Genitori preoccupati, studenti spaesati, linee guida incerte.
La fase uno di questo maledetto virus (covid-19) ha rivoluzionato letteralmente tutto, anche la scuola, il luogo dove per antonomasia i discenti non solo imparano le materie ma anche a divenire cittadini civili, a saper discernere il giusto dallo sbagliato.
Alle secondarie per un lungo tempo è stata introdotta quella che in acronimo si chiama D.A.D (didattica a distanza) e che vede l’insegnante a casa propria connesso con i suoi alunni tramite una rete.
Il virtuale prende il sopravvento eliminando la presenza fisica di un punto di riferimento da guardare, da osservare, da interrompere. Non che tramite computer questo non sia possibile, ma si viene a sciogliere l’attenzione per non parlare poi dell’interazione che ci può essere tra compagni di classe, gli intervalli, le confessioni e tutto ciò che comporta una crescita insieme.
Marco Passarello (oltre a essere un attore comico) è un professore di chimica che ha accusato il malessere della D.A.D
Cosa pensi di aver imparato da questa reclusione forzata?
Ho imparato una cosa, forse banale, che tutte quelle piccole cose che mi davano fastidio prima della pandemia (alzarmi presto la mattina per andare a scuola, pranzare velocemente, correre troppo) non me ne daranno mai più.
Abbiamo vissuto un periodo (e tutt’oggi lo viviamo) di emergenza su tutti i fronti. Dal punto di vista didattico il distanziamento fisico quanto ha gravato anche su quello emotivo?
Tantissimo! Gli studenti, come noi adulti, per vivere la maggioranza delle loro emozioni hanno bisogno degli altri. La DAD distrugge tutto, soprattutto tra gli studenti degli istituti professionali dove quasi nessuno ha la possibilità di avere, a casa, una stanza e un pc tutto per loro per poter studiare in tranquillità. Io insegno in uno di queste scuole e spesso ho interrogato qualcuno collegato da un telefonino con il sottofondo del fratellino più piccolo collegato con la sua classe e quello della madre che passava l'aspirapolvere. La DAD è indubbiamente classista, e, a parer mio, rimane sempre e solo un surrogato della scuola anche se i professori fanno di tutto per renderla interessante. Mi è piaciuta una frase scritta su un cartello in una delle tante manifestazioni degli studenti di questo periodo: Se vedi di buon occhio la DAD sei miope!
I programmi ministeriali ne hanno risentito?
Sicuramente, anche se molti colleghi ti diranno di no perché presi dal senso di colpa di fare poco hanno subissato gli studenti di compiti costringendoli a stare anche più di 5 ore davanti al pc e interrogandoli anche la domenica sera!
I rapporti tra professore e allievi sono rimasti tali o sono cambiati?
Non c’è la paura che la tecnologia prenda il sopravvento sulla comunicazione?
Il rapporto tra un professore e una classe è troppo soggettivo quindi non posso darti un parere generale, il mio rapporto non è cambiato ma è cambiato il mio modo di fare lezione, ho dovuto rallentare un po' per essere sicuro che tutti (anche quelli con più difficoltà tecnologiche) mi seguino.
Quella che dici tu è una delle mie più grandi paure e si stava concretizzando anche prima della pandemia, a causa dei social network.
Quanto ti è mancato il gesso ?
Molto, un professore di chimica senza il suo piccolo cilindro di solfato di calcio si sente troppo solo.
L’uomo “è un essere attivo che interviene nel corso dei fenomeni” e cerca di modificarli a suo pro, andava asserendo Dewey, filosofo e pedagogista statunitense del tardo ottocento.
Come pensi possa essere applicata oggi questa riflessione?
Certo, anche se oggi vedo uomini più passivi che attivi e per passivi intendo indifferenti su quello che gli succede, che intervengono solo se riguarda il loro piccolo giardino e non qualcos'altro legato alla collettività. Spero sia solo una mia impressione.
Puoi raccontarci la percezione della tua “crisi” in tempo pandemico da professore poi persona e, infine, attore?
Ogni crisi, secondo me, è composta da due fattori: la paura e l'opportunità. Io sento molto la paura, non solo del contagio ma anche di tutto quello che ci porteremo quando tutto questo finirà. L'opportunità la vedo sfocata e spero invece che come Paese la potremo cogliere perché sia a livello individuale che collettivo possiamo davvero cambiare tutto e non tornare alla “normalità” di prima che era deleteria per tanti fattori. Da attore spero di tornare presto sul palco, questa è la cosa che mi manca di più di tutte ma sono sicuro che il teatro ripartirà!
Grazie
Maria Francesca Stancapiano
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