DESAPARECIDOS43 - Instabili Vaganti

DESAPARECIDOS43 - Instabili Vaganti

Volevano seppellirci ma non sapevano che eravamo semi

stampa articolo Galleria multimediale Scarica pdf

Ieri sera l’Unfolding Roma era a Garage Zero, nel quartiere tuscolano, per vedere uno spettacolo all’interno della ormai consolidata manifestazione “Attraversamenti multipli” giunta oramai alla sua quindicesima edizione e che vede i suoi punti di forza nella multidisciplinarietà, nelle locations inconsuete, nelle nuove creatività, nella relazione tra spettacolo e spazi pubblici, nell’attenzione per gli spettatori.

E’ stato portato in scena “Desaparecidos43” uno spettacolo nato dentro al progetto Megalopolis che vede riuniti artisti e studenti, sin dal 2012, a Città del Messico e che ha lo scopo di informare, svegliare le coscienze, ricordare i crimini di una classe politica messicana legata ai narcotrafficanti e colpevoli di innumerevole stragi e sparizioni (trentamila persone in dieci anni, due persone ogni ora) tra cui il dramma che ha ispirato lo spettacolo di ieri sera.

In scena Anna Dora Dorno, Nicola Pianzola e Marta Tabacco con le musiche originali di Alberto Novello Jestern e Giulia Diavolo che cura le immagini video. Tutti insieme compongono gli Instabili Vaganti.

Il 26 settembre 2014 a Iguala, nello stato di Guerrero, in Messico, cinque pullman di studenti sono stati assaltati dalla polizia. Ci sono stati sei morti, cinque feriti e quarantatre studenti catturati e consegnati ad una banda di narcotrafficanti. Questi quarantatre giovani poco più che ventenni dal quel momento sono scomparsi, desaparecidos, ed i loro corpi mai più ritrovati.

Quando le luci si spengono, il buio avvolge tutti, spettatori ed attori in scena. Si accendono due lumini e lo spettacolo inizia. Il pathos si respira nell’aria fredda della location insolita, ti entra nelle vene. I gesti, i simbolismi che vengono portati in scena iniziano a far lavorare le menti. Ti coglie un senso di disagio, una spina che lentamente affonda nel tuo petto. Jeans vuoti e magliette insanguinate vengono deposte a formare corpi che non ci sono più, corpi di giovani scomparsi nel nulla e per cui si chiede di non dimenticare.

La drammaturgia è estremamente originale, bilingue, italiano e spagnolo, i corpi degli attori si muovono con gesti perfettamente sincroni, si intrecciano, si legano e si allontanano. Un teatro fisico, materico che riesce perfettamente ad esprimere il dolore e la rabbia per così tante giovani vite spezzate e gettate nell’oblio.

Ma in scena non ci sono solo gli attori. In loro supporto vengono utilizzate altre forme artistiche, come le immagini proiettate sullo sfondo bianco alle loro spalle, immagini delle piazze in rivolta per le atrocità commesse. Melodie e canti strazianti eseguite da una delle attrici in scena. E poi il coinvolgimento del pubblico, quando uno degli attori dona a ciascun spettatore un fiore di carta color rosso sangue per non dimenticare.

Poi nel silenzio, una delle attrici a rappresentare la nazione, coperta dalla bandiera messicana, dove sono spariti il rosso ed il verde, sostituiti con un luttuoso nero, lancia il suo grido straziante per la morte di tutti i suoi giovani ed innocenti figli.

“Volevano seppellirci ma non sapevano che eravamo semi” sono queste le ultime parole dello spettacolo che lasciano il segno, che scavano dentro le nostre anime e a loro volta lasciano il seme della speranza, del desiderio di lotta, della voglia di non dimenticare.

E’ questo il teatro che lascia il segno: il teatro sociale, dove si riesce a svegliare le anime addormentate e tramortite dal dover vivere una vita imposta dall’alto.

E’ questa la forza del teatro, usato come strumento per non dimenticare, per manifestare, per infiammare le piazze desiderose di libertà. No Olvidemos!

Alessio Capponi

© Riproduzione riservata

Multimedia