Il Matera Piano Trio è composto da musicisti diversi per provenienza geografica, che hanno Matera come tratto comune delle loro esperienze biografiche: in questa città si sono incontrati, condividendo una parte importante del loro percorso umano e professionale.
La collaborazione fra il pianista materano Pier Francesco Forlenza e il violinista padovano Paolo Zordanazzo inizia nel 2008, quando entrambi sono docenti al conservatorio E. R. Duni di Matera. Nel 2012 l'incontro con il giovane violoncellista di Bolzano Alex Jellici segna l'inizio dei primi progetti in trio. Il Matera Piano Trio, che con questo nome debutta a Zurigo nel 2016, vuole rendere omaggio alla città designata come capitale europea della cultura nel 2019, alla sua civiltà caratterizzata dalla originale sintesi fra Oriente e Occidente, alla sua vocazione all'accoglienza e alla pacifica convivenza fra mondi apparentemente lontani.
In questa affascinante prospettiva si può comprendere il desiderio dei tre musicisti di realizzare un'idea di musica da camera che si nutre di relazioni interpersonali profonde e costruttive, e della convinzione che l'arte nella sua forma più alta non è un fine, ma uno strumento per comunicare valori assoluti.
I componenti del Matera Piano Trio hanno ricevuto premi e riconoscimenti in moltissimi concorsi, fra cui quelli di Firenze, Stresa, Vittorio Veneto, Mantova, Messina, il Premio Kawai, il Rovere d'oro, il Viotti Valsesia, il Premio Veio, il «Reine Elizabeth» di Bruxelles.
Si sono esibiti come solisti o in formazioni da camera in importanti stagioni concertistiche, come Settembre Musica e Unione Musicale di Torino, Bologna Festival, Serate Musicali e Società dei concerti di Milano, Amici della musica di Firenze, Padova, Trento, Teatro Manzoni di Milano, Stagione EAOSS di Palermo, Festival Duni di Matera, Biennale di Venezia.
Benvenuti su Unfolding Roma! Partiamo dal nome del vostro gruppo: avete voluto rendere omaggio a Matera. Potete spiegarci il motivo di questa scelta?
Pier Francesco: Perché veniamo da città diverse (Bolzano, Padova, Matera), ma a Matera ci siamo incontrati e in questa città abbiamo condiviso una parte importante del nostro percorso umano e professionale.
Alex: Inoltre, perché Matera, città designata come capitale europea della cultura per il 2019, è stata da sempre luogo di incontro fra culture diverse, fra mondi apparentemente lontani, con una vocazione ad accogliere ed incorporare l'alterità, a fondere Oriente ed Occidente. Ci piace riconoscerci in questi valori, che sono importantissimi tanto nella vita quanto nella pratica della musica.
Paolo: Per me, è stata innanzitutto una scelta dettata dall'affetto. Ho insegnato tre anni al conservatorio di Matera e qui ho potuto respirare le atmosfere antiche di questa città e di questa terra, di cui mi sono innamorato. Ho anche conosciuto molte persone che mi sono rimaste nel cuore; in famiglia da Pier Francesco mi sono sempre sentito come a casa. Ricordare Matera in questo modo è un po’ come tornarci più spesso.
Da dove nasce la vostra collaborazione artistica?
Paolo: Tutto è iniziato quando alcuni anni fa sono stato chiamato ad insegnare al conservatorio di Matera. Lì ho conosciuto Pier Francesco: a vederlo così, chiaro come me, pensavo che fosse delle mie parti e non di Matera (ride, ndr). Molto presto abbiamo iniziato a collaborare, suonando tanta musica insieme e realizzando progetti bellissimi, come i concerti con l'integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Beethoven.
Pier Francesco: Poi un giorno mi hanno proposto un concerto a Milano con un programma di musica da camera, preferibilmente in trio. Paolo mi parlò del primo violoncello della sua orchestra, la Claudio Monteverdi Chamber Orchestra. Abbiamo così deciso di incontrarci. Quando ho visto Alex per la prima volta, il suo aspetto mi ha fatto pensare che fosse di Matera come me, e non di Bolzano (ride, ndr). Fin dall'inizio è nata una bella amicizia. E, suonando, ci siamo trovati subito.
Alex: Per me è stato un piacere enorme essere chiamato da Paolo a collaborare con il pianista con cui avevano suonato insieme in tanti concerti importanti. Fra di noi si è subito creata un'intesa musicale fantastica e un rapporto di amicizia che rende il lavoro insieme bello e divertente.
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Quali sono i vostri modelli artistici? Ci sono dei compositori o dei musicisti che prediligete nelle vostre composizioni?
Pier Francesco: Fino ad ora abbiamo dedicato le nostre energie principalmente ai grandi autori classici, Haydn, Beethoven, Schubert: consideriamo questo un passaggio indispensabile per lavorare sulla trasparenza dei timbri dei tre strumenti e sulle strutture. Quanto ai nostri riferimenti...
Paolo: ...per esempio, ci piacciono quegli esecutori del passato in cui prevale l'intensità alla perfezione asettica. Nelle registrazioni dal vivo di Thibaud, Casals e Cortot magari non tutto è perfetto, ma quando ogni respiro ha un significato chi se ne importa della perfezione!
Alex: Io ammiro molto Sergiu Celibidache e le sue idee sulla musica, come i miei amici, del resto.
Hegel affermava che la musica fosse la forma di arte migliore, in quanto in essa si manifesta, in maniera più diretta ed evidente, lo Spirito. Che cos’è la musica per voi?
Paolo: Per me è soprattutto un mezzo di ricerca interiore, attraverso un continuo confronto di fronte all'evidenza di una forma d’arte assoluta e universale. Non c'è nient’altro in cui la dimensione temporale e spaziale si possono manifestare come nel momento in cui il suono comincia. Credo che questo possa essere immaginato come una rappresentazione ripetibile della vita stessa.
Pier Francesco: Fare musica significa cercare nei suoni la trama invisibile che li unisce. Per questo, la musica non è il suono in sé, ma è relazione. Ed è per questo che la pratica della musica, nella sua forma più alta, nella ricerca e nell'ascolto continui, è uno strumento potente di affinamento interiore.
Voi continuate a puntare sulla musica classica, sinonimo di cultura, eleganza e qualità. Come mai questa strategia, in un mondo come quello attuale, dominato dalla musica commerciale (dalla pop al rap, passando per la dance, il rock, ecc)?
Paolo: Mah. Non penso sia una questione “strategica”. È solo ciò che sono diventato… un musicista classico all’antica (sorride, ndr) e anche un po’ sognatore.
Pier Francesco: È legittimo chiedersi come mai si continui a suonare della musica che è stata scritta a volte duecento anni fa o anche di più. Ma ascoltare un capolavoro in una bella esecuzione può essere un'esperienza sconvolgente. Il senso allora è evidente ed è nella bellezza. Mi viene in mente il verso di Keats che dice A thing of beauty is a joy forever.
Alex: E per gli esecutori, contribuire a tramandare questa bellezza è incredibilmente appagante.
Italo Calvino affermava che uno scrittore scrive sempre per essere letto, e che, affinché un’opera abbia successo, questa debba rispondere alle esigenze del lettore ideale, ossia quel lettore fittizio che l’autore si costruisce nella mente nel momento in cui scrive. Credo che questo principio possa essere applicato anche alla musica classica: qual è il vostro ascoltatore ideale?
Pier Francesco: Forse quello libero, senza pregiudizi. Per esempio, si può non conoscere la musica, ma non si deve temere di non poterla apprezzare per questo.
Alex: Il coinvolgimento emotivo non ha niente a che fare con ciò che si conosce o si pensa di conoscere.
Paolo: Mi piacerebbe trovare degli ascoltatori che sapessero riconoscere un’idea dietro una esecuzione e non si fermassero al puro piacere dell’ascolto, o ad un giudizio solo estetico; qualcuno che non si fermasse all’idea della bellezza della musica.
Credete che la musica classica possa avere un valore pratico e impegnato, oltre che estetico e artistico?
Pier Francesco: Questa è una domanda difficile. Molto tempo fa, ho letto un'intervista a Martha Argerich, in cui lei diceva che le sarebbe piaciuto fare un mestiere più utile per gli altri, per esempio il medico. Questa cosa mi aveva colpito molto. Certo, ci sono musicisti che attraverso la loro attività richiamano l'attenzione del pubblico su certi temi sensibili, ma questo può essere un merito dei singoli artisti, non della musica in quanto tale. Quindi il problema restava. Il fatto certo è che abbiamo vari livelli di bisogni, non solo quelli fisici o materiali...
Alex: ... E l'espressione di sé attraverso i suoni è qualcosa di istintivo e insopprimibile nell'essere umano.
Pier Francesco: ... Ma se anche volessimo considerare la musica classica qualcosa di non essenziale, certamente la vita sarebbe meno bella senza. Comunque, alla fine ho risolto definitivamente la questione pensando che non è detto che Martha Argerich, come medico, sarebbe stata davvero più utile all'umanità.
Paolo: Del resto, non viviamo solo di ciò che è strettamente necessario alla sopravvivenza, altrimenti non dedicheremmo tanto tempo alla cucina, ad esempio, e magari ci nutriremmo solo di cibi crudi.
Pier Francesco: Però mangiare solo cibi crudi non sarebbe tanto male, lo chef Germidi-Crozza approverebbe.
Quali valori vorreste trasmettere con i vostri componimenti?
Alex: Scegliamo innanzitutto i pezzi che in quel momento hanno un significato profondo per noi e che quindi davvero desideriamo suonare. Difficilmente il pubblico può trovare interessante qualcosa che l'esecutore suona senza che lui stesso ne sia toccato.
Pier Francesco: E poi, siamo contenti quando gli ascoltatori sentono che nel nostro modo di accostarci ai compositori del passato c'è rispetto, ma anche calore e leggerezza, voglia di essere rigorosi ma non seriosi.
Paolo: Ci piace, poi, costruire dei programmi che abbiano varietà ed equilibro. Il problema dei programmi monografici, dedicati ad un solo compositore, è che rischiano di annoiare. Accostare cose diverse facilita l'ascolto di un concerto.
Nelle scuole italiane si sta perdendo la tendenza ad insegnare ai ragazzi a suonare uno strumento musicale, per svariati motivi. Credete che si debba recuperare questa dimensione didattica? La scuola potrebbe essere il primo luogo dove i bambini si accostano alla musica…
Paolo: Proprio così. Suonare uno strumento ha la particolarità di essere un'attività pratica che richiede nello stesso tempo un'alta capacità di astrazione: per questo è molto importante nello sviluppo cognitivo dei bambini e tantissimi studi lo confermano.
Alex: Investire di più nell'educazione musicale e soprattutto nello studio di uno strumento fin dalle elementari, oltre a rendere più completa l'offerta formativa nel nostro Paese, darebbe delle concrete prospettive di lavoro a tanti bravi musicisti italiani che adesso, invece, fanno fatica a realizzarsi in patria.
Quali sono i generi musicali che ascoltate nella vita di tutti i giorni?
Pier Francesco: Il jazz prima di tutto. È una musica che ascolto persino più spesso della musica classica: imparo di più allontanandomi da quello che faccio abitualmente.
Alex: Io ascolto un po' di tutto.
Paolo: A me piacciono molto i cantautori italiani, De André soprattutto, Bennato, De Gregori, Concato.
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Che giudizio date della situazione della vitalità della musica classica nel nostro Paese? Credete che vi siano spazi e risorse adeguate?
Paolo: Sicuramente si potrebbe fare di più, soprattutto per sostenere chi propone un'attività musicale continuativa e di alto livello, cercando anche di creare un pubblico sempre più consapevole. Invece, molte volte si preferisce destinare quasi tutte le risorse ad eventi isolati, puntando sulla star di turno che, dopo qualche apparizione in televisione, assicura una certa visibilità a livello mediatico.
Pier Francesco: Ma un evento non fa cultura.
Alex: Un nostro concerto, sì (ride, ndr).
La Costituzione è nata all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, quando le forze democratiche antifasciste, dopo gli orrori e le violenze del ventennio fascista, hanno messo da parte le differenze ideologiche per formare un fronte coeso e unito. È stato un clima politico durato solo pochi anni, grazie anche a personalità di grande spessore morale. Pensate che sia possibile, oggi, recuperare quei valori di responsabilità civile che ha caratterizzato quella classe politica?
Ci auguriamo tutti di sì, anche se non è facile, per chi ci rappresenta oggi, eguagliare in dirittura morale e lungimiranza la classe politica che l'Italia ha avuto nel secondo dopoguerra.
Chiudiamo l’intervista con un’ultima domanda: quali sono i vostri progetti futuri?
Dopo Zurigo, un concerto a Bolzano che mette insieme repertorio classico e moderno, con Beethoven e le Quattro Stagioni di Ástor Piazzolla. Poi la registrazione dei trii di Schubert. E più in là, Brahms, Šostakovič e il meraviglioso trio di Ravel.
Riccardo Proverbio
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