Piero Bertea

Bisogna distinguere tra chi conosce la professione e chi, avendone i mezzi, compra macchine fotografiche da migliaia di euro spacciandosi poi per fotografo...

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Buongiorno oggi per la nostra rubrica di fotografia incontriamo e intervistiamo Piero Bertea

Buongiorno Piero per chi non ti conosce ti chiediamo una tua breve descrizione ..

Buongiorno a voi. Sono un fotografo professionista romano, con alle spalle un bel po’ di anni con la macchina fotografica in mano. Sono passato, come parecchi colleghi, attraverso la gavetta dei matrimoni, passando poi al fotogiornalismo. Attualmente seguo vari campi del fotogiornalismo, dalla cronaca, alla politica, allo sport, alla musica…

Per alcuni la fotografia è una forma di terapia: lo è anche per te ?

Non credo si debba chiamare terapia. E’ piuttosto un modo di esprimere la mia creatività, cercando di veicolare verso chi vedrà le foto, il messaggio che nel momento dello scatto, la scena mi trasmetteva

Quando hai scoperto le potenzialità del tuo "modo" di fare fotografia?

Quando ho iniziato un corso triennale di fotografia, parallelo alle scuole medie. Avevo un professore che mi ha insegnato tanto, non solo a scattare ma anche in camera oscura e che con i suoi consigli mi ha aperto la mente nel vedere nella foto particolari dove gli altri vedono il nulla.

Come hanno reagito i tuoi al "voglio diventare fotografo"?

Bene, credo. Hanno sempre appoggiato le mie scelte fatte, e sempre mi hanno spronato a dare il meglio.

"Bisogna distinguere il mestiere tra abusivi, improvvisati e degni interpreti". Quando parliamo di lavoro nel tuo mestiere ?

Bisogna distinguere tra chi conosce la professione e chi, avendone i mezzi, compra macchine fotografiche da migliaia di euro spacciandosi poi per fotografo. Una prima cosa che mi insegnò il mio professore di fotografia è che non dipende dal mezzo che hai, ma dalla foto che hai nella testa prima di scattarla.

Hai l' angoscia della foto perfetta ?

Mai avuta. Forse cerco troppo la perfezione nello scatto, le luci giuste, la posa precisa, ma sicuramente non ho mai avuto l’angoscia.

Non ti sei solo occupato di calcio nella tua carriera. Mi raccontavi di un tuo reportage in una terra lontana: cosa hai acquisito da quell’esperienza e come l’hai raccontata nelle tue immagini?

Sì. Parliamo di un viaggio di lavoro fatto in Eritrea, dove ho trovato il modo di scattare foto al di fuori del lavoro commissionato. Un’ esperienza rimastami nel cuore, per aver trovato un popolo fiero e accogliente, disponibile a posare per un fotografo straniero per dimostrare il loro orgoglio. E’ gente bellissima. Al ritorno in Italia, grazie anche ad un’ amica che mi ha spronato e si è data da fare per organizzarla, è nata una mostra fotografica a S. Gimignano (Si), che ha avuto un riscontro di pubblico al quale non avevo nemmeno lontanamente pensato e che ricordo ancora molto volentieri.

Cosa rappresenta il Primo Maggio per la tua categoria ?

Un giorno di lavoro come tanti altri, per noi fotografi. Tra concerti, manifestazioni politiche e avvenimenti, sicuramente non è il giorno più adatto per la classica gita fuori porta.

L’infarto a Iker Casillas è stato senz’altro la notizia del giorno, che ha commosso il mondo intero. Anche nella serata di Barcellona-Liverpool, finita con il punteggio di 3-0 per i blaugrana con una prestazione strepitosa di Leo Messi. Le vicende legate al portiere del Porto sono state all’ordine del giorno. Ilaria D’Amico, conduttrice del salotto sportivo della Champions League su Sky, ha voluto commentare l’episodio con l’ennesima gaffe: che idea hai delle donne che parlano di calcio e soprattutto, hai fotografato tanti campioni? Sei dell’idea che la finale della Coppa dei Campioni sia quella tra Ajax e Barcellona? La “miglior gioventù” calcistica attuale?

La cosa accaduta a Iker Casillas, onestamente, mi ha lasciato senza parole, pensando a quanti controlli si sottopongono i calciatori professionisti. Sapere che ha avuto un infarto mi ha colpito molto. Fortunatamente si sta risolvendo tutto per il meglio per il giocatore, che penso sia difficile rivedere sui campi da gioco.Ho visto Barca-Liverpool in tv e sono rimasto estasiato dalle giocate del giocatore argentino, suggellate poi da quel magnifico gol su punizione.Sono favorevole alla presenza delle donne in tv e nelle radio che parlano di calcio. Ce ne sono alcune bravissime, considerando i tempi televisivi posso capire che ogni tanto si possa incappare in una gaffe. Ma sostanzialmente resto dell’idea che portino quel tocco che riesce a sdrammatizzare i risultati e i veleni che il calcio nostrano si porta dietro.Pronosticare le finaliste della Champions, malgrado i risultati, è difficile. Vedo i giovani dell’Ajax giocare spensierati, non assillati dal risultato, ma il solo gol di vantaggio, anche se fuori casa, non li mette al riparo di un risultato favorevole anche al ritorno. Per quel che riguarda Il Barcellona, tre gol di vantaggio sono tanti, ma non dimentichiamo che il Liverpool ha il ritorno in casa, e credo che sia una partita tutta da vedere.Per quel che riguarda i giovani italiani, apprezzo molto il fatto che il C.T. Mancini, con i suoi stage, stia chiamando tanti ragazzi. Attualmente i nomi son quelli che fanno un po’ tutti, Zaniolo, Barella, Chiesa, Sensi, Mancini, Cragno. Se il C.T. riuscirà a lavorare con la dovuta calma, credo che vedremo in futuro tanti di questi ragazzi, come asse portante della nazionale.

La società di produzione Wildside ha acquisito i diritti dell'autobiografia del campione della Roma 'Un capitano'. La sua vita potrebbe diventare presto una serie tv. Francesco Totti l’ha scritta con Paolo Condò. Nella serie, che potrebbe essere realizzata per Sky, viene raccontata l'ascesa del fuoriclasse romanista. Chi potrebbe interpretare il campione che nella sua lunga carriera non ha mai tradito la squadra? Il nome più accreditato è quello di Alessandro Borghi. Biondo, occhi azzurri, atletico, lo ricorda anche fisicamente: che idea hai sulla realizzazione di questo progetto?

Totalmente contrario. Qualsiasi cosa tratta da un libro, ne stravolge il senso, non ha la completezza dello scritto. Ho letto il libro di Condò, e devo dire che ci sono cose che non si possono riproporre in un video, proprio perché verrebbe a mancare quel senso narrativo che ha su carta. Infine, il Capitano è ancora tra noi e penso che una serie tv sia quantomeno prematura da realizzare e proporre. Riparliamone tra una quarantina di anni almeno…

Henri Cartier-Bresson l’aveva detto in un'intervista alla rivista Photo. Era l'autunno del 1968, e sintetizzò in questo modo una vita intera spesa a raccontare il mondo con una macchina fotografica: «La fotografia è una forma di intelligenza». Puoi sintetizzare la tua vita professionale con questa massima del grandissimo fotografo francese?

Non credo alla forma di intelligenza quanto al modo di catturare e trasmettere quei momenti che, attraverso l’obiettivo mi hanno colpito e spinto a scattare una foto.

Nel corso della lunga intervista concessa a Tuttosport l'intermediario di fiducia di Massimiliano Allegri, Giovanni Branchini, ha parlato della famosa lite tv fra l'allenatore della Juventus e l'ex difensore, oggi opinionista, Lele Adani: "​A mio parere, c’è un errore di fondo. Alla fine di una partita, un allenatore - ancora sotto stress - dovrebbe essere intervistato sulla partita, per spiegare una scelta, una decisione”. Nella tua carriera hai incontrato e fotografato tanti allenatori, giocatori, dirigenti,etc etc Che idea hai del calcio moderno e delle discussioni create ad hoc per aumentare e ampliare situazioni futili?

Seguo il calcio da bambino, sono passati tanti anni e ho visto i cambiamenti avvenuti nel mondo del calcio italiano e straniero. Oggi debbo dire che non siamo più il migliore campionato d’Europa, troppo tatticismo, si gioca solo col fisico e la fantasia viene relegata in cantina. Per rimanere al passo coi tempi , si dovrebbe fare una rivoluzione culturale, cominciando con il lasciare i piccoli delle scuole calcio esprimere il loro talento, con non dare più peso al risultato, sia positivo sia negativo, ma accettarlo come una cosa normale.Per quel che riguarda le discussioni televisive, le trovo sempre più stucchevoli, perché poi, alla fine, viene tralasciato il lato tecnico, che interesserebbe i tifosi, per far spazio a delle risse che non portano a nulla, se non ad altre polemiche.

Ho trovato interessante questa storia su internet che racconta la fotografia della tragedia di Genova, con l'ormai emblematico camion sul precipizio, accompagnata da un'inquietante didascalia: «Questo sabato siamo chiusi. Ponte anche per noi». È così che il birrificio bergamasco Adda ha deciso di annunciare le ferie su Facebook. Una trovata che ha provocato uno sdegno social: internet come diceva Umberto Eco ha dato modo di rappresentare la stupidità umana ai massimi livelli?

Verissimo. Ormai nei social si trova di tutto, si leggono cose che normalmente non si sentirebbero da nessuna parte. Internet ha dato voce a gente che altrimenti non sarebbero ascoltate da nessuno.

Ilary Blasi lo aveva dichiarato qualche mese fa: «Ho un sogno, mi piacerebbe accompagnare i malati a Lourdes». E allora ecco che prima di accettare altre proposte di lavoro, ha preso un volo per la Francia e, insieme alla sua migliore amica, è andata al santuario di Lourdes per servire i più bisognosi. Apprezzi come uomo che una donna, che ha praticamente tutto dalla vita, compia questo tipo di gesto? Ci sono donne di calciatori molto importanti che non fanno altro che raccontare la loro vita tramite app tra vacanze da favola e case da sogno...

L’aver tutto nella vita non implica che si debba ignorare quello che c’è intorno. Ilary Blasi, assieme al marito, di queste cose ne fanno tante, solo che stavolta c’erano dei fotografi a documentare l’avvenimento che ha portato alla luce questa cosa. Sono sicuro che la prima ad essere infastidita da tutta questa pubblicità sia stata proprio Ilary. Comunque ben vengano donne del genere nel mondo del calcio, magari altre scopriranno che non si vive di soli social…

Ci sono dei grazie nella tua carriera ?

Alcuni. Ai miei genitori che mi hanno permesso di fare un lavoro che mi piaceva, sostenendomi sin dall’inizio; a mia figlia, che a volte vedo poco perché impegnato col lavoro; a chi mi sta vicino, per la pazienza che ha e infine ai miei colleghi che mi sopportano quando si lavora insieme.

Mario Di Marzio

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