Una Storia Di Scissione Tra Corpo E Mente

Una Storia Di Scissione Tra Corpo E Mente

Il rifiuto della propria fisicità e la polarizzazione di unità inscindibili

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L'autostima non si limita alla simpatia per le proprie doti e la propria personalità, ma si configura altresì come accettazione del proprio corpo.

Carotenuto sosteneva che vivere in un corpo disabilitato e non riconosciuto ci spinge continuamente al limite del non essere. Il nostro corpo è infatti rifugio, spazio che ci ospita, ed il suo rifiuto conduce a un'inesorabile dolore psichico, come se non si avesse un luogo in cui riposare. 

Non sono solo le donne, ma anche gli uomini a soffrire di "complessi di bruttezza", i quali altro non sono che disturbi nella percezione di sé stessi. Carotenuto afferma che è davvero brutto solo ciò che è inespressivo. E come si potrebbe dargli torto? Pensiamo all'immenso fascino di Alda Merini o di Frida Kahlo, le quali fecero dei propri limiti degli impareggiabili punti di forza... Il carisma prende il suo slancio proprio da qui, dalla capacità di anelare al massimo anche quando ci sono degli elementi che si frappongono come ostacoli. Quando questo non accade, allora il rifiuto diviene l'artefice occulto del proprio destino. 

Carotenuto, nella sua disanima, fa anche una digressione etimologica: il termine italiano "brutto" originariamente significava "sporco". La parola "ugly" in inglese rimanda all'aria semantica di ciò che è spaventoso, che si teme e che fa paura perché legato al dolore e all'angoscia. Scrive l'autore: "Il brutto non solo vive la propria Ombra ma è anche costretto a incarnare quella degli altri, perché suo malgrado egli rappresenta un humus fertilissimo per questo tipo di proiezioni. Quando ci imbattiamo in una persona deforme, volgiamo lo sguardo altrove per ragioni di delicatezza che in realtà nascondono un problema interiore. (...) Il brutto sollecita il fantasma dell'indegnità, esso allude all'impossibilità di essere al mondo".

In linea di massima, il corpo brutto rappresenta la coazione ad esibire un rifiuto d'amore. Con grande intelligenza ed acume, lo scrittore osserva inoltre che l'avversione per il proprio corpo o per parti di esso e i vari progetti destinati a rovinarlo, come gli eccessi alimentari, per esempio, o l'abuso di sostanze, divengono la rappresentazione di complessi inconsci co cui sarebbe ostico scendere a termini, in quanto la coscienza non potrebbe sopportarli, come la paura di non poter essere amati. 

D'altra parte, nella fisicità si manifesta il nostro rapporto con il mondo del desiderio. Nelle scelte ascetiche, quindi, si sublima la paura del confronto mortificando tutto l'universo del desiderare, con la sua carica di imprevedibilità che è metafora della vita. 

La storia dell'umanità rappresentata nella Genesi dalle figure di Adamo ed Eva è inaugurata con l'accorgersi del corpo e, di conseguenza, della mortalità. Da Platone in poi, la filosofia occidentale ha posto la dicotomia corpo-anima a fondamento della sua logica disgiuntiva, così che "psiche e soma sono sempre presenti come aspetti contrastanti"; questa opposizione ha segnato e ossessionato la lunga stagione medievale. E ancora: "Con Cartesio la distinzione tra 'res cogitans' e 'res extensa' riduce il corpo a pura estensione di un ego immateriale che è il solo depositario della soggettività". Tale disprezzo vorrebbe designare un'alterità che nella realtà dei fatti è del tutto infondata. Il nostro corpo non esula dalla dimensione psicologica, non è altro da essa, ma ci appartiene e ci dona la dimensione dei sensi tutti, senza i quali saremmo, per così dire, "mutilati". Una serena accettazione e valorizzazione dello stesso, pertanto, non è da condannarsi, ma semmai da considerare come sintomo di un processo di integrazione e, quindi, di armonizzazione.

Chiara Zanetti 

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