Flavio Oreglio

“Anima popolare” è l’emblema di un mondo che è sempre stato il mio personale riferimento nella vita e nel lavoro artistico/artigianale

stampa articolo Scarica pdf

Sta girando l'Italia con “Anima Popolare” Flavio Oreglio, cabarettista e cantautore, noto al grande pubblico per la trasmissione televisiva Zelig. Laureato in Scienze Biologiche ed appassionato insegnante di scienze e matematica, ha abbandonato la docenza per dedicarsi ad un’attività artistica in cui discipline come: teatro, cabaret, musica e scrittura si contaminano a vicenda. Si esprime da sempre coniugando riflessione e umorismo, satira e poesia, pensiero e impegno civile. Il nostro magazine ha il piacere di ospitarlo


Ciao Flavio, benvenuto su Unfolding Roma, parlaci di te in poche parole come ti descriveresti?

“I’ mi son un che quando Amore spira noto e a quel modo ch’e ditta dentro vo significando” … scusa il furto dantesco ma faceva al caso mio.

Quando è iniziata la tua avventura musicale e quando hai capito che sarebbe diventato il tuo lavoro?

La mia avventura musicale è iniziata all’età di nove anni, quando ho intrapreso lo studio del pianoforte. Negli anni settanta ho fatto parte di diversi gruppi musicali (prog, jazz jazz rock e fusion), poi mi sono dato definitivamente alla canzone e agli spettacoli da solo; quindi ho cominciato a fare serate nei locali pubblici e quello che fino al 1985 è stato un  hobby, è diventato prima una semi professione e poi un lavoro a tempo pieno.

Ti senti più cantautore o più cabarettista e perché?

E’ difficile rispondere, dal momento che la domanda contiene parole poco definite dal linguaggio che comunemente siamo abituati a usare. Dovrei prima di tutto chiederti cosa intendi per “cabarettista”. Vado a intuito… probabilmente intendi “comico”. Dico questo perché associare alla parola “cabaret” il concetto di “comico” è un fatto molto comune anche se non c’è niente di più sbagliato. Infatti, il “cabaret” contiene anche la figura del cantautore, perché la moderna canzone d’autore è nata nei cabaret già alla fine dell’ottocento, grazie all’opera di Aristide Bruant e all’attività sperimentale del circolo dei poeti-performer denominati “Hydropathes” e guidati da Emile Goudeau. Pertanto il cantautore può essere considerato un “cabarettista” a tutti gli effetti per via del fatto che la sua figura fa parte della proposta originaria del “cabaret artistique” fin dalla nascita del genere allo Chat Noir di Parigi, nel 1881.  Difficile anche definire cosa s’intende per “cantautore” che non è semplicemente “colui che canta le canzoni che scrive”, ma, facendo mia la definizione proposta da Giorgio Gaber, è “colui che attraverso le sue canzoni racconta la propria visione critica del mondo”… bene, io faccio (o perlomeno tento di fare) proprio questo: raccontare il mio punto di vista. E lo faccio in tutti i modi possibili utilizzando la parola, questo meraviglioso strumento che la natura ci ha messo a disposizione, in tutte le forme che può prendere: monologo, battuta, poesia, scrittura o, unita alla musica, canzone.

Nello spettacolo “trentennale lungo” hai ripercorso la tua carriera dal 1985 al 2015. Come è cambiato il mondo dello spettacolo negli ultimi trentanni?

Il Trentennale non è stato uno spettacolo ma una festa con un programma preciso: raccontare la mia storia attraverso libri autobiografici (ne sono stati pubblicati due: LE ORIGINI 1958-1985 e L’AVVENTURA ARTISTICA 1985-2015, con il titolo “Una vita contromano autobiografia non autorizzata” e antologie dei miei lavori (Ridendo e Sferzando, Catartico! e Ignorantologia). Il mondo dello spettacolo è cambiato? In sé direi di no, è cambiato il sistema mediatico, e con queste trasformazioni bisogna un po’ fare i conti e tentare di conviverci. L’anima che ravviva gli spettacoli è rimasta inalterata, almeno nel mio caso, si tratta solo di riscoprirla e permetterle di entrare in contatto con le persone.

Da dove viene il titolo “Anima Popolare”? Perché l'hai scelto?

“Anima popolare” è l’emblema di un mondo che è sempre stato il mio personale riferimento nella vita e nel lavoro artistico/artigianale. È amore per la semplicità e per il senso critico. Non comporta nulla di bucolico o nostalgico, ma solo la consapevolezza delle radici da tenere presente per tentare di sviluppare un pensiero moderno che guardi verso un futuro con spirito cosmopolita. Le radici non sono barriere, ma ricchezza culturale.

Questo spettacolo è anche un tributo alla Scuola Milanese di teatro di cui hanno fatto parte personaggi del calibro di Dario Fo e Jannacci. Quali sono gli artisti che hanno influenzato di più il tuo modo di fare teatro?

La cosiddetta “Scuola milanese” rappresenta al tempo stesso la matrice del cantautorato nato a Milano e lo spirito del vero cabaret che, proprio in questa città, ha trovato casa fin dal secondo dopoguerra. Si tratta di un fenomeno che non è stato portato avanti solo da artisti milanesi. Grandi personaggi sono arrivati da tutte le parti d’Italia per dare linfa al cabaret, basti pensare a Felice Andreasi che arrivava dal Piemonte, Bruno Lauzi dalla Liguria, Lino Toffolo dal Veneto, Cochi e Renato dal varesotto e Franco Nebbia da Roma; è un genere teatrale di portata nazionale, ma con radici prettamente milanesi. Questa è stata la mia scuola di riferimento, aggiungici anche Fo, Gaber, Jannacci, Svampa, I Gufi , Valdi e un marea di altri artisti che è impossibile elencare in modo esaustivo.

Di cosa parla “Anima Popolare”? Perché dovremmo venire a vederlo?

Non dirò mai nulla per convincere qualcuno a venire a vedermi… se le persone non sono incuriosite spontaneamente da quello che racconto o da quello che ascoltano, nessuna parola servirà per interessarli.
L’unica cosa che mi sento di suggerire è “divertimento e sorpresa”. Se vuoi divertirti e sorprenderti vieni a vedere quello che proponiamo.

Parliamo un po' di attualità? Cosa pensi del reddito di cittadinanza? Quali sono a tuo avviso i pro e i contro del provvedimento?

Il reddito di cittadinanza, al di là dei problemi relativi a fattibilità (copertura finanziaria) e controllo, è qualcosa che va nella direzione della redistribuzione del reddito e quindi per me è cosa positiva. Ovvio che vada salvaguardato dall’assalto di eventuali furbacchioni che, come spesso è accaduto, potrebbero tentare azioni più o meno lecite per approfittarne. Ma si sa che il gioco è questo, ormai non ci si scandalizza neanche più...

Pastori sardi e industrie casearie, chi ha ragione?

Hanno ragione i pastori, anche se io al loro posto non avrei buttato tutto quel latte ma l’avrei donato a chi ne ha bisogno. Era sufficiente vuotare un bidone in modo simbolico.
Questa vicenda è emblematica e riporta all'attenzione di tutti una parola finita nel dimenticatoio: sfruttamento.
A tale proposito consiglio di rileggere Karl Marx e ricominciare a lottare per un’idea alternativa della vita, tenendo presente l’esperienza di questi ultimi decenni ma ritrovando l’antico spirito critico. Il pensiero unico ha rotto gli zebedei… queste sono le conseguenze.

Progetti futuri...

Il binario dei prossimi tempi è tracciato: Anima Popolare e Archivio Storico del Cabaret Italiano. Due progetti dalle mille diramazioni e intersezioni che non basterà una vita per percorrere completamente. L’avventura continua...


Adriana Fenzi


© Riproduzione riservata