Nicola Favaretto – in arte N-Ikonoclast – nasce a Mirano (Veneto) nel 1976. In seguito alla perdita del padre, causata da un cancro, viene mandato in seminario. Esperienza questa per molti versi dolorosa ma anche ispiratrice ed illuminante, in quanto lo porta a scoprire la passione per le scienze umanistiche e, in particolare, per la letteratura.
Dall'adolescenza alla prima età adulta divora le opere dei Poetès Maudites, specialmente Baudelaire e, parallelamente, si appassiona a Milton, Walpole e gli altri precursori della cosiddetta letteratura gotica - tra cui Mary Shelley, Lord Byron, Lovecraft, Edgar Allan Poe - ma anche all'eclettico Jodorowsky, esperto di psicomagia.
Compiuta la maggiore età, presta servizio come obiettore di coscienza in un centro di ragazzi diversamente abili. Scoperta quindi la vocazione per le relazioni di aiuto, si mette in gioco come operatore socio assistenziale con ragazzi autistici e psicotici. Ultimamente, lavora in una fattoria didattica circondato dagli animali, altra grande passione, aspirando a divenire coaudiutore.
Vastissima la produzione letteraria e musicale, aspetti che approfondiremo nel corso dell'intervista.
Ciao Nicola, grazie per aver accettato di essere nostro ospite.
Hai una vastissima esperienza in termini di carriera musicale. Qual è la stata la sua genesi e la sua evoluzione?
Grazie
a voi per lo spazio concessomi, ne sono onorato! La mia formazione
musicale è il frutto di una semplice casualità: nell’81, scoprii
i Kiss e rimasi ammaliato dal loro look e dal loro sound (avevo
cinque anni). Poco dopo, fui letteralmente rapito dalle note di
Profondo rosso dei mitici Goblin, colonna sonora dell’omonimo film
del grande maestro Dario Argento. Nell’85, un ragazzo diversamente
abile mi regalò una copia di Powerslave degli Iron Maiden
(interessante il mio legame con la disabilità e la musica, due
fattori che mi avrebbero accompagnato sempre nella vita). Curioso di
natura, ho sempre cercato nuovi stimoli e correnti musicali, come la
Dark Wave, il Punk, il Rock anni '70; la musica è come la tavolozza
di un pittore… Le combinazioni di colore sono infinite!
So che ci attendono novità con il gruppo in cui millanti ora in qualità di cantante, i Lucifer for President. Ce ne vuoi parlare?
I
Lucifer for President sono un mio progetto nato goliardicamente; ho
sempre suonato musica complessa, dai temi impegnativi, come la
filosofia, la letteratura russa, l’esoterismo… Avevo bisogno di
leggerezza, di una band puramente Rock and Roll (non solo di
facciata). Dopo il primo EP, ho cambiato totalmente la line-up della
band, mantenendo solo il mio chitarrista (Samael Von Martin), con il
quale collaboro da anni, una vera e propria leggenda nel
mondo del Black Metal. Inizialmente, dovevamo registrare solo due
tracce, ma alla fine ne abbiamo prodotte nove, un disco intero (ora
in fase di mixaggio) che vedrà la luce dopo che avrò risolto i miei
problemi personali di salute. Il sound è marcio: un mix tra la prima
ondata di Black Metal (Bathory, Venom, Celtic Frost) i Motorhead e
gli alfieri dell’horror punk: i Misfits.
Cosa significa per te fare e vivere la musica?
Canto
per me stesso, per sentirmi ancora vivo. Sono finiti i tempi dei tour
con gli Ensoph e dei locali stracolmi: ora la gente vuole le cover
band! Fare musica per me è come fare l’amore: un momento di estasi
(fortunatamente molto più lungo!). Attualmente, la mia depressione
mi sta privando anche di questa gioia: difficilmente abbraccio la
chitarra o canto; ma è una fase! Passerà.
Passiamo alla produzione letteraria, altrettanto vasta e poliedrica. Nasci come poeta consacrato alla passione e al sentimento. Quali sono state le antologie poetiche di cui sei autore che più ti hanno segnato e perché?
Di
sicuro “Schegge di vetro - pensieri inquieti” scritto e
pubblicato ormai dieci anni fa. Mi trovavo nel mezzo di una forte
crisi depressiva e mi aiutò molto. Poi aggiungerei “40 giorni e 40
notti”, con il quale ho avuto il piacere di coniugare la poesia con
il mio amore per la fotografia.
Per quanto riguarda i tuoi due romanzi, a quale sei più affezionato?
Dei
miei due romanzi è difficile dire quale preferisco, sarebbe come
chiedere a un genitore quale figlio ama di più! Ma se proprio devo
scegliere, direi “Condannato a vivere”. È autobiografico, ma il
fattore ironico sta nel fatto che quando lo scrissi dovevo ancora
vivere metà delle esperienze che avrei fatto, come il matrimonio, ad
esempio.
Scrivere è esprimersi, farlo bene implica tanto duro esercizio. Sei d'accordo?
Sono
pienamente d’accordo… Tanto duro esercizio e ricerca
introspettiva. Non è da tutti mettersi a nudo.
La tua riflessione, costantemente comunicata se pensiamo alla quantità e alla qualità dei lavori di cui sei artefice, diventa un'occasione per frazionare argomenti complessi (quali il legame amoroso e la dipendenza) e renderli accessibili a tutti. Come sei riuscito nell'impresa? È stato un parto sofferto o un gesto spontaneo?
Del
tutto spontaneo. Amo parlare degli aspetti della vita più
primordiali e veraci. Toccare temi quali Il sesso, la morte, la
malattia, la dipendenza, l’amore. I romanzi che ho scritto, come i
miei cinque libri di poesia, sono il frutto di una naturale voglia di
comunicare, nulla di più.
Le tue opere non hanno nulla di intellettualistico o nozionistico; sono piuttosto il frutto di grande creatività e una visione fanciullesca, non viziata da dogmi o pregiudizi di sorta. Ti va di commentare?
Se
di creatività si può parlare, nel mio caso è semplice… Una pura
e selvaggia necessità di espressione, l’idea di fare lo scrittore
non mi è mai balenata per la testa.
Ti va di fare qualche considerazione sul mondo animale?
Sono vegano, sebbene non sia un estremista. Rispetto chi si nutre di carne, ma penso che il rispetto verso il mondo animale sia una vera via di salvezza.
In ultimo, ti chiederei: quali altri sogni hai nel cassetto?
Sogni nel cassetto? Fare in modo che le cure che sto per affrontare abbiano effetto…Sogno una vita normale, da condividere con una persona intelligente e stimolante. Voglio continuare a lavorare e, se è possibile, fare arte… Voglio cani e gatti attorno a me.
Grazie,
Chiara Zanetti
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