Renzo Zenobi

Renzo Zenobi

In ogni canzone c'è qualcosa di me non una storia ma magari un pensiero oppure le parole che abbiamo sentito da qualcuno chissà quando, tutto rimane e poi torna fuori mentre meno te lo aspetti.

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Dotato di una voce vibrante, intensa e caratteristica, Renzo Zenobi è un stato un protagonista della musica d’autore italiana dagli anni Settanta sino ad oggi.

Primo chitarrista di Francesco de Gregori, di cui ha curato i primi album, in seguito ha lavorato sia autonomamente sia insieme a grandi artisti come Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Paolo Conte, Claudio Baglioni, Ennio Morricone, insomma con la crème della musica italiana. Renzo Zenobi è un artista dall’atteggiamento umile e dai gusti ampli ed eclettici; non è mai sceso a compromessi con il mercato e ha scritto canzoni folk memorabili e profonde.

Renzo, grazie per aver accettato l’intervista. Iniziamo tornando agli esordi: come e quando ti sei avvicinato alla musica?

Ho iniziato imparando la chitarra dopo avere fatto i compiti. Nella mia classe alcuni ragazzi la studiavano e decisi anche io. Poi cercai di imparare dai chitarristi inglesi e americani.

Raccontaci un po’ del Piper’s club e del Folkstudio, dove hai iniziato a suonare e a cantare. Cosa hai amato di questi locali storici della capitale?

Nel 1965 aprì a Roma il Piper e io come altri mi ci buttai a capofitto, si poteva ascoltare musica bellissima e poi si vedevano da vicino chitarre e amplificatori, insomma ciò che si vedeva in tv lo potevi quasi respirare. Il Folkstudio me lo fece scoprire Francesco De Gregori e così cominciai a frequentarlo. Era uno spazio aperto a tutti, si andava e si cantava. Poi, se il pubblico gradiva, tornavi se no andavi solo a vedere gli altri.

Il folk è stato un movimento travolgente: ha proposto un modo diverso e genuino di vivere la musica al di fuori dalle mode e delle esigenze delle etichette musicali. È così che lo hai vissuto e lo vivi? Esiste un folk tipicamente italiano a tuo avviso?

Al Folkstudio c'erano artisti che facevano il folk delle varie regioni ma anche inglese, francese e americano soprattutto; sicuramente esiste il folk italiano. Certo bisogna anche chiarire cosa intendiamo con il termine folk. Le accezioni sono cambiate nel tempo e sono anche varie, rimane folk come canzoni della tradizione popolare ma anche folk in un'accezione politica, soprattutto in quel periodo. Al Folkstudio di Cesaroni poi veniva dato spazio alla canzone d'autore e nacquero connubi bellissimi tra questa e l'ispirazione folk. Io ho scritto canzoni che non appartengono specificatamente al folk, anche se sono stato influenzato dalla musica folk del Folkstudio. Il Folkstudio era importante perché si potevano conoscere contestualmente maniere di fare musica completamente diverse, del tutto avulse da quello che immettevano sul mercato le case discografiche o dalla vendita di dischi che andava per la maggiore: si cantava e basta.

Hai scritto musica in versi o versi in musica, possiamo dire. Che rapporto c’è tra testo e musica? Quale scrivi prima? E in generale tra musica e poesia nella sua accezione più amplia?

Io di solito scrivo prima il testo, perché mi trovo meglio in questo modo. Però, quando scrivo per qualcuno, naturalmente lo faccio sopra la musica. Credo che testo e musica siano ugualmente importanti ma parliamo di canzoni ed io penso che le poesie siano altra cosa: infatti sono parole che devono stare in piedi da sole e dunque la maniera di accostarle una all'altra, a mio avviso, è molto diversa.

“Le mie bandierine mio povero amico / sono le ore che mai tornano uguali, / sono i tuoi sguardi che nessuno raccoglie / le sere d'estate e i minuti d'amore / troppo brevi nei nostri maglioni, / sono le barche di sabbia / che dovevano portarci lontano, / sono i sogni dimenticati…” da Bandierine 1978L’album Bandierine fu uno spartiacque. La caratteristica dell’album era di avere una canzone “solo scritta” posta sulla copertina, quasi come descrizione dell’album. Le bandierine sono i ricordi, i momenti che non torneranno. Quali sono le tue bandierine oggi?

Ma credo che ogni anno che passa sia qualcosa che si può scrivere e di cui si può parlare sia in forma di canzone che solo per iscritto come feci io in Bandierine. Credo non ci sia differenza tra ieri e oggi se non nella coscienza di chi scrive. 

Tra il 1983 e il 1993 hai lasciato il mondo musicale. Poi Ennio Melis [importante produttore italiano prima di Rca poi di THM ndr] ti ha chiamato per produrre due album, Zenobi e Proiettili d’argento (per un cuore di lupo), che ti hanno riportato sulla strada originaria. Si può dire che l’arte è una vocazione, una musa da cui è impossibile allontanarsi? Quei giorni furono una rinascita?

Credo che fare musica sia prima di tutto un divertimento, dunque, anche dopo tempo, se qualcuno ti dice se vuoi fare un nuovo disco, sicuramente gli si dice ok. Nel mio caso poi era Melis che me lo proponeva e dunque sarebbe stato folle dire di no. Non credo si possa parlare di rinascita ma certo tornare a respirare l'aria di uno studio di registrazione è stato entusiasmante.

L’amore è spesso il tema dei tuoi brani. Quanto è autobiografica la tua produzione?

In ogni canzone c'è qualcosa di me non una storia ma magari un pensiero oppure le parole che abbiamo sentito da qualcuno chissà quando, tutto rimane e poi torna fuori mentre meno te lo aspetti.

Quali artisti ti ispirano?

Tutti e nessuno almeno da molti anni. Sicuramente all'inizio si vorrebbe somigliare ad un artista che si sente vicino ed allora si copia il suo modo di suonare o di cantare o di scrivere parole.

Quale è la tua canzone che ami di più? Perché?

Credo sia "Silvia" perché è la prima che ho scritto e la prima che ho cantato.

Hai visto e partecipato allo sviluppo di tutta la musica italiana dagli anni Settanta in avanti. Cosa è cambiato dai tuoi primi anni?

È cambiato tutto: quando io ho cominciato c'erano persone come Melis, direttore della RCA ma anche altri di diverse etichette che credevano in un artista e puntavano su una carriera e non su un disco dandoti così la possibilità di esprimerti al di la di una vendita immediata. Oggi credo ci si accontenti di vendere un disco: poi se l'artista non vende più, avanti un altro. 

Oggi come ieri la musica anima le nostre vite, diverte ed permette di condividere emozioni, paure, nostalgie, gioie e sentimenti. Favorita dalla diffusione dei canali di comunicazione, come Youtube, c’è una tendenza tra i giovani ad ascoltare generi diversi in base a momenti e situazioni, non limitandosi ad un unico stile. A me sembra che questo atteggiamento avvicini un po’ generi e tempi. Cosa ne pensi? C’è spazio per la tua musica tra i giovanissimi?

Credo di no ma sono convinto che la musica oggi abbia perso molto la sua importanza, nel senso che ci sono tante altre alternative di divertimento che la musica si ascolti come un in più una specie di condimento mentre prima era il primo piatto. Comprare un disco era mettere da parte i soldi o aspettare l'uscita di un nuovo disco che veniva poi consumato da tanto che veniva ascoltato.

Nel 2014 hai pubblicato Canzoni sulle pagine, libro con i testi delle canzoni, fotografie personali e un album di inediti con prefazione di Claudio Baglioni. Oltre a raccogliere buona parte della tua produzione, hai contestualizzato i brani e i momenti in cui sono nati. Come è stata questa esperienza? Il pubblico ha apprezzato questa edizione dal carattere intimo? È stato un po’ un regalo a chi ti segue da tempo?

Ma credo che le persone che amano le mie cose lo abbiano apprezzato, almeno spero! Per quanto mi riguarda, farlo è stato molto interessante, specialmente per quello che riguarda la realizzazione delle canzoni con arrangiatori straordinari. Mi è piaciuto anche raccogliere le foto e cercare di spiegare un po' il mio mondo attraverso queste.

Nell'ultimo album di Ron, uscito un mese fa, sono presenti due brani. Che ricordi hai legati al componimento di questi pezzi?

Sono contento che Ron le abbia apprezzate tanto da  riproporle, credo che specialmente "Il Mare nel Tramonto" sia una bella canzone; inoltre sono affezionato al ricordo di quando l'ho scritta: parliamo sempre di testi, visto che la musica l'ha scritta Ron.

Sei attivo su Facebook e hai un sito internet gestito personalmente. Quale è il tuo rapporto con i social network? Sono un mezzo per tenersi in contatto con il pubblico e per far conoscere il tuo lavoro?

Sicuramente anche se io non li so sfruttare al massimo, li uso per rimanere in contatto con gente che mi segue e che ha piacere di mandarmi qualche pensiero, magari per il compleanno.

Cosa pensi dei talent show, quei programmi televisivi in cui si cercano e formano giovani cantanti, come X Factor, The Voice, Amici? Sono mezzi meramente commerciali o delle possibilità in più per emergere?

Forse, al giorno d'oggi, sono la cosa più veloce per proporre le proprie canzoni ma sicuramente richiedono un carattere particolare per sopportare il fastidio di dimostrare quello che si sa fare. A guardarli li trovo noiosi.

Che consigli daresti a chi volesse diventare un musicista?

Direi che ognuno deve trovare il proprio modo di imporre le proprie idee, non credo esista un metodo da seguire uguale per tutti visto che ognuno non è uguale a tutti.

I commenti dei tuoi ascoltatori su Youtube sono pieni di nostalgia e di attesa. Possiamo rassicurare i tuoi fan? Stai scrivendo altre canzoni? Ti vedremo impegnato in concerti, eventi o nuove pubblicazioni prossimamente?

Non vorrei parlare di questo, sia perché è prematuro e poi per quella strana prudenza e pseudo-saggezza che si chiama scaramanzia.

Dario Trione

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