Correvano gli anni Ottanta quando Luigi Paolo Patano animava la vita notturna della Capitale e di alcuni noti locali nazionali esibendosi come vocalist, drag queen e addetto alle pubbliche relazioni. La sua carriera inizia per caso a 18 anni quando una vacanza al campeggio gay naturista di Caporizzuto lo fa scoprire animatore grazie ad una dote naturale di coinvolgimento associata ad una grande carica di ironia e simpatia. Crea così, in maniera molto naturale, il personaggio di Poppea conquistando un ruolo importante anche per un’evoluzione omosessuale che usciva dal ghetto per aprirsi ad una dimensione priva di discriminazioni. Da qui la collaborazione con importanti personaggi e la partecipazione attiva in tanti spettacoli e trasmissioni televisive. L’incontro, poi, con il regista Stefano Napoli e la sua compagnia “Colori proibiti” lo porta a un ruolo completamente diverso valutandolo come attore impegnato capace di emozionare il pubblico. Incontriamo Luigi Paolo Patano proprio reduce dal grande successo ottenuto come protagonista di Niobe ultimo lavoro di Stefano Napoli che prima al Teatro Vascello e poi ai Giardini della Filarmonica Romana ha ottenuto un ottimo riscontro di pubblico.
Cosa significa per te fare parte di una compagnia come Colori proibiti?
Di certo tante cose ma forse le più significative sono il grande impegno, il rigore professionale e la possibilità di comunicare con altri linguaggi. Fare parte di questa Compagnia teatrale mi ha insegnato che tante volte le parole sono inutili. Infatti, può bastare uno sguardo o un atteggiamento per tirare fuori da dentro tutto il personaggio da interpretare. E poi risulta veramente importante avere la possibilità di lavorare con attori e tecnici con cui c’è veramente una bella intesa.
Credi che i tuoi inizi come drag queen siano stati importanti per la tua formazione di attore?
Certamente, fare la drag queen con estrema naturalezza mi ha insegnato molto. Infatti, all’inizio interpretavo il ruolo senza nemmeno essere troppo consapevole affidandomi del tutto all’improvvisazione. Alla fine l’esibizione in tante serate e davanti a un pubblico sempre diverso mi ha regalato l’importanza di sentirmi padrone del palco.
Come riesci a entrare così in sintonia con i personaggi creati dal regista Stefano Napoli, come è lavorare con lui?
Lavorare con Stefano è molto interessante soprattutto grazie al suo metodo che aiuta a tirare fuori anche il lato più introspettivo del personaggio. Le nostre prove continuano sempre fino a quando non si raggiunge la perfezione e anche se, a volte, ho degli scontri con lui alla fine sono sempre dei confronti che portano a buoni risultati
Nell’ultimo spettacolo di Stefano Napoli, interpreti magnificamente la regina Niobe. Come hai affrontato questo personaggio e quali sono i tratti identificativi che condividi con lei?
È stato un grande e duro lavoro con me stesso ovviamente aiutato dal regista. Da sempre sono stato attratto dalle tragedie in generale infatti mi irrita moto vedere un film comico stupido. Il lavoro mi è capitato in un periodo molto doloroso infatti, esattamente un anno fa è morta la mia adorata madre e altre persone a me care. Interpretare Niobe è stato, dunque, come condividere il suo dolore entrando quasi in trance. Ma come mi diceva mia madre l’importante è rinascere sempre dalle macerie e così cerco sempre di fare ogni volta impegnandomi nel lavori per vincere la mia sofferenza interiore.
Oltre a Niobe, presti la tua arte anche agli altri due spettacoli della trilogia dedicati a Cleopatra e Elena di Troia. Quale senti più tuo e perché?
Sicuramente Niobe ma mi è piaciuto molto anche interpretare il domatore in Cleopatra così come mi ha affascinato il personaggio di Elena. Infondo, ogni spettacolo ha un suo spessore e considerato tutto l’impegno che ci vuole ogni volta per realizzarlo diventa impossibile non restare ancorati al proprio ruolo da interpretare.
Il tuo è un teatro impegnato che comporta grandi sforzi soprattutto perché si basa sulla mimica. Nonostante la tua bravura, temi mai di non arrivare al pubblico?
Sono sempre emozionato e preoccupato ogni volta che entro in scena. Mi è capitato anche di non sentirmi in piena sintonia con il pubblico e riconosco che a volte può dipendere da me, ma qualche volta anche da spettatori poco sensibili.
Hai iniziato come drag queen con il nome di Poppea. Ti piacerebbe portare la seconda moglie di Nerone anche a teatro? Oppure, sogni di interpretare altri personaggi?
Perché no, Poppea è un bel personaggio anche se a me piace confrontarmi con personaggi sempre dal carattere complicato e difficile. Di certo, il genio di Stefano Napoli saprà come dare vita a nuove figure che metteranno alla prova le mie capacità di attore.
Grazie anche alla televisione, le drag queen stanno vivendo una nuova stagione di continue affermazioni. Ritorneresti a vestire questi panni? Parteciperesti a Drag Race Italia?
Non saprei al momento. Naturalmente se arrivasse una proposta la valuterei sempre con molta attenzione. Ho visto qualche puntata di drag race ma non mi fa impazzire il programma dove si finisce sempre per litigare con qualcuno. Oggi le attuali drag sono bravissime con trucco, parrucche, abiti ma hanno perso ironia cosa fondamentale per fare questo lavoro. I loro spettacoli sono belli ma quando entravamo noi in scena c’erano prima di tutto applausi e risate.
Rosario Schibeci
Foto di Sergio Roca
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