Brucia Parigi, brucia la capitale di Francia, bruciano secoli di storia, di arte e di architettura. La cattedrale di Notre-Dame venne consacrata nel 1163, esempio illustre del gotico francese, non rappresenta da un punto di vista architettonico la più bella e pregiata chiesa gotica, ma vista la sua posizione e la sua storia, è sicuramente la più importante chiesa di Francia. Monumento visitatissimo, al secondo posto dopo la torre Eiffel per numero di visitatori, Notre-Dame de Paris è uno dei simboli di Parigi. L’incendio che l’ha devastata ieri ha tolto il fiato al mondo intero e non importa come e perché il fuoco abbia offeso ed oltraggiato un così importante monumento, conta solo che, ancora una volta, l’intera umanità è posta di fronte al dramma della perdita di un pezzo della propria memoria storica.
Non siamo immortali, lo sappiamo bene, ma come specie imponiamo la nostra conoscenza e la nostra abilità nel creare simboli e manufatti che esprimono la nostra essenza di umanità. Ed è per questo che il dolore di tali perdite ci attraversa tutti trasversalmente, perché è come se morissimo tutti un po’, è come se fossimo tutti messi di fronte alla caducità della nostra essitenza poiché nulla è eterno, nemmeno la pietra, nemmeno l’arte, nemmeno il prodotto del nostro pensiero fatto capolavoro.
La folla silenziosa, raccolta davanti la straziante scena apocalittica di Notre-Dame a fuoco, attonita ed impotente spettatrice alla caduta di una guglia, il pensiero delle preziose vetrate gotiche esplose in mille frammenti con pirotecnica drammaticità, tutto dimostra come in quel momento il dolore si sia fatto vivo, inconscio ed inspiegabilmente lacerante. Quanto dramma pervade il cuore il pensare le transenne lignee del coro, realizzate tra il XIII e il XIV secolo, completamente carbonizzate, perdute completamente, improvvisamente divenute solo un ricordo nella mente di quei fortunati visitatori che hanno avuto la felicità di poterle vedere. Quanto dramma trafigge il cuore di chiunque abbia messo piede in quella meravigliosa opera di umano intelletto, un dolore lancinante che prova anche chi non ha mai avuto occasione di vedere quelle opere meravigliose e la terribile consapevolezza che non potrà mai vederle, che ha perso una occasione di averne anche solo il ricordo: che perdita irreparabile per una specie come la nostra avida di conoscenza e di amore per il bello.
In tutto questo dramma non manca comunque chi dimostra il lato oscuro della nostra umanità, il lato cinico, demente, bieco ed istintivo: l’ignorante. Fa male leggere di persone che lucrano su una perdita di tale portata mettendo in piedi sfottò da tifo da stadio verso un avversario che non esiste. Questa partita l’abbiamo persa tutti: francesi, italiani, europei, cristiani e musulmani. Chi brinda oggi non ha capito quanto abbiamo perso per il nostro domani, un pezzo di storia, un tassello della nostra memoria di essere umani. Queste voci che irridono, che minimizzano, che cinicamente ammettono “ma che mi frega”, che dovrebbero tacere e che rimarrebbero confinate in quattro mura di bar sudici e malfamati, risuonano e riecheggiano per tutto il mondo grazie ai social.
Dovremmo tutti combattere queste ridicole affermazioni, dovremmo tutti ammettere le nostre colpe, accettare la perdita e la sconfitta e reagire rimboccandoci le maniche, cercando di impegnarci a proteggere ciò che di bello abbiamo perché come dice Simone Cristicchi in Manuale di volo per uomo “non è la bellezza che salverà il mondo, siamo noi che dobbiamo salvare la bellezza”.
Tutti noi dovremmo considerare la devastazione di Notre-Dame uno sfregio e una ferita profonda all’intera umanità. Tutti noi dovremmo riflettere sull’importanza di preservare la nostra memoria storica, il nostro patrimonio artistico, nostro, inteso come “dell’intera umanità”. I capolavori dell’arte non appartengono a nessuno ed appartengono a tutti. Ed oggi il dolore dovrebbe essere di tutti. Quando bruciano i simboli della cultura, qualsiasi essa sia, bruciamo noi stessi perché perdiamo un pezzo di umanità.
© Riproduzione riservata