Unfolding Roma ha avuto il piacere di incontrare ed intervistare l’attore Mario Acampa. Studia recitazione nell’Accademia Regionale del Teatro Nuovo di Torino. Con il massimo dei voti si perfezione come attore e danzatore jazz-musical e ottiene il primo ruolo protagonista nella commedia Plautina “Il soldato Fanfarone” nel 2007.
Da quell’anno è Primo attor giovane per la Compagnia dello Stabile Privato di Torino - Torino Spettacoli. Viene insignito del prestigioso premio Vignale Teatro per i meriti artistici e la precoce carriera. Lavora con registi del calibro di Filippo Crivelli e Ugo Gregoretti ed è protagonista di Cabiria il colossal, Forbici Follia, L’asino d’Oro-il Musical e il Mago di Oz. Nel 2016 debutta come protagonista nel tempio del musical italiano, il teatro Nazionale, con The Blues Legend diretto da Chiara Noschese.
Nel 2008 inizia in parallelo la carriera televisiva ed è attore in Vivere, Nebbie e delitti, il Bene e il Male su Rai Uno, Mia Madre per Rai 2 diretta da Ricky Tognazzi, Bye Bye Cinderalla per Mediaset. E’ nel cast di Fuori Classe 3 con Luciana Littizzetto nel ruolo di un giovane e brillante medico e sarà un simpatico insegnante di sci nella fiction Rai “Il Vicequestore Schiavone” accanto a Marco Giallini. Dal 2010 diventa volto della tv dei ragazzi prima su Rai Yoyo con Ma che bel Castello a fianco di Oreste Castagna, l’anno successivo è conduttore dell’innovativo format di Too Gulp su Rai Gulp con la regia di Valerio Orsolini e nel 2011 diventa conduttore ufficiale del primo talk show in diretta per ragazzi sulla tv digitale con “La Tv Ribelle” e la regia di Angelo Caserio e Paolo Severini. E’ il testimonial della campagna pubblicitaria nazionale di Balocco e subito dopo diventa il ragazzo icona di Coca Cola Zero per la divertente campagna internazionale della candid camera nel cinema. Nel 2012 è diretto da Luca Lucini per lo spot Mc Donald’s, nel 2013 sarà Phil Brown a dirigerlo nello spot Ikea e finalmente nel 2014 è il Genio-eroe nella campagna pubblicitaria cartoonizzata di Ceres.
Mentre continua la sua carriera da conduttore torna in teatro con il trittico Plautino dei Menecmi, Pseudolo e Mostellaria e debutta sempre con ruolo protagonista nelle tournè operistiche e operettistiche di Elisir d’amore di Donizetti con la direzione d’orchestra del Maestro Ratti, il Cavallino Bianco, Vedova Allegra, Cenerentola di Rossini nel ruolo del brillante Dandini. Ha appena terminato la tournè de Lo zingaro barone di Strauss nel ruolo del protagonista Barinkaj. Nel 2015 firma la sua prima regia lirica per l’opera “Il piccolo principe”. La prima Europea va in scena nel prestigioso Teatro Carignano di Torino dove lo spettacolo viene acclamato da pubblico e critica proprio per la sua regia spudorata e anti-convenzionale. E’ da poco uscito nelle sale cinematografiche nazionali il suo primo film da protagonista “Press” prodotto da LunaFilm in collaborazione con Rai Cinema per la regia di Paolo Bertino e Alessandro Isetta, nel ruolo di Maurizio Nardi, un giovane e spudorato giornalista.
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E’ uscito da poco il tuo nuovo film “Press, storie di false verità”, dove sei il protagonista. Perché una persona dovrebbe andare al cinema a vederlo? Per quale motivo lo consiglieresti?
In questo film ho provato a non giudicare il mio personaggio, nonostante quello che fa, visto che Maurizio, che interpreto, è una persona un po’ “furbetta”. Il motivo per il quale vorrei che la gente andasse al cinema, è perché vorrei dare la forza alle persone come Maurizio che hanno un sogno, un’aspirazione forte. E ci sono tanti giovani in Italia che si trovano in questa situazione. Maurizio deve dare la forza a qualcuno che non si abbatte davanti alle difficoltà, anche se lo fa in modo sbagliato. E’ un film che nel bene o nel male ti carica.
Qual è il messaggio che vuole lasciare questo film? C’è sotto una critica al ruolo del giornalista moderno?
La cosa bella di questo film è che non vuole lasciare un messaggio o dare una morale. I due registi, Paolo Bertino e Alessandro Isetta, non hanno voluto astenersi ma hanno deciso di raccontare una storia come tante. Critica al giornalismo? C’è chi guarda il film e vede la storia di un uomo, chi invece vede una critica al giornalismo o a un giornalista in particolare. Ma non c’è una critica o una lamentela vera e propria. La domanda è: capiamo esattamente tutto quello che avviene o ci arrivano delle informazioni e ce le beviamo così come sono? La cosa spiazzante, anche se molto semplice è… ci riflettiamo abbastanza sulle cose che ci arrivano? Noi telespettatori, noi essere umani, cittadini, ci interroghiamo? Oppure ci asteniamo di pensare perché qualcuno lo fa per noi?
"Abbiamo un debito con i telespettatori: dobbiamo dirgli la verità". E’ un messaggio lanciato da Letizia Leviti, giornalista di Sky morta per un cancro pochi giorni fa. Hai avuto modo di apprendere la notizia? Cosa ne pensi di questa frase anche alla luce del tuo film?
E’ una cosa che mi ha spiazzato. Io credo che questa ragazza abbia avuto un grande coraggio e una grande forza. In questo film, c’è il direttore che dice una cosa molto simile: “Ho visto gente fare qualunque cosa pur di avere qualche ascolto in più, più successo, ma non è questo il modo in cui voglio vivere, e far crescere questa azienda. In questo modo si perde anche un po’ se stessi”. Io credo che abbiamo un debito e un dovere non soltanto nei confronti degli altri, ma nei confronti di noi stessi, delle generazioni che vengono dopo, dei nostri figli. Noi stessi lasciamo un patrimonio di valori, ma se noi continuiamo a boicottare questi valori di onestà, a ribaltarli in continuazione, facciamo un torto a noi stessi prima di tutti.
Cinema e Teatro, simili ma tanto diversi. Se dovessi scegliere fra uno dei due quale sceglieresti? Quali sono le cose che più distinguono questi due generi?
E’ un po’ come scegliere tra mamma e papà. Il mio modo di rapportarmi con i copioni e la sceneggiatura è sempre lo stesso. Lo sto sperimentando adesso. Li smembro allo stesso modo. Cerco sempre di umanizzare e trovare il minimo comun determinatore. Quindi l’approccio sia al teatro che al cinema è sempre lo stesso, almeno personalmente. E’ come quando cucini una torta: gli ingredienti che uso sono gli stessi, cambiano gli strumenti. Ovviamente in teatro qualcosa di diverso c’è. Per esempio il fatto di avere il pubblico davanti, di non avere una pausa. L’unica differenza è questa. Sul set puoi interrompere il lavoro, al teatro non puoi farlo. Ma io ho bisogno del pubblico, di capire le loro reazioni. La presenza del pubblico è un incentivo.
Hai lavorato con grandi registi. Filippo Crivelli e Ugo Gregoretti, e tanti altri. Con chi ti sei trovato meglio?
Sul set mi è piaciuto molto il lavoro che ho fatto con Ron Howard. L’attore era Tom Hanks, il film l’Inferno. Mi sono ritrovato a Budapest a lavorare con lui, per un apparizione. Ho trovato in lui una grande umiltà, grande collaborazione e rispetto verso il proprio pubblico e il proprio lavoro. E’ illuminante nella sua semplicità. Un’altra regista con cui mi trovo benissimo perché trova il senso più profondo delle cose che mette in scena è Chiara Noschese. Il lavoro che lei fa sui personaggi, che fa sul testo, è un lavoro che io definisco come “schiaffi emotivi”. Sono sempre incisivi, forti, senza paura. E’ una regista molto coraggiosa.
E invece di attori? Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?
Potrei fare una lista infinita. Mi piacerebbe lavorare, visto che sto lavorando sul Cappellaio Matto, con Johnny Depp. Per confrontarmi e capire da dove è partito lui, come si è mosso nell’analisi del personaggio. Oppure anche con Julia Roberts. Vorrei girare una scena con lei.
Quando e soprattutto come, hai capito di voler fare questo lavoro?
Io ancora non l’ho capito (ride). Io ho bisogno di divertirmi, come un po’ in tutti i lavori. Per far divertire la gente, devi essere tu il primo a divertirti. Faccio solo le cose che mi fanno star bene, e la prima volta che sono salito sul palco, ho sentito che mi stavo divertendo, e mi sono detto: “Mario, finché ti senti così bene, non smettere mai di farlo”. Quindi diciamo che l’ho capito la prima volta che sono salito sul palco. Non l’ho mai considerato come un lavoro e basta.
Passiamo a qualche domanda di attualità. Sei di Torino. Sei contento che dell’Appendino nuovo sindaco della tua città? Cosa ne pensi del M5S?
C’è un dato di fatto da prendere in considerazione. E’ una scelta democratica fatta con le elezioni. Se la città di Torino ha deciso di dare fiducia a qualcun altro, è giusto che abbia vinto. Vedremo cosa farà.
E’ una domanda piuttosto ampia, ma vorrei sapere cosa ne pensi del terrorismo e del clima di terrore in cui viviamo. Hai paura del terrorismo? Come lo si combatte?
Sono andato a Milano lo scorso giorno. Sono uscito da teatro ed erano tutti fermi per un allarme bomba. E’ cambiato tutto. Quando ci incontriamo con le nostre paure cambiamo faccia, espressione, figurati quando si concretizza. Il nemico può essere chiunque, non riusciamo a visionarlo. Io penso che il primo nemico di noi stessi siamo proprio noi stessi. Nel momento in cui accadono dei drammi così forti, dove c’è qualcuno che decide per la vita degli altri, nel momento in cui si commette una violenza, fisica o psicologica che sia, è un atto deplorevole in ogni caso. Quello su cui rifletto di più è come ci comportiamo noi di fronte a questi drammi. Il fatto di vedere sui social condivisioni di immagini macabre, pensieri di rabbia, intolleranza, estremismo, mi dà l’impressione che la rabbia che c’è in circolo, continuiamo ad alimentarla. Questo è quello che mi spaventa di più, il fatto che il terrorismo riesca a rimettere in moto i lati più brutti della nostra anima e del nostro pensiero. Quando vediamo una cosa brutta, pensiamo una cosa ancora più estrema. E questa è la cosa che mi fa più paura. In qualche modo diventiamo così tutti terroristi di noi stessi. Non so come si possa arginare tutto ciò.
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Hai lavorato anche per la Rai. Cosa ne pensi del servizio pubblico? Il prezzo del canone è congruo all’offerta che la Rai propone?
Non mi sono mai interrogato su questa cosa. Io ho lavorato in Rai, e nelle dinamiche che ho affrontato, ho avuto a che fare con il centro di produzione torinese. La Rai è un’azienda molto grande, molto estesa ed è formata da tanti canali. Sarebbe riduttivo parlarne in termini generali. Io posso parlare della mia esperienza. Il centro produzione Rai di Torino, è altamente qualificato, fatto di persone fantastiche professionalmente e umanamente. Ho lavorato in maniera meravigliosa. E’ un centro che funziona. Ho deciso di lasciare perché volevo cambiare per trovare la mia felicità. Se i soldi del canone servono per alimentare una macchina come quella del Centro di produzione di Torino, io lo pagherei due volte. Quando penso alla Rai, penso a delle facce, quelle delle persone con cui ho lavorato, e per loro sono felice di pagarlo.
Tu sei l’esempio di come un giovane possa far carriera anche in Italia. E’ spesso colpa dei giovani se rimangono senza lavoro e vengono etichettati spesso come fannulloni, oppure è colpa di questo paese che offre poche opportunità ai giovani?
Socrate parlava di “giusto mezzo”. Non per dire che la verità sia nel mezzo. Io credo che l’essere umano cerca sempre di adattarsi alle situazioni. Quello che avviene a livello globale, ricade su di noi in maniera preponderante, ed è difficile fare qualcosa per arginarlo visto che sono cose più grandi di noi. In quel caso l’unica cosa che possiamo fare è avere fiducia nel nostro spirito di adattamento, e trovare altre strade. Non possiamo fare altrimenti. E’ ovvio però che il governo dovrebbe assicurare il lavoro, il benessere la felicità. Io sono l’esempio di una persona che ha provato a non arrendersi. A volte ho viaggiato, mi sono spostato, non ho mai smesso di credere nei miei sogni e sono stato fortunato a trovare la mia strada. Mi interrogherei su cosa siamo disposti a fare per essere felici. Sono disposto a rinunciare a delle sicurezze, a cambiare, ad adattarmi? Questa è la domanda che bisogna farsi.
Progetti per il futuro?
Ce ne sono moltissimi. Sono fortunato. Tra poco, in ottobre, debutterò con Alice nel paese delle meraviglie, nel ruolo del Cappellaio matto al teatro nazionale di Milano. Sto lavorando come direttore artistico a una rivisitazione della Tosca, e c’è un altro progetto a cui tengo molto. A settembre uscirà il mio primo singolo che si intitolerà Meteorite. L’ho scritto tempo fa e mi è stato proposto di cantarlo da due dj Alessandro Costa e Stratodasse. Abbiamo deciso di inciderlo grazie anche alla Bliss Corporation, la nostra casa discografica. Nel frattempo, cinematograficamente, devo finire di girare le ultime scene di Ulisse, una produzione italo-americana che andrà al cinema il prossimo anno. Intanto mi godo Press, nella speranza che abbia ancora un buon seguito.
Valerio De Benedetti
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