Claustrofobia
di Gianni Quinto
regia di Alberto Ferrari
con Gabriele Carbotti, Fabrizio D’Alessio, Andrea Dianetti
Domenica 31 marzo, al Teatro Tor Bella Monaca, propone lo spettacolo Claustrofobia, ormai alla sua ultima replica romana; così annuncia, emozionato, uno dei protagonisti al momento dei ringraziamenti finali.
Sul palco si esibiscono tre attori professionisti, giovani, affiatati, briosi, allegri e divertiti nel rivestire i panni di uomini così reali che ogni spettatore saprà con chi dei tre simpatizzare.
Il dramma si svolge di venerdì sera, nello spazio chiuso di una banca, isolato dall’esterno per un ingegnoso meccanismo di sicurezza; non ha cambio d’aria né campo. È un ambiente claustrofobico. Senza via di scampo, i personaggi sono costretti a trascorrere tre giorni interminabili mentre fuori tutti sono in fermento per vivere l’unico momento di sincero patriottismo: la partita della nazionale di calcio alla finale degli europei! Così se tutti gozzovigliano davanti allo schermo -chi sul divano, chi in pizzeria ma rigorosamente con la birra accanto- il direttore di banca e il figlio del presidente, vecchi compagni di università, rimangono bloccati insieme a un goffo rapinatore. La convivenza coatta, porta i tre a condividere di tutto: reconditi sentimenti, confessioni sconvolgenti, fisiologici bisogni. Quello che viene riproposto è un quadro sociale vicino ai nostri giorni ma che -a distanza di soli tre anni dalle prime esibizioni- appartiene già alla nostra memoria. Il colloquiare strabocca di lessico economico: spread, obbligazioni, debiti, share, plc, mark-up… una sfilza di termini che sono diventati familiari più per l’insistenza con cui capitavano di essere sentiti che per mero interesse. Quello era anche il periodo in cui, sul palcoscenico della politica, primeggiava Renzi; nelle palestre la zumba riscontrava il massimo successo. Da allora ad oggi sono passati pochi, pochissimi anni eppure il contorno della moda di allora ci risulta sufficientemente cambiato. La sostanza è di certo invariata: da un lato c’è chi come il ragioniere (interpretato da Andrea Dianetti) ha fatto tanti sacrifici per svolgere una professione, infondo non realmente gratificante: alle spalle ci sono anni di reclusione sui libri, rinunce, lavoretti per sbarcare il lunario; di contro, lo spocchioso figlio di papà (Fabrizio D’Alessio) a cui tutto è dovuto, nulla manca, alcuna cosa è impossibile. E infine il rispettabile cittadino (Gabriele Carbotti) alle prese con una famiglia e un’impresa da sostenere, risparmi di una vita da custodire e tanta, troppa frustrazione che lo portano a tentare un gesto estremo (rapinare una banca) senza averne lo sfrontato coraggio (la pistola con cui minaccia i potenziali ostaggi si rivelerà un semplice giocattolo), troppo proba è la natura del pizzaiolo.
Con ironia e giusta dose di spiritosaggine, la platea ha assistito entusiasta allo spettacolo, forse un po’ commossa dalla confessione dell’attore ma ansiosa di vederli presto e insieme in scena!
Ilaria Taranto
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