Irriverentə è Il Nuovo Album Di Mico Argirò, Uscito Il 15 Aprile

Irriverentə è Il Nuovo Album Di Mico Argirò, Uscito Il 15 Aprile

Il disco si apre con “Che schifo gli anni 20”, una chitarra acustica, un beat elettronico e sintetizzatori vanno a comporre un brano dal ritmo pop, carico di ironia

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“Irriverentə” è il nuovo album di Mico Argirò, uscito il 15 aprile. Un mix di ironia e generi diversi che vanno a comporre musica di un ecletticismo molto particolare, questo è “Irriverentə”.

Cantautorato, indie, elettronica, rap e musica etnica si fondono all’interno del disco, rendendolo un vero e proprio melting pot musicale. Altra peculiarità è quella di essere stampato non su cd, o vinile bensì su preservativo. “Irriverentə” è un insieme di 8 storie degli anni ’20 del nostro secolo, che trattano in maniera ironica del disagio di vivere in questi tempi fra Facebook, lockdown e solitudine. Lo stesso Mico Argirò ci racconta di come in questo album faccia molto riferimento a sé stesso ed alle sue esperienze: “In questo album c’è un pezzo della mia vita; le pause tra una canzone e l’altra sono i miei istanti di questi due/tre anni; per me non è solo musica: è una parte di me”.

Il disco si apre con “Che schifo gli anni 20”, una chitarra acustica, un beat elettronico e sintetizzatori vanno a comporre un brano dal ritmo pop, carico di ironia e che tratta della difficoltà di vivere in questo periodo storico fatto da social, lockdown e tanto disagio. Abbiamo poi “Home”, prima collaborazione del disco grazie a Luciano Tarullo, Antunzmask e Cilento Doppia H; ognuno dei tre artisti interpreta un genere diverso e così il beat ritmato quasi rap-drill si fonde con la parte indie e con quella cantautoriale, dando vita ad un pluralismo che ben rappresenta l’album; pezzo che racconta della home di un social e di tutto il malessere che possiamo trovare al suo interno, il finale ironico cita, in maniera stereotipata e prendendo in giro il rap, nomi di marchi famosi. Il terzo brano, “Lucia”, nasce dalla lettura delle poesie della giovane poetessa Lucia Panascì, conosciuta postuma dall’autore e racconta della malattia che l’ha portata via, delle notti insonni e della speranza; traccia più intima e seria, un vero e proprio brano cantautoriale, la chitarra acustica delicata, la batteria elettronica ed i sintetizzatori si uniscono qui in una storia piena di tristezza. L’ironia che troviamo nel titolo ci accompagna lungo tutto il pezzo in “è morto De Gregori”, si parte con una chitarra strimpellata in stile country blues e si prosegue con un sound tutto italiano dove in sottofondo troviamo frasi estreme e ciniche; racconta dei commenti che potrebbero essere fatti in rete a seguito della morte di un cantante famoso, così tra esagerazioni e frasi fatte l’ artista fa una critica al mondo radical-chich ed agli elogi funebri da social; secondo featuring dell’album grazie a Frank Bonavena e Gabriele Slep. Segue “Le canzoni divertenti”, una chitarra acustica semplice ci accompagna in una traccia che è una sorta di flusso di coscienza, infatti possiamo trovare un cambio di metronomo e di arrangiamento più volte che corrisponde proprio al cambio del flusso di pensiero dell’autore, vi si parla, principalmente, del modo di vedere l’arte e la musica al giorno d’oggi; molto particolare anche per l’uso di inframezzi in inglese, e per la voce di Andrea Tartaglia che, in napoletano, non fa che ripetere la stessa frase(il nemico di me stesso sono io), con un andamento a tratti bluseggiante. Sesta traccia è “Di nascosto”, con un pianoforte smielato troviamo un brano che all’inizio sembra essere prettamente romantico ma che, poi, assume tratti comici ed ironici quando ci rendiamo conto che viene raccontata la storia di un amante che, durante il lockdown, esce di nascosto per andare a trovare una ragazza; l’idea che si vuole dare è quella di una canzone classica napoletana ma con un ritornello elettronico, il mix di questi due stili è riscontrabile grazie a mandolino, piano, violino, sintetizzatori ed arpeggiatori, tutti presenti al suo interno. Penultimo brano è “Lambrooklyn”, anche questo riferito alla pandemia, racconta del forte desiderio di una svolta, un’evasione, di qualcosa che spezzi la noia e la ripetitività dei giorni; parte lentamente con una chitarra acustica, un beat elettronico e sintetizzatori e termina con una chitarra elettrica ed un giro di basso più sostenuti. Ultimo pezzo “Hijab”, in collaborazione con Pietra Montecorvino, voce unica nel panorama napoletano, qui prodotta da Eugenio Bennato; un sound arabeggiante avvolge tutta la traccia che racconta di un amore universale con una ragazza araba, con l’hijab appunto; l’idea era di creare un brano dal genere libero, che non rientrasse in nessuna schematizzazione. Molto ben riuscito.

Articolo di Asia Seca.

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