Fino al prossimo 5 maggio 2022 il Micro Arti Visive di Paola Valori a Viale Mazzini, ospita la mostra “Uccio Biondi. Dietro le quinte, dentro il colore”.
Una produzione immensa per l’artista salentino che ha al suo attivo una carriera di oltre 50 anni e che per la prima volta espone nella Capitale.
Una raccolta di 25 opere che hanno come comune denominatore la centralità della figura della donna, come elemento chiave e dominante di tutte le opere, una donna contemporanea, che viene messa in evidenza nella sua complessità e diversità.
Un linguaggio artistico quello di Uccio Biondi che parte dal figurativo per abbracciare e giocare con l’astratto, mixando elementi non propri della pittura classica ma presi in prestito anche dalla scultura, e da ultimo utilizzando materiali extrartistici per le sue installazioni intermediali.
Non solo pittore Uccio Biondi, artista che spazia anche nella dimensione più propriamente performativa del teatro, come quella messa in scena al vernissage, una performance muta “Love. Sillabe di carta” alla presenza di donne del teatro, della scrittura, della musica e del mondo dello spettacolo, che hanno aderito come madrine dell’evento: Alessandra Panelli, Cinzia Leone, Margherita d’Amico, Ginevra Giovanelli, Cristiana Polegri, Roberta Beta, Manuela Morabito.
Abbiamo voluto fare qualche domanda all’artista per meglio comprendere la sua arte e la sua personale.
Cinquant’anni di carriera nell’arte, qual’è il suo stile? Figurativo, astratto, misto, come lo definirebbe?
Definirei il mio stile come “vivo le contraddizioni del tempo”. Sono partito come figurativo, ma in fondo resto un informale, in bilico tra la figurazione e l’astrazione. Nei lavori che vede esposti si nota questo dualismo.
Tutte le opere esposte hanno un focus sulla donna, perché?
Il femminile è l’altra parte di me, quella che noi uomini non vogliamo mai dire. Tracciare l’idea della donna come schema tradizionale o come stereotipo non serve. Serve come elemento che vive le contraddizioni del tempo e, soprattutto, che faccia le sue campagne giuste, che merita. Io la donna la inserisco così nelle mie opere, le mie donne sono tutte nude o quasi, perché non si nascondono. Fondamentalmente la donna è il simbolo della contraddizione e io ne sono una sua parte. Ho un’unica certezza, il mondo sarà delle donne.
Mescola la pittura con altri stili, che riprendono anche dalla scultura, utilizzando anche materiali inusuali, come mai?
Ho attraversato momenti per me significativi: ho iniziato dalla figurazione tradizionale, espressionista dei primi anni ’70, dove ribadivo il concetto del riscatto del sud, essendo io pugliese, non dimentichiamo che c’è ancora la questione di Salvemini irrisolta.
Poi sono andato avanti, ho costruito immagini su immagini, ho fatto un po' dell’impressionismo concettuale, poi ho avuto una pausa. Un momento particolare in cui ho deciso di lasciare la figurazione per ricominciare da capo, alla ricerca del segno perduto, dell’informale. Il gesto, il segno sono ancora in me, sono miei figli, mi sento ancora un informale, che viaggia tra la figurazione e l’astratto.
E’ la sua prima personale a Roma, che inaugura il giorno dei Natali di Roma, dei suoi 2775 anni, che sensazione prova?
A dir la verità ho scoperto questa coincidenza tramite un’amica, che si è occupata anche di alcuni testi del catalogo, ne sono rimasto estremamente lusingato, anche se da un lato è “molto ingombrante”, ma nello stesso tempo mi inietta fiducia, in questo momento così delicato che stiamo vivendo.
Nelle sue opere sceglie principalmente i colori primari o derivati, perché?
I derivati sembrano derivati, ma non lo sono, sono gialli, rossi, blu, neri carbone e diventano tutti primari. L’artista deve riuscire ad evitare “le velinate” altrimenti le opere diventano troppo “conciliatorie”. L’arte deve riuscire a dare la sensazione del colore tattile, io il colore lo mangio, ho un vero e proprio corpo a corpo con il colore.
Dopo questa proficua e lunghissima carriera, prossimi progetti, un sogno nel cassetto?
Non mi pongo mai questa domanda, basta un mal di testa per far saltare tutti i piani, ed essere frenato in modo maledetto. Grandi progetti non ne ho, degli impegni prossimi si, una mia grande installazione che metterò in Puglia in un castello, sempre con una valenza politica e uno specchio sul sociale.”
Le opere esposte dell’artista ed anche il titolo dell’esposizione, vogliono rappresentare non solo il percorso artistico di Uccio Biondi ma le sue affinità con il teatro, che lo hanno portato nel 1982 a fondare il Teatro della Calce che dirige e con cui tuttora realizza opere ed azioni performative di intensa suggestione.
Il teatro, infatti, nella vita di Biondi ha messo radici, “come seconda pelle” e aperto nuove visioni comunicative.
Disponibile anche il catalogo della mostra, pubblicato da Gutenberg Edizioni con testo introduttivo di Paola Valori, e con testi critici di Simona Capodimonti e Marcello Francolini.
Articolo di Stefania Vaghi
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