Intervista Con Il Poeta Luca Ariano

Intervista Con Il Poeta Luca Ariano

Il poeta Luca Ariano si racconta in quest'intervista

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Luca Ariano (Mortara – PV 1979) vive a Parma. Di poesia ha pubblicato: Bagliori crepuscolari nel buio (Cardano 1999), Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo 2005), Contratto a termine (Farepoesia 2010, Qudu 2018) e Tracce nel fango (Ultranovecento, 2011) oltre a testi presenti in antologia. Ha curato Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto 2008) e Pro/Testo (Fara 2009). Nel 2012 per le Edizioni d’If è uscito il poemetto I Resistenti, scritto con Carmine De Falco, tra i vincitori del Premio Russo – Mazzacurati. Collabora a riviste e fa parte di Ultranovecento. Nel 2014 per Prospero Editore ha pubblicato l’e-book La Renault di Aldo Moro con una prefazione di Guido Mattia Gallerani. Nel 2015 per Dot.com.Press-Le Voci della Luna ha dato alle stampe Ero altrove, finalista al Premio Gozzano 2015. Nel 2016 presso la Collana Versante Ripido / LaRecherche.it è uscito l’e-book di Bitume d’intorno con una nota di Enea Roversi. Nel 2018 per Qudu è uscita una nuova edizione di Contratto a termine con la prefazione di Luca Mozzachiodi. Sue poesie sono tradotte in francese, spagnolo e rumeno.

Caro Luca, benvenuto e grazie per aver accettato di essere nostro ospite.

Parlaci della tua terra di residenza, l’Emilia Romagna.

Ho scelto di vivere in Emilia Romagna nel 1998 quando mi sono trasferito a Parma per frequentare l’Università. Terminati gli studi, ho trovato lavoro in loco ed ho deciso di fermarmi. È diversa dalla Lombardia, mia terra d’origine, in primo luogo nella mentalità e nella gente più aperta e solidale (di fondo naturalmente, ogni caso poi è diverso), é ricca di cultura, bellezze artistiche e buon cibo, una regione vitale dove poter vivere con una buona qualità della vita.

Cos’è, a tuo avviso, la sensibilità?

La sensibilità è una cosa delicatissima. Non esiste una sola sensibilità, ma vari tipi di sensibilità che possono rivolgersi alle persone, alle attività, alle arti, ai sentimenti. Spesso è un’arma a doppio taglio. Da un lato può essere la molla che fa scattare la creatività, ma dall’altro può creare sofferenze ed imbarazzi.

Quando hai iniziato a leggere, a scrivere in generale e, in particolare, a comporre versi?

Ho iniziato a scrivere da adolescente, intorno ai 14-15 anni, parallelamente alla lettura delle prime poesie. Da allora non mi sono più fermato né a leggere (soprattutto) né a scrivere versi e articoli sulla poesia e libri di poesia.

Cosa fa nascere la tua ispirazione? Come scaturisce in parole, prendendo una forma definita? Raccontaci di tutto il processo.

Diciamo che ci sono varie forme di ispirazione. Spesso nasce dal mio vissuto, ma anche dalle letture, dagli incontri con le persone, dalle storie che mi vengono raccontate, dai viaggi e frequentazioni. Non scrivo mai subito di getto, di solito mi si accumulano immagini, versi in testa e quando sento di non poter più accumulare immagini, mi sgorga la poesia. Direi come un fiume in piena.

Ti capita di non essere soddisfatto del risultato? Cosa succede in questi casi?

Molto spesso mi capita. Scrivo tanto, non tantissimo, ma abbastanza. Diciamo che alla fine pubblico una poesia su dieci fra quelle che ho scritto. Sono ipercritico, ma mi confronto sempre con amici, critici e poeti che sicuramente hanno uno sguardo diverso rispetto al mio.

La poesia per te non è solo passione immensa ma anche tecnica ricercata, si direbbe. Come hai acquisito la tua abilità in proposito? Che importanza riveste la padronanza del verso?

Prima di tutto se uno davvero ama la poesia e ama scrivere, non può fare a meno di leggere. Il confronto coi grandi classici, ma anche coi poeti viventi è fondamentale. Lo stile è venuto da sé, ma sempre studiando e ricercando anche se, devo ammettere, non ho mai scritto una poesia a tavolino, ma solo in seguito all’ispirazione, o meglio a qualche cosa che mi ha mosso.

Quali sono le tematiche che più ti stanno a cuore, ammesso che ve ne siano?

Amo raccontare storie in versi, “Vita in versi” direbbe Giovanni Giudici. Mi piace scrivere di me, ma non solo. Troppo egocentrismo, anche in poesia, la uccide e annoia. Le tematiche civili sono spesso presenti nei miei versi.

Cosa ti suggerisce il lemma “valore”? E la stessa parola immessa contestualmente nel vivere sociale odierno?

Il valore non lo decide certo il poeta quando scrive, ma si deve essere sempre onesti e sinceri con il proprio lavoro, con quello altrui e con chi ti legge. La poesia è una cosa serissima e va trattata con molto rispetto.

Quali sono i tuoi autori di riferimento? E quali poesie leggi abitualmente?

Io leggo tantissimo, dai classici ai contemporanei. I miei poeti di riferimento sono stati e sono: Gozzano e i Crepuscolari. Montale, Sinisgalli, Gatto, Sereni, Raboni, Bertolucci e Pagliarani nei loro romanzi in versi e Pier Luigi Bacchini che mi ha folgorato da ragazzo e che leggo e rileggo.

Cosa distingue un’opera ben riuscita da un capolavoro?

Che la si legge a distanza di decenni, secoli, anni ed è immortale, parafrasando quello che Calvino scriveva a proposito dei classici.

Sei sempre ospite di grandi eventi su tutto il territorio nazionale. Come ti senti quando reciti i tuoi versi? Un evento importante ti vedrà protagonista insieme ad altri autori e autrici in occasione del tuo compleanno, il prossimo 26 luglio. Ce ne vuoi parlare?

A me diverte e rilassa molto leggere le mie poesie. Un tempo mi agitavo e mi emozionavo molto. Ora mi viene naturale e non finirei mai di leggere in pubblico (non solo mie poesie naturalmente). Il 26 Luglio compio 40 anni ed ho deciso di produrre questa plaquette “Animae digitali”: 40 poesie in quaranta copie. Le regalerò a chi verrà quel giorno alla presentazione del librino. Merito di Silvia Secco e le sue Edizioni Folli. Mi presenteranno gli amici Camillo Bacchini ed Edmondo Busani che hanno letto e scritto delle mie poesie e, coi quali, mi confronto spesso sulla poesia. Leggerà l’amico Raffaele Rinaldi con cui abbiamo creato, con altri, VocInArte mentre l’amico Alberto Padovani suonerà qualcosa a sorpresa.

Quali sono i traguardi che più ti hanno segnato? E i tuoi sogni nel cassetto?

Sono contento, nel mio piccolo, di dove sono arrivato in ambito poetico. Epoca molto complessa, tante produzioni, ma in qualche modo la mia poesia si è fatta conoscere. Non ho sogni nel cassetto. Vedremo la poesia cosa mi regalerà, sempre lavorando con serietà, umiltà e un pizzico di follia.

In ultimo, ti chiederei uno sguardo sullo stato della letteratura e della critica letteraria in Italia.

La poesia non se la passa poi così male, ci sono ottimi poeti anche se forse mancano i grandissimi, come quelli che ho citato, che c’erano nel Novecento, ma ci sono poeti di tutto rispetto. La critica è un po’ silente o meglio spaesata. Mancano forse i critici militanti, ma sono cambiati il panorama e la società. Vengono pubblicati in Italia ogni anno 60.000 titoli: ma come fa un critico a seguire tutto? Impossibile. Va a fortuna, se l’editore è bravo a far conoscere il tuo libro e l’autore a proporlo e presentarlo. Per un critico invece, diventa arduo fare una scrematura seria. Cosa rimarrà di questi anni? Forse ben poco, ma non lo sapremo mai.

La foto è di Elisa Magarotto.

Chiara Zanetti

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