Paolo Maccari L’artista Social

Paolo Maccari L’artista Social

Un personaggio in piena evoluzione che con i suoi ritratti sfaccettati ad acquerello e i selfie anticonvenzionali ha conquistato in poco tempo il web e il mondo delle gallerie

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Si è trasferito a Roma dal 1984 e ci tiene a sottolineare le sue origini maremmane ma, conoscendo l’artista Paolo Maccari, ci si accorge subito che il suo vero mondo di appartenenza è così ampio da non potere essere circoscritto in dei confini. La sua laurea in architettura più che a esercitare la professione lo aiuta nel suo modo di esprimersi portandolo a realizzare particolari ritratti dove la faccia viene sfaccettata in tanti triangoli. Ma è sui social che Maccari trova la sua vera dimensione fra tentativi di emulazione che lo portano ad essere emulato egli stesso. Un riscontro immediato che l’artista riesce a gestire non come dipendenza ma piuttosto come una scuola di vita da cui attingere. Una notorietà che non lo investe come un fiume in piena grazie ad un’innata capacità autocritica che lo porta a gestire bene se stesso. Incontriamo Maccari alla vigilia della sua partecipazione a tre mostre collettive a Novara, Assisi e Spoleto, scoprendo tutta la bellezza della persona dietro il personaggio

Nella tua biografia ti definisci un “Hipster”?  Per te significa essere insofferente alle regole, seguire una moda  o avere una forma di  cultura alternativa…

Nella mia vita sono sempre stato naturale per cui anche diventare “Hipster” ha fatto parte di un procedimento spontaneo a cui sono arrivato semplicemente perché mi sono ritrovato negli elementi di questa corrente. Al di là di quelli che  possono essere i canoni identificativi esteriori come la crescita della barba o al look che si rifà al vintage dagli anni ’70 e ’80, mi ritrovo in una forma mentis di diversità, di lasciarsi tutto alle spalle pur non essendo superficiali e, soprattutto, in una certa capacità a non farsi sopraffare dalla rabbia interiore.

Ma quando un artista si identifica in un gruppo con un’etichetta non rischia di chiudersi in dei confini?

Quella di diventare “Hipster” fa parte di una mia scelta, è normale poi che, involontariamente, finisci con il fare parte anche di un gruppo. Può esserci il rischio di una identificazione ma ognuno conquista la sua individualità grazie alla propria specializzazione che ti fa eccellere in un determinato campo senza alcuna etichetta personale.

Nei tuoi ritratti  sono i singoli pezzi che compongono il volto oppure è il volto che si può sfaccettare in tanti pezzi…

La mia formazione di architetto mi ha portato a una costruzione geometrica del volto. Quando faccio un ritratto è come se avessi una lente che mi fa calcolare le distanze fra zigomi, naso, mento, ciglia calcolate al millimetro. Questo, soprattutto con i primi lavori, si esprimeva con tratti molto spigolosi che con il tempo si stanno molto attenuando conservando, comunque, una certa peculiarità. Oggi con la pittura mi sento di essere a metà di un percorso che non so come si evolverà anche se sono curioso di scoprirlo. Probabile, poi, che una volta realizzata tutta la strada, questa non abbia per me più attrattive essendo io un artista che ha sempre bisogno di nuovi stimoli.

Un viso ti ispira semplicemente per istinto oppure deve avere una storia alle spalle…

Scegliere una persona da ritrarre fa parte dell’impulsività di un momento. Mi attira soprattutto l’idea di potere sorprendere qualcuno e mi sento pienamente soddisfatto solo quando quello che ho realizzato viene esposto incorniciato su una parete. Mi diverte, poi,  pensare di avere il super potere di cambiare anche l’immagine del profilo  di chiunque sui social. Alla fine tolgo la fotografia dall'effimero del web e la rendo materiale.

Come mai hai scelto l’uso dell’acquerello per rappresentare le tue  figure…

Anche questo per puro istinto e casualità. L’acquerello è la tecnica che riesco più a padroneggiare e che più mi consente di trasportare quello che voglio esprimere

I tuoi originalissimi selfie riescono a conquistare ogni volta centinaia di seguaci sui social. Ci racconti come nascono e o perchè, secondo te, hanno tanto successo…

I miei selfie trovano ispirazione nell’introspezione. Non sono un’ autocelebrazione piuttosto una forma per vincere la solitudine con la condivisione. Sono comunque il lato di me capace di esprimere il pensiero e lo stato d’animo di un momento. Una peculiarità è che gli artisti che ammiravo mi usano a loro volta come modello e la collezione dei miei ritratti inizia ad essere importante nella quantità e qualità dei nomi di chi mi ha omaggiato.

Potrebbe sopravvivere Paolo Maccari artista senza social?

Oggi se sono quello che sono lo devo solo ai social per cui posso solo ringraziarli. Non ho nessuna dipendenza se non quella per il web anche se sono molto attento a non farmi imprigionare. Sono succube del “like” anche perché proprio il continuo consenso di tutti quelli che mi seguono è lo stimolo a continuare cercando sempre cose sensate da dire. Stare sui social mi consente di vedere i difetti degli altri quindi diventa anche una scuola per poterli evitare. E poi non è da sottovalutare che oggi esporre sui social regala una visibilità che nessuna mostra ti può fare conquistare.  

C’è qualcuno a cui ti senti di dire grazie per il tuo percorso di artista?

Sicuramente David Pompili. La convivenza con lui è diventata molto importante perché mi ha consentito di scoprire le mie attitudini e di farmi conoscere. Entrambi architetti, abbiamo percorso la stessa strada e vissuto le stesse realtà, osservandole e rappresentandole però in maniera diversa. Di lui e della sua arte ho il massimo rispetto.

                                                                                             Rosario Schibeci 

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