Se La Camera Lo Chiede, L'Inps è Pronta A Comunicare I Nomi Di Chi Ha Richiesto Il Bonus

Se La Camera Lo Chiede, L'Inps è Pronta A Comunicare I Nomi Di Chi Ha Richiesto Il Bonus

Dalla casa di vetro alla casa di carta. Il curioso caso dei bonus ai parlamentari. - di Alessia de Antoniis

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“Dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro” (F. TURATI, Atti del Parlamento italiano, Camera dei Deputati, sessione 1904-1908, 17 giugno 1908).

Sono trascorsi più di cento anni da quando Turati pronunciò quella frase e gli abitanti di quei palazzi sono cambiati. Decidere, poi, se sono cambiati prima i governanti o prima il popolo che rappresentano, e che li elegge, è come cercare di capire se sia nato prima l'uovo o la gallina.

Una cosa, però, è certa: oggi ciò che tiene incollati ai teleschermi milioni di telespettatori, è La Casa di Carta, la storia di otto ladri che si barricano nella Zecca spagnola con alcuni ostaggi, mentre una mente criminale manipola la polizia per mettere in atto il suo piano. Questo la dice lunga sul cambiamento in atto, con buona pace di Filippo Turati che, per molti, è probabilmente solo il nome di una strada della propria città.

Non solo, ma il curioso (non di Benjamin Button) caso dei parlamentari che hanno richiesto il bonus per le partite Iva, potrebbe essere legale. Anzi, se l'Inps ha erogato queste somme, sicuramente avrà verificato la validità dei requisiti in possesso dei richiedenti. Adesso possiamo scatenarci serenamente sui social e insultarli, chiedere la loro testa, proporre che vengano ostracizzati, che bevano cicuta o che siano relegati a Sant'Elena, ma resta in piedi una curiosa (anche lei) domanda: “Cui prodest?”. Ecco, a chi giova alzare questo polverone? Capirei fossimo una nazione di cittadini integerrimi, ma tra le mascherine fantasma della regione Lazio, i camici comprati/donati della Regione Lombardia, covid center dai costi stratosferici, perché tanto scalpore per tre (?) parlamentari furbetti che avrebbero intascato quanto previsto dai Dcpm dell'era Covid?

La parola “furbetti”, poi, è diventata una sorta di Plasil per contrastare i sintomi legati alla nausea che ci causa la gestione della Cosa Pubblica: etichettiamoli come furbetti e che non se ne parli più!

Si è, invece, iniziato a parlare di etica e l'etica è quel ramo della filosofia che si occupa del comportamento (gr. Ἦθος) umano, giuridico e politico. Si è iniziato a parlare di morale, laddove mores sono i costumi. Ebbene, comportamento e costumi sono due termini il cui significato cambia al cambiare delle società. Per noi, a differenza di altre strutture sociali, mangiare il cervello del nostro nemico è sempre stato disgustoso, così come non ci suicidiamo se portiamo la nostra azienda al fallimento mandando per strada i suoi dipendenti. Al massimo daremo la colpa al solito governo ladro.

Il primo scandalo italiano risale al 1892 ed è quello internazionale della Banca Romana, in un'Italia appena nata (il Regno d'Italia nasce nel 1860 e Roma diventa capitale nel 1871). Siamo una Nazione abituata a ben altro. Prima di parlare di etica e morale, dovremmo forse iniziare a parlare di giustizia, assuefatti come siamo a leggi che per gli amici si interpretano e per i nemici si applicano (e visto quanto riporta oggi Dagospia sul patteggiamento per omicidio colposo della figlia della Boccassini, la frase di Giolitti sembrerebbe sempre più attuale).

Forse c'entra qualcosa il fatto che il 20 e il 21 settembre si vota per il referendum costituzionale per modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione e ridurre il numero di deputati e senatori?

Semmai ci fosse qualcuno che ancora non fosse abbastanza stanco di una simile casta, un tale episodio è utilissimo per riaccendere gli animi ostili di chi pratica l'antipolitica. Ma passata questa ennesima tempesta, udiremo augelli far festa? Ci saranno galline che torneranno in su la via? Ne dubito.

Turati voleva che l'amministrazione fosse una casa di vetro per equilibrare il rapporto sproporzionato tra governanti e governati e la normativa cosiddetta FOIA (Freedom of Information Act), contenuta nella Legge 124/2015 (solo cent'anni dopo Turati) prevede la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni, bilanciando così, almeno nelle intenzioni del legislatore, l'egemonia del potere pubblico. Peccato che, per avere i pareri del Cts alla base dei Dpcm si è dovuta muovere la Fondazione Einaudi con un ricorso al Tar. 

Non basta una legge sulla trasparenza per creare un cittadino che partecipi alla cosa pubblica. Il diritto a conoscere, ossia ad essere informati, è ormai riconosciuto sotto forma del principio della pubblicità dell’azione amministrativa. Il punto è che conoscere e comprendere sono due parole diverse, e la prima non dà per scontata la seconda.

In un Paese dove è stata distrutta l'istruzione pubblica, governato da gente troppo spesso senza arte né parte, che ha vinto una sorta di lotteria della vita riuscendo a farsi eleggere in Parlamento, dove la politica si fa sui social, dove il rispetto dell'avversario è stato sostituito dalla macchina del fango, dove non si capisce più quale sia il confine tra Camera, Senato e le trasmissioni alla Maria De Filippi, dove si è perpetrato un processo di atrofizzazione della società, dove i partiti politici non sono più il collegamento tra società e istituzioni, dove le idee diverse non sono più ricchezza ma ostacoli da abbattere, creare falsi nemici diventa la forma di distrazione che ha sostituito il circo con le belve di romana memoria.

Ecco quindi che la ricerca spasmodica di questi tre nomi per scatenare una gogna mediatica, rischia di diventare solo l'ultimo gioco per intrattenere elettori sempre più lontani dalla politica, sempre meno consapevoli e sempre più estranei alle istituzioni.

Forse tutti, a breve, sapranno i nomi di questi politici orribili che hanno lucrato su una tragedia come la pandemia, molto probabilmente i loro nomi cadranno nel dimenticatoio dopo un paio di settimane, sicuramente tutto ciò non avrà attivato alcun processo di riforma dei cittadini italiani. Saranno sempre più arrabbiati, ma il loro risentimento verrà incanalato, magari da una politica gestita da chi sta più in alto dei politicanti che vediamo sui media (visto che in Parlamento vanno poco), verso il prossimo scandalo, mentre attorno a noi cambiano equilibri internazionali ed economici.

Cui prodest? A chi è utile? Forse a chi ha tutto l'interesse ad aumentare il solco che separa la società dalle istituzioni, per rendere queste ultime fuori dal controllo dell'elettorato.

Finti nemici, o comunque non poi così pericolosi, come ad esempio gli immigrati, per nascondere il problema della mancanza di rappresentanza delle istituzioni.

Il tutto in una Nazione che non ha ancora capito che a settembre si vota un referendum costituzionale; che i fondi che dovrebbero arrivare dall'Europa potrebbero essere una grande occasione per rilanciare l'economia ma che, purtroppo, rischiano di diventare l'ennesima occasione persa; che gli equilibri attorno a noi, nel Mediterraneo ad esempio, stanno velocemente mutando, che la situazione in Libano (dove non abitano i libici, nonostante tra i 5S c'è chi pensi il contrario) rischia di innescare un effetto domino nella già difficile situazione migratoria.

Ovviamente un popolo affetto da stupidità si scatenerà sui social per dare la colpa ai suoi governanti, ignorando il concetto di rappresentatività del Parlamento. Già, perché è più semplice dare la colpa agli eletti piuttosto che assumersi la responsabilità di averli votati. Come disse Umberto Eco in uno dei suoi ultimi interventi pubblici «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”. La cosa peggiore è che ora i rappresentanti di costoro bivaccano in Parlamento, legiferano, concordano alleanze, partecipano (o non partecipano) a vertici internazionali (eravamo assenti al G5 sul Sahel ignorando che è diventato il nostro sud),  decidono, nonostante la scarsissima istruzione, cosa fare dei fondi che arriveranno dall'Europa. E noi “tutti quanti allo zoo comunale/Per vedere come stanno le bestie feroci/E gridare: "Aiuto, aiuto è scappato il leone!"/E vedere di nascosto l'effetto che fa”. Ah no...quello era Iannacci.


Alessia de Antoniis





















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