AL TEATROSOPHIA LINGUE DIVERSE HANNO CREATO LO SPETTACOLO PERFETTO

AL TEATROSOPHIA LINGUE DIVERSE HANNO CREATO LO SPETTACOLO PERFETTO

Flavio Marigliano, Marta Iacopini e Mayil Georgi emozionano il pubblico con “La Reine de marbre”

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“La Reine de marbre” rappresentata al Teatrosophia di Roma più che uno spettacolo è una ventata di ottimismo per una forma di teatro che, attingendo a piene mani dalla commedia dell’arte, riesce a creare un prodotto attuale di elevato livello con un testo che, nonostante non sia facile, viene interpretato magistralmente in italiano, inglese, francese e spagnolo per originare, alla fine, un linguaggio universale che possa essere compreso da tutta la gente del modo. L’ambientazione è quella di un veliero dove Capitan Arlecchino e due dame di compagnia di una regina decapitata nel XVIII secolo si risvegliano da una notte trascorsa a bere champagne ultimo simbolo di un lusso che ben presto diventerà per loro solo un ricordo. Un naufragio, infatti, trascina i protagonisti sulle rotte greche dei migranti con cui dovranno condividere un destino fatto di smarrimento, burocrazia e, soprattutto fame.

Ecco che, allora, “La Reine de marbre” diventa qualcosa che il pubblico non si aspetta. Quasi, senza preavviso, si viene catapultati nella dura realtà dei cadaveri in mare e dei sopravvissuti sulle spiagge in cerca di qualsiasi piccola cosa che possa far rivivere il ricordo di un loro caro. Bravo Flavio Marigliano che nel doppio ruolo di regista e attore protagonista, è riuscito a rendere il ritratto delle cronache contemporanee con un simbolismo tale che in maniera semplice e intuitiva genera infiniti spunti di riflessione. A cominciare dall’utilizzo in scena di barche di carta dei colori della pelle delle diverse nazionalità che diventano, poi, l’assurdo criterio per dividere gli uomini gli uni dagli altri per le pratiche dell’accoglienza. Arlecchino rimane maschera anche quando toglie la maschera di cuoio con una mimica che lo rende unico e con un’espressione visiva in grado di ipnotizzare il pubblico.

Ma ugualmente valide le attrici Marta Iacopini e Mayil Georgi nei loro duetti che cercano di dare una logica alla grandezza della natura e alla percezione che si può avere di essa. Entrambi i ruoli risultano intensi nello splendore e nelle miserie con una grande maestria nel sapere evidenziare quel senso di smarrimento in cui spesso si ritrova la nostra esistenza. E dopo il disastro umanitario, l’accento viene sapientemente concentrato anche sull’ambiente ponendo l’accento su quella plastica che non sconfigge la fame ma che anzi diventa l’elemento che può acutizzarla. Ma alla fine la realtà deve essere comunque vissuta e le dame guidate dal loro Arlecchino dovranno conformarsi anche in quello in cui non credono pur di sopravvivere. I maggiori successi dei Beatles eseguiti da orchestre hanno scandito i momenti più importanti dello spettacolo secondo una scelta geniale che ha reso l’atmosfera ancora più suggestiva. Un giusto mix di passato e presente che, scuotendo le coscienze, può servire anche al futuro.

Rosario Schibeci

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