All’Off/Off Theatre: L’indecenza E La Forma Pasolini Nella Stanza Della Tortura

All’Off/Off Theatre: L’indecenza E La Forma Pasolini Nella Stanza Della Tortura

Lo spettacolo scritto da Giuseppe Manfridi, diretto da Marco Carniti, interpretato da Francesca Benedetti e Dario Guidi.

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Cento anni dalla nascita dell’intellettuale e artista Pier Paolo Pasolini: tra le più emblematiche e dibattute personalità del Novecento, rappresenta ancor oggi un riferimento costante della cultura italiana e internazionale, capace di anticipare e descrivere le evoluzioni e le trasformazioni della società contemporanea.

E’ stato ricordato all’Off/Off Theatre il 14 marzo 2022, con lo spettacolo “L’Indecenza e la forma (Pasolini nella stanza della tortura)”, interpretato da Francesca Benedetti, con la partecipazione di Dario Guidi, scritto da Giuseppe Manfridi e diretto da Marco Carniti.

“Un’elegia spietata sul potere all’interno della famiglia che penetra le ossa lasciandoci senza fiato - commenta il regista Carniti - ho dato corpo e azione teatrale a un personaggio inesistente nel testo originale che rappresenta in senso fisico e metafisico il rapporto vittima - carnefice che si instaura tra madre-figlio e padre-figlio”. Una regia magistrale e densa quella di Carniti, che mette in scena una drammaturgia “scomoda e respingente”, generando profonde riflessioni e inedite letture dell’opera pasoliniana.

Francesca Benedetti, interprete d’eccezione, ha il compito di articolare un monologo in cui le parole diventano un fiume che straripa, che travolge lo spettatore lasciandolo ammutolito di fronte all’incubo di un rapporto familiare in cui il potere e la violenza verbale danno voce al patologico rapporto tra i membri familiari. La voce della Benedetti è inconfondibile e potente, unita ad una polifonia di espressioni drammatiche, si presta particolarmente a narrare un profluvio di versi in cui emerge la simbologia di una madre creatrice di vita, che però sopprime ogni buon ordinario sentimento, forse incapace di amare il figlio fin in fondo perché è un amore, sì, viscerale ma al tempo stesso irraggiungibile.

Il giovane figlio è ben interpretato da Dario Guidi, quasi un novello martire, un “Pasolini/Cristo” che soccombe alla crudezza verbale del genitore e di fronte a una madre, ben lontana da quella della pietà michelangiolesca. E’ la cruda testimonianza di un martirio, una voce muta che è condannata a restare in solitudine e rappresentare quella umanità incompresa, fisicamente e psicologicamente martoriata.

Siamo abituati a considerare la famiglia come la prima forma di società, che nasce dal sentimento di chi genera esseri da crescere e allevare nell’amore; eppure questo piccolo nucleo, questo triangolo tra genitori e figli può diventare l’inizio della sofferenza che non ha parole per esprimere la tragedia scaturita dal dolore.

È un Pasolini inedito, sconosciuto ai più che ricordano il proverbiale attaccamento alla figura materna dell’autore ( si pensi alla Madonna interpretata dall’anziana madre di Pasolini, Susanna, nel film “Il Vangelo secondo Matteo” del 1964).

In questo spettacolo la figura genitoriale è invece dissacrata, in un’atmosfera infernale, in cui a soccombere è il più debole, il figlio; il monologo genera inquietudine, angoscia e annientamento psicologico proprio in chi sin dalla nascita dovrebbe essere, invece, accolto, protetto, amato.

Applausi a scena aperta dal pubblico, emotivamente catturato dalla drammatica interpretazione. Tanti gli ospiti presenti in sala, tra cui Dacia Maraini, Maria Teresa Benedetti, sorella dell’attrice, Fausto e Lella Bertinotti, Pino Strabioli e Iole Siena.

Foto di scena Guido Laudani.

Articolo di Giorgio Vulcano.

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