisticate che rendono “fotografi” un po’ tutti?

Io non sono una fotografa professionista. Amo fotografare ma ho ancora molto da imparare. Mi sento più un art director. Ho delle idee e nello svilupparle, nascono progetti. Difatti preferisco parlare più di progetti artistici che di mostre fotografiche. I fotografi professionisti inevitabilmente devono confrontarsi con il presente. Trincerarsi dentro una categoria da tutelare suona alquanto egoico e poco incline alla sperimentazione. Bisogna confrontarsi ed essere aperti al cambiamento per trovare nuove forme di espressione senza sentirsi costantemente minacciati dalle nuove tecnologie e da ciò che ne consegue.

Porterai questa mostra in altre città?

Penso di sì. Stay tuned!

Per concludere, ci daresti un consiglio per un ottenere uno scatto discreto?

Quando si scatta, bisognerebbe sentire. Quando si sente, vuol dire che si sta vivendo. Ed il vivere non può che trasmettere emozioni.

Sara Grillo 

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