3-5-2, lo schema vincente.
Biancoceleste il colore della vittoria.
Eh si, nella stracittadina di questa sera a farla da padroni sono stati gli uomini di Inzaghi che con grinta e sicurezza si aggiudicano il derby della Capitale un 3-0 che pesa e che porterà qualche "fastidio" in casa giallorossa. Poco fraseggio e tanta sostanza Bastos su Dzeko, Acerbi su Zaniolo, Radu tuttocampo, uno schema tanto semplice quanto efficace giocato sulle ripartenze e su un pressing alto e ben calcolato.
La Roma scompare già dal primo minuto, annaspa e soffre senza riuscire ad eludere la difesa avversaria, comincia male e finisce peggio in una serata maledetta che scopre ancora di più le falle di un gruppo che non si è mai amalgamato a dovere.
Fuori Manolas, risparmiato per l'infortunio rimediato contro il Frosinone, dentro Juan Jesus, quel difensore che non è mai stato una garanzia ma che alla dirigenza sembrava incarnare il profilo perfetto per quel ruolo da difensore mai veramente meritato e che in coppia con l'ex “Comandante”mostra ancora di più tutte le sue debolezze.
Fazio, che in un Mondo parallelo sarebbe potuto diventare uno dei fulcri di questa Roma, creando l'illusione e dilapidandola nel tempo e diventando questa sera, il capro espiatorio di una prestazione vergognosa.
Sua la responsabilità sul primo gol della Lazio, una mancanza su Caicedo troppo palese per essere vera tanto da creare un precedente che risulterà pericoloso per tutto il match, suo il fallo su Correa lanciatissimo in porta che gli varrà il calcio di rigore, sua la voragine creata in difesa senza possibilità di ritorno, la prova che spesso le valutazioni su un giocatore sono troppo affrettate e nel suo caso è un attimo passare da Comandante a Mozzo.
A suonare la carica a centrocampo Marusic che con Milinkovic-Savic, Lulic, Leiva e Luis Alberto creano quella superiorità, numerica e tecnica che mette in forte difficoltà la Roma.
Fuori Nzonzi, dentro De Rossi, Cristante e Pellegrini...troppi romani in questo Derby che, nell'immaginario collettivo incarnerebbero la giusta dose di grinta e adrenalina, ma che nella realtà provoca ansie e nervosismi; proprio loro, De Rossi, Pellegrini e Florenzi contribuiranno alla debacle giallorossa, innescando una serie di meccanismi tossici che contageranno tutta la squadra.
Saltano gli schemi, saltano le posizioni mentre Caicedo e Correa sfilano agevolmente tra le maglie della difesa, troppo aperta e disattenta per reprimere gli attacchi.
Cross e traversoni creati ad hoc dagli avversari costringono la Roma a chiudersi in difesa, trenta minuti di buio nel primo tempo dove a vincere i contrasti è sempre la Lazio, poco spazio per la manovra dei giallorossi affannata nel recupero e nel uno contro uno dove anche un esperto come Perotti, subentrato nella ripresa al posto di Zaniolo, fatica ad interpretare, soffocato e costretto in un fazzoletto di campo, solo e privo di supporto risente del mancato appoggio di Kolarov confinato a ricucire gli strappi in quella difesa dove proprio non si riconosce.
La trasfigurazione della squadra di Di Francesco non si limita al semplice schivare colpi e dribbling, purtroppo sotto le azioni della Lazio cadono anche Dzeko, El Shaarawy e Zaniolo, un 4-3-3 che stride nel confronoto sul campo e a cui non bastano la fortuna e la testardaggine avute contro il Frosinone.
Inzaghi le indovina tutte, sostituzioni comprese.
Nel secondo tempo i giallorossi tentano di riacciuffare il risultato e alla Lazio manca la spinta, dentro Immobile e Cataldi che con lucidità chiudono un match a tratti nervosissimo.
Tanti falli, pesante quello su Zaniolo e ritmi spezzati che permettono ai biancocelesti di riprendere fiato.
Non basta l'ingresso di Schick e Pastore, i due si annullano in mezzo al campo mentre a creare ancora più confusione ci pensa Kolarov che verrà espulso per somma di ammonizioni.
Il Derby è risaputo, è una partita diversa che davvero può decidere il bello ed il cattivo tempo tra le parti, vivere o morire e la sensazione che gli equilibri già labili di una Roma sul filo di lana si siano davvero spezzati è sotto gli occhi di tutti.
Vincono la compattezza, il gioco e la freschezza di un gruppo veramente gruppo.
Laura Tarani
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