Alberto Pizzoli

Alberto Pizzoli

Non sono contrario alla tecnologia, tuttavia i tempi dell’analogico permettevano riflessioni più profonde. Intervista di Chiara Zanetti

stampa articolo Scarica pdf


Caro Alberto, intanto grazie per aver consentito all'intervista; la tua carriera da fotoreporter è ormai consolidata.Qual è la personale posizione etica rispetto al tuo lavoro?

Raccontare la verità, sempre.

Cosa ne pensi del giornalismo, del reportage e della libertà di espressione nel nostro Paese? Esiste un margine di autonomia o si subiscono pressioni?

L’autonomia è un lusso: al giorno d’oggi, in Italia, la fotografia e anche il giornalismo in senso stretto sono così sottopagati che, per mangiare, in tanti si piegano o piegherebbero a tutto; quindi non è tanto un discorso di pressioni, quanto di retribuzione non allineata al prodotto che si va a realizzare.



Che trasformazioni ha comportato l'avvento del digitale?

La velocità nel trasportare informazione e anche disinformazione ha reso semplice e alla portata di tutti creare immagini che nulla hanno a che vedere con il fare fotografie; ha spostato il prima nel dopo, in quanto il novanta percento delle foto sono post-produzioni. Oggi il prodotto nasce dopo lo scatto ma la velocità per chi fa informazione spesso è complice dell’errore; non sono contrario alla tecnologia, tuttavia i tempi dell’analogico permettevano riflessioni più profonde.


Qual è il tuo campo di azione preferito?

Il reportage con un minimo di respiro temporale, ponderato.

Credi che possa avere particolare forza un singolo scatto o consideri ve ne sia più in una serie di foto correlate?

Un singolo scatto è iconico e può essere molto potente. Senza dubbio quindi, opto per questo, anche perché in una serie alla fine si ricorda e resta un solo frame.


Se ne andato a 95 anni il fotoreporter austriaco Erich Lessing: membro dell'agenzia magnum dal 1951 al 1979, documentò la storia dell'Europa postbellica, in particolare nei paesi del blocco sovietico (memorabili le sue foto della rivoluzione ungherese del 1956), e nell'Africa settentrionale: il reportage di guerra ti ha mai entusiasmato?

Quando ero più giovane ne sono stato attratto, ma poi gli eventi mi hanno spostato su altri campi, nonostante io abbia un grande rispetto per i fotografi di guerra. Ad oggi, con l’editoria praticamente in coma, affrontare simili reportage richiede sforzi enormi e spesso senza un reale ritorno economico con rischi sproporzionati.


Squadre come il Manchester City o la nazionale francese usano la camera ipossica per gli allenamenti ma in Italia è considerata un metodo dopante perché migliora artificialmente le prestazioni mettendo però a rischio la salute dell'atleta - chi la usa da noi rischia una squalifica di 4 anni e un procedimento penale: come sta il calcio italiano e come giudichi la Lega? Del nuovo regolamento per accedere allo stadio c'è stato un gran parlare...

Non sono in grado di giudicare il calcio italiano sotto un profilo tecnico; certo, quando grandi campioni come Ronaldo vengono a giocare in Italia gli stimoli professionali aumentano e il calcio italiano diventa più visibile. Per quello che riguarda la Lega calcio e il nuovo regolamento che si applica ai fotografi penso che non sia cambiato nulla... Tecnicismi a parte, quando piove ti bagni... Devi continuare ad andare presto perché non hai un posto assegnato, le TV pagano e quindi hanno comprato anche il diritto di farla da padroni, continuano ad esserci più fotografi in campo di quelli che ci campano, al momento tutto come prima. Forse c’è un progetto? Non lo so, non ne sono al corrente; scorgo l’embrione di un qualcosa ma vedremo in futuro come si svilupperà.


In Australia una squadra vuole ingaggiare il quarantunenne ex capitano della Roma per una partita decisiva della coppa di Lega – “siamo in attesa di una sua risposta, sarebbe fantastico averlo con noi” sicuramente avrai scattato migliaia di foto a questo campione: quale tra le tante ti ha dato tante soddisfazioni?

Non ne ho una in particolare a seguito di una lunghissima carriera in questo senso... Una cosa mi sento di dire: di campioni veri come Francesco Totti non ce ne sono tanti.

Fa discutere la scelta del patron del Club Renzo Rosso, proprietario del marchio Diesel, di sostituire a bordo campo i giovani calciatori con delle pallavoliste tra i 15 e i 16 anni. Sui social si sono scagliati immediatamente contro la società vicentina: in periodo dove il movimento #metoo si trova spesso nell'occhio del ciclone per alcuni comportamenti sopra le righe dei loro testimonial come giudichi questa scelta societaria?

È fantastico... Negli sport motoristici si cerca di togliere le “ombrelline” e nel calcio vogliamo metterle? Direi che le veline bastano. Forse si potrebbero mettere delle giovani calciatrici 50/50 con i maschietti par condicio. Che c’entrano le pallavoliste?

Che differenze intercorrono tra fotografie amatoriali e quelle realizzate da professionisti? Credi che questa diffusione smodata di scatti abbia risvolti anche sulla qualità dei vostri servizi?

Ci sono foto-amatori bravissimi ma restano tali; la diffusione planetaria di un apparecchio video-fotografico tascabile sempre pronto e mediamente decente ha cambiato l’informazione, l’uso social della fotografia e del video fa si che oggi la vittima spesso testimoni in diretta... Tutti vogliono partecipare, tutti vogliono essere protagonisti e noi arriviamo sempre dopo... In altre parole, oggi è tutto live o quasi, i media vivono una frenesia. La copertura dell’immediato di qualsiasi evento si fa con quello che si trova sui social. Non lo reputo un problema se viene usato con intelligenza, se viene valutato e verificato con attenzione, se non è una scusa per non uscire più dalla redazione, se non è un motivo per non produrre più. A mio avviso, deve esistere un filtro, un mediatore che racconti da una posizione esterna e non coinvolta. Un professionista si paga, ti faresti visitare da un medico amatoriale?



Applichi una chiave di lettura ai tuoi reportage o lasci che sia lo spettatore a coglierne il senso?

Decido io come raccontare le cose... Chi scrive decide che verbi o aggettivi usare io decido con quale profondità di campo, con quale luce e da che angolo mostrarti qualcosa che poi diventa un racconto... La foto non si guarda, si legge.


Esiste un analisi pregressa a ogni lavoro? Se sì, quali sono i suoi passaggi, almeno a livello preliminare?

Studio sempre quello che sono in procinto di fare, come affrontarlo in termini di attrezzatura, cosa cercare... Voglio sempre essere sufficientemente informato, leggo il più possibile, mi preparo.

Antonietta Trupia afferma in “Una camicia macchiata di sangue”: “Sarebbe un guaio se l'inviato divenisse una razza in estinzione. L'alternativa è quella di schiacciare un bottone per ottenere tutte le informazioni. Ma è un'illusione quella di poter fare un reportage stando a tavolino, perché non senti l'odore delle cose.” Sei d'accordo?

È il male del giornalismo moderno, uscire sui fatti costa, produrre informazione di qualità è molto dispendioso e il pubblico è abituato ad avere le notizie gratis, non vuole pagare per informarsi. In effetti, molte cose si possono fare stando seduti in redazione ma questo non vale per tutto, si possono comporre reportage trovando cose sulla rete ma come dicevo prima vanno verificate, nulla sostituisce qualcuno sul campo.

Chiara Zanetti

© Riproduzione riservata